Realpolitik vs Politica realistica

Johan Galtung

Realpolitik vs Politica realistica. Scuola di Analisi e Risoluzione dei Conflitti – Arlington, Virginia, USA

     La Realpolitik classica è la priorità nei rapporti esteri degli USA: sia la forza a decidere delle problematiche, se possibile con le minacce, se necessario combattendo fino alla fine.

     I due candidati tradizionali alla presidenza USA, Cruz e Clinton, sostengono entrambi il ricorso alla violenza aperta: Cruz con “bombardamenti a tappeto” e pattugliamenti dei quartieri musulmani che rendano credibile l’uso della forza, Clinton attestandosi sui suoi trascorsi di bombardamento di paesi musulmani.

     Trump, distanziandosi sia dalla belligeranza di Clinton sia dai pattugliamenti di Cruz, approfondisce i conflitti soggiacenti in modo quanto mai disgraziato agitando pregiudizi e discriminazione contro musulmani e messicani. Vuole una cinta, costruita dal Messico, che li costringa al di fuori degli USA.

     Sanders è così focalizzato sulla politica interna USA da restare vago sulla politica estera. Potrebbe però virare il discorso collettivo nonché la politica estera USA proponendo politiche più positive; esempi qui sotto.

     Conclusione netta: i due candidati ufficiali, Clinton e Cruz, sono più simili di quanto siano rispetto ai propri rivali dei rispettivi partiti. Paul Krugman (INYT 5/6.03.2016) ributta il (ex-) candidato ufficiale repubblicano Rubio “artista del raggiro” per Donald Trump alla rosa Ryan-Cruz-Rubio.  E Thomas Friedman, “Solo Trump può battere Trump” (INYT 10.03.2016), dice che se Trump dovesse diventare il nominato e quindi l’eletto, ha parecchio spazio di manovra verso il centro, allontanandosi dalle sue posizioni estreme. “Non avrebbe problemi ad atteggiarsi ad unificatore moderato”.

      Tuttavia, può darsi che Trump abbia già dato una mano ai becchini nello scavargli la fossa.

      Sia Clinton che Cruz hanno problemi di credibilità. i democratici possono trovare incredibile la svolta a sinistra di Clinton preferendole Sanders in quanto più autentico; i repubblicani possono trovare credibile l’estremismo da Tea Party di Cruz preferendogli Trump. Con l’indisponibilità di Sanders e Trump, quindi, grossa astensione?

      Però, nella delegatocrazia USA, molto abilmente architettata per proteggere gli USA dalla democrazia, possono pur sempre apparire/abbozzarsi alternative.

      La realpolitik USA ha condotto a più di 20 milioni di uccisi in 37 paesi dopo la 2^ guerra mondiale, e intanto la posizione relativa USA nel mondo a livello economico, militare – seppur non culturale – declina. Ciò dovrebbe condurre alla ricerca di qualcosa di realistico, che risolva i problemi anziché aggiungerne di nuovi ai vecchi; rinforzando la posizione USA.

      Che ci vuole per rendere più realistica la politica estera USA? Modalità nuove di pensiero più che decisioni politiche ed allocazioni economiche.

  1. Identificare il positivo, il buono negli altri grandi attori mondiali, Russia-India-Cina-Islam-UE-Africa-LatinAmerica, imparare dagli elementi positivi, e collegare quanto di buono in essi con il buono degli USA, per la cooperazione e l’armonia.

  2. Per promuovere la pace, la cooperazione dev’essere equa – a beneficio reciproco ed uguale – e l’armonia dev’essere basata sull’empatia – una comprensione profonda degli altri. Conoscere le ombre della storia, sovente lunghe e profonde, per riconciliare i traumi passati, e per meglio risolvere i conflitti presenti e futuri.

  3. Tenere in un angolo della mente eventuali minacce da altri attori ed essere forti nella difesa difensiva non-provocatoria senza essere paranoidi, narcisisti, eccezionalisti, pre-polarizzati – essendo solo realistici, non ingenui.

Questo atto di cambiamento, basato sulla consapevolezza, è forse troppo esigente, allorché “i miei vecchi pensieri hanno portato giù per la china me ed altri e mi serve un pensiero nuovo”? No, ma la nuova consapevolezza e il nuovo pensiero devo essere attuati.

     Gli USA hanno una marcata tendenza a pensare in termini di gerarchia e d’anarchia, dimenticando la terza opzione, l’equità; e anche ad esigere che gli altri considerino gli USA buoni e positivi mentre si focalizzano sul loro sbagliato e negativo; troppo spesso ricorrendo alle armi invece di riconciliare i traumi e risolvere i conflitti. Eppure, gli americani che si rivoltarono contro il colonialismo ed abolirono la propria schiavitù possono anche mettere in discussione la propria politica estera ed abolire il proprio imperialismo e la propria disinvoltura guerrafondaia. Dopo aver abolito due flagelli istituzionali dell’umanità, farebbero solo bene ad abolirne altri due.

     I vantaggi sono ovvi e di pronto incasso: vera grandezza, affetto, posizione guida, uscita dalla spirale di crescente irrilevanza.

     La storia è veloce di questi tempi e la gran parte degli stati al mondo sta effettivamente praticando quei punti – subconsciamente, costruendo vaste regioni con notevole cooperazione ed armonia. Questa tendenza dovrebbe giungere agli USA e ad Israele, e al Regno Unito – attualmente al punto di bilico: col divenire meno bellicosi di questi tre si muoverebbe il mondo verso molta più pace. Cionondimeno ci sono in essi forze più profonde che la consapevolezza. Forze incorporate nello stesso sistema statuale, che lo sospingono verso la violenza, diretta o strutturale. Stiamo pensando allo squilibrio e all’incongruenza di rango, forze sistemiche ignote ai più, quindi tanto più potenti. Gli stati sono classificati in potenze economiche, militari, politiche e culturali. Il potere è quadri-dimensionale; i detentori sono alti o bassi (A/B) in tutte le dimensioni; AAAA in cima, BBBB al fondo, impotenti.

      Tuttavia, gli attori – stato o sub-stato – possono essere alti in una dimensione e bassi in un’ altra, squilibrati, smaniosi di elevare la/e dimensione/i carente/i per equilibrio. Inoltre, due di essi possono avere squilibri opposti, AB e BA, come uno alto nell’economia e basso nel militare, l’altro basso nell’economia e alto nel militare.

     Mentre lo squilibrio di rango può essere un dilemma da risolvere per quell’attore, la discordanza di rango coinvolge due (o più) attori e può condurre oltre una disputa a un odio acceso e violenza smaccata. Agendo sui propri squilibri tutt’e due avanzano verso l’ambìta, contestata, angusta nicchia AA.

      C’è una “soluzione”: tutti equilibrati, AA, BB. Quello però era il feudalismo; generalmente più violenza strutturale – in quanto il potere politico nelle organizzazioni maggiori riflette il potere economico. Il sistema può oscillare fra la violenza diretta e quella strutturale con la tentazione a semplificare con la forza: realpolitik. Si veda Abolishing War – Criminalizing War, Removing War Causes, Removing War as Institution [Abolire la guerra – Criminalizzare la guerra, rimuovere le cause della guerra, rimuovere la guerra come istituzione], TRANSCEND University Press-TUP, 2015.

     C’è una via d’uscita mostrata dalle ONG: rendere gli attori, alti e bassi, membri di un’ organizzazione con un obiettivo superiore condiviso. Tale organizzazione oggi è nota come una regione, comunità, unione. Un’organizzazione delle Regioni Unite senza potere di veto potrebbe eventualmente promuovere la pace meglio che le Nazioni Unite?


Nº 423 – Johan Galtung, 11 aprile 2016

Titolo originale: Realpolitik vs Realistic Politics

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


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