Epidemiologia della globalizzazione | Paolo Vineis


Epidemiologia & Prevenzione – E&P (http://www.epiprev.it), oggi organo della Associazione italiana di epidemiologia, è una rivista che raccoglie buona parte delle migliori e originali esperienze italiane di ricerca epidemiologica e di studio degli interventi per la prevenzione e la sanità pubblica.

Fondata da Giulio Maccacaro nel 1976, la rivista si inserisce nel 1987 nel circuito internazionale, e dal 2010 diventa una rivista on-line. L’archivio della rivista dal 2004 al 2009 è raggiungibile alla pagina http://www.epidemiologiaeprevenzione.it/cms/?q=node/18.

E&P in questi decenni ha svolto una funzione di riferimento per la sanità pubblica ma anche per i cittadini e le loro diverse forme di aggregazione. Il principio che l’ha ispirata era, e rimane, che l’epidemiologia ha senso se è funzionale alla prevenzione e alla sanità pubblica e che la prevenzione ha ben poche possibilità di realizzarsi se non si fonda su valide basi scientifiche e se non c’è la partecipazione di tutti i soggetti interessati.

Nel numero di marzo-aprile 2016 (nro. 40 /2) la rivista dedica particolare attenzione al Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP): l’articolo scientifico in cui Roberto de Vogli e Noemi Renzetti (University of California Davis, US) analizzano i diversi capitoli del TTIP che potrebbero interagire con la tutela della salute dei cittadini europei è accompagnato da due editoriali di commento a firma di Paolo Vineis (Imperial College, Londra) e di Monica Di Sisto (portavoce della Campagna Stop TTIP Italia).

L’articolo di Paolo Vineis (Epidemiologia della globalizzazione) presenta in forma divulgativa alcuni aspetti del processo di globalizzazione che hanno implicazioni importanti sulla salute umana: in particolare, certe scelte mirate a ridurre la produzione di gas a effetto serra, che a prima vista paiono restrittive – potrebbero avere interessanti risvolti positivi sulla salute umana.

Paolo Vineis dal 2004 dirige il Centro di Environmental Epidemiology, Imperial College, London, UK, e dal 2010 è Direttore dell’Unità di Epidemiologia Genetica e Molecolare ( HuGeF Foundation, Torino). (http://www.hugef-torino.org/site/ index.php)

Oltre alle centinaia di pubblicazioni scientifiche, ha scritto saggi e testi divulgativi sulle relazioni tra medicina, scienze ed etica. Nel 2014 ha pubblicato un saggio divulgativo dal titolo: “Salute senza confini. Le epidemie della globalizzazione” (Codice Editore).

L’editoriale Epidemiologia della globalizzazione, pubblicato sulla Rivista Epidemiol Prev [2016; 40 (2): 80-81] è liberamente scaricabile dal sito: http://www.epiprev.it/editoriale/epidemiologia-della-globalizzazione

(segnalazìone di Elena Camino)


epi_globalizzazioneMolti intuiscono che la ventata di globalizzazione portata dagli sviluppi dell’economia e della finanza può avere (e probabilmente ha) un potente impatto su molti aspetti della nostra vita quotidiana e in particolare sulla salute. Quanto di tale impatto sarà positivo e quanto negativo è assai difficile immaginare. Tra i segnali positivi vi sono, per esempio, le iniziative private o congiunte pubblico-privato, come la vaccinazione contro la polio da parte della Gates Foundation oppure il network GAVi. Ma molti hanno espresso forti preoccupazioni per gli impatti negativi. Un esempio è un sorprendente pronunciamento del Royal College of Physicians inglese, organismo abitualmente moderato, che in un editoriale dell’anno scorso significativamente intitolato «Warning: TTIP could be hazardous to your healt» (1) mette in guardia dalle conseguenze negative dei trattati commerciali internazionali, in perfetta sintonia con l’articolo di Roberto De Vogli che E&P pubblica in questo numero. Il Royal College propone poi alcune strategie (molto diverse da quelle sostenute dal neoliberismo) per difendere la salute. (2) il fulcro di queste strategie sta nel ri- conoscimento del nesso tra danno ambientale, politiche strutturali e salute, e nello sviluppo di iniziative orientate ai cosiddetti co-benefici (co-benefits). Queste proposte sono coerenti con recenti documenti molto influenti come i due rapporti di Lancet del 2015, uno sul cambiamento climatico e uno sulla salute planetaria (la commissione Rockefeller). (3)

in uno scenario complesso e costantemente in mutamento è difficile identificare delle priorità. Le conclusioni di COP21 sul cambiamento climatico sono state molto chiare, anche se non c’è ancora un’agenda stringente. Un tema che è emerso poco finora, ma che potrebbe essere vincente è quello dei co-benefici, cioè interventi in settori chiave che consentono sia di mitigare il cambiamento climatico sia di prevenire le malattie: approcci sistemici possono essere molto più efficaci e costo-efficaci di interventi settoriali. Talvolta si sostiene (erroneamente) che i costi delle politiche di mitigazione del cambiamento climatico sono troppo alti e incompatibili con la crescita economica. Tuttavia, vi sono diversi motivi per argomentare che questo non è vero, uno dei quali sta negli ampi dividendi che possono venire da una politica incen- trata sui co-benefici. Vediamo alcuni esempi.

i trasporti contribuiscono per la maggiore quota di gas serra nelle aree urbane. il trasporto attivo (in bicicletta o a piedi) non solo comporta una minore immissione di gas serra, ma, aumentando l’attività fisica, ha benefici sullo stato di salute. Un aumento dell’attività fisica previene il diabete, l’obesità, l’ipertensione e le malattie ad esse associate. È stato stimato che la combinazione tra il trasporto attivo e la diffusione di veicoli a basse emissioni porterebbe a una significativa riduzione degli anni di vita perduti per malattie ischemiche del cuore (fino al 10-19% a Londra e 11-25% a Delhi). (4) Camminare 30 minuti al giorno costituirebbe in molti casi una forma di attività fisica sufficiente a contrastare lievi sbilanciamenti energetici e prevenire l’obesità.

Nei Paesi in via di sviluppo l’uso di vari combustibili organici (biomassa) per cucinare e per il riscaldamento è una fonte molto importante di inquinamento e di malattie. Vi sono ora modelli di stufe che utilizzano la biomassa in modo molto efficiente e 150.000 di queste stufe sono state distribuite dal governo indiano per abbattere (di 15 volte) l’inquinamento da fumi contenenti idrocarburi policiclici aromatici. L’inquinamento atmosferico (in particolare quello domestico) è la principale causa di morte di origine ambientale nei Paesi in via di sviluppo, e spiega 3,5-4 milioni di morti ogni anno. (5) Anche in questo caso i benefici per la salute si assocerebbero a benefici per il clima.

La produzione di carne è altamente inefficiente energeticamente, poiché richiede una grande quantità di acqua e di suolo per unità di produzione. Un quinto dei gas serra è dovuto alle emissioni di metano dagli allevamenti di bovini. tuttavia, come mostra il global calculator (http://tool.globalcalculator.org/) sviluppato dai ricercatori dell’Imperial College, il problema della carne va molto al di là del metano e si riferisce più in generale a un consumo del suolo e delle risorse incompatibile con gli equilibri del pianeta. La riduzione nei consumi di carne, tuttavia, avrebbe anche effetti per la salute non marginali. Nello studio EPIC abbiamo calcolato che l’adesione alle linee guida del World Cancer Research Fund International (WCRF) per la pre- venzione del cancro porterebbe a una riduzione della mortalità del 34%, e queste linee guida comportano anche una sostituzione parziale della carne con altri alimenti, in particolare legumi. È stato stimato che una riduzione del 30% degli allevamenti in inghilterra porterebbe a prevenire il 15% degli infarti. (6 ) Inoltre, una riduzione degli allevamenti avrebbe come ulteriore co-beneficio un contenimento dei serbatoi di virus a RNA (negli allevamenti aviari e suini).

Infine, fonti di energia non rinnovabili, per esempio il carbone, sono importanti sorgenti di inquinamento e di gas serra e, nello stesso tempo, contribuiscono a un importante carico di malattie. Un esempio di quanto si può fare nei Paesi in via di sviluppo viene dalla provincia dello Shanxi (Cina), dove una serie di azioni volte ad abbattere l’inquinamento da carbone (inclusa la chiusura di numerose piccole fabbriche obsolete) ha portato i livelli di PM10 nella città di Taiyuan da 196 microg/m3 nel 2001 a 89 microg/m3 nel 2010: livelli molto alti per gli standard occidentali, ma pur sempre molto ridotti rispetto a pochi anni prima. Uno studio epidemiologico ha stimato che questo abbattimento ha portato a una riduzione del 57% dei Disability-Adjusted Life Years (DALY).7 d’altra parte, il quinto rapporto dell’iPCC identifica nella sostituzione delle fonti non rinnovabili di energia con fonti rinnovabili una delle maggiori opportunità per una politica orientata ai co-benefici.

Per concludere, secondo molti imboccare questa strada dei co-benefici non solo ha il vantaggio di rispondere agli obiettivi sia di COP21 sia della politica delle Nazioni unite per le malattie non trasmissibili (obiettivo «25×25»), ma è forse l’unica speranza per realizzare successi di qualche entità in campo ambientale. come spiega molto chiaramente de Vogli, la tendenza neoliberista implicita nei trattati internazionali è, invece, antitetica a queste politiche razionali.


Bibliografia

  1. Weiss M, Middleton J, Schrecker T. Warning: TTIP could be hazardous to your health. J Public Health 2015;37(3):367-69.
  2. The Faculty of Public Health of the Royal College of Physicians. Start well, live better: a manifesto for the public’s health. Disponibile all’indirizzo: www.fph.org.uk
  3. Whitmee S, Haines A, Beyrer C et al. Safeguarding human health in the Anthropocene epoch: report of The Rockefeller Foundation-Lancet Commission on planetary health. Lancet 2015;386(10007):1973-2028.
  4. Woodcock J, Edwards P, Tonne C et al. Public health bene ts of strategies to reduce greenhouse-gas emissions: urban land transport. Lancet 2009;374(9705):1930-43.
  5. Gordon SB, Bruce NG, Grigg J et al. Respiratory risks from household air pollution in low and middle income countries. Lancet Respir Med 2014;2(10):823-60.
  6. Friel S, Dangour AD, Garnett T et al. Public health bene ts of strategies to reduce greenhouse-gas emissions: food and agriculture. Lancet 2009;374(9706):2016-25.
  7. Tang D, Wang C, Nie J et al. Health bene ts of improving air quality in Taiyuan, China. Environ Int 2014;73:235-42.

*Paolo Vines, Centre for Environment and Health, School of Public Health, Imperial College London, Londra Corrispondenza: [email protected]


In: Epidemiol Prev, marzo, aprile 2016; 40 (2):80-81. doi: 10.19191/EP16.2.P080.036

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