È facile per i ragazzi ricchi rompere le regole | Laurie Penny


In tutto il mondo le persone transgender sono ancora sottoposte a violenze e pregiudizi terribili, in particolare se non sono bianche o se vengono dalla classe operaia

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La lngua inglese è ricca e complessa, ma non ha abbastanza parole per descrivere tutte le emozioni. Per esempio, non c’è una parola per descrivere la strana ed elettrizzante malinconia che si prova nel vedere il mondo cambiare in meglio e nel sapere che i più giovani avranno libertà che tu non avresti neanche osato immaginare. La società sta vivendo enormi trasformazioni per quanto riguarda le questioni relative al sessismo, la sessualità e il genere. La cultura sta cambiando, senza aspettare che qualcuno, e sicuramente non le persone di sinistra delle passate generazioni, stabilisca i limiti di ciò che è possibile. Osservare questo fenomeno, specialmente per una persona queer e una femminista come me, è un’esperienza allo stesso tempo agrodolce e mozzaiato.

Quando studiavo a Brighton nessuno parlava di femminismo o di diritti degli omosessuali, anche se appena oltre il campo sportivo c’era Kemptown, forse una delle zone più gay di tutto l’arcipelago britannico, piena di sex shop specializzati e di drag queen che calcavano i marciapiedi mentre noi aspettavamo lo scuolabus, vestite con le nostre stupide uniformi da ragazzine ricche. Allora non conoscevo espressioni come genderqueer o “non-binaria” per descrivere il mio complesso groviglio di sentimenti adolescenziali. Sapevo solo che non mi sentivo del tutto un ragazzo o una ragazza, e che desideravo indossare una giacca e dei pantaloni come i ragazzi, tagliarmi i capelli e chiamarmi con un nome diverso. Quando mi presentai in giacca e cravatta alla cerimonia con cui chi aveva ottenuto una borsa di studio veniva presentato al consiglio direttivo, i miei insegnanti mi rimproverarono.

Come cambiano i tempi. Oggi pronomi senza genere come xe e they (essi) stanno gradualmente diventando d’uso corrente in inglese, tv e giornali sono pieni di celebrità transgender e non-binarie e nel Regno Unito si pensa di abolire l’obbligo di specificare “uomo” o “donna” nei formulari ufficiali. Quando parlo con i giovani sono sbalordita da quanto sono informati e all’avanguardia a proposito di femminismo, diritti degli omosessuali e identità di genere. Di quanto, grazie a internet, siano in grado di trovarsi, sostenersi e istruirsi a vicenda con una velocità e un’efficacia che la cultura convenzionale degli adulti non riesce a uguagliare. Anche la mia vecchia scuola, il Brighton college, ha fatto notizia per aver allentato le sue regole d’abbigliamento al fine di andare incontro agli allievi transgender. Questa decisione nasce dalla pressione dei genitori e dall’essersi resi conto, secondo il direttore Richard Cairns, che sebbene gli adolescenti abbiano un sacco di problemi con cui i loro genitori non hanno mai avuto a che fare, non hanno alcun problema con le persone queer. D’ora in poi gli allievi avranno il diritto d’indossare la gonna scolastica più brutta, sgangherata e ridicola mai immaginata da degli adulti sadici.

È una buona notizia, naturalmente, per le persone transgender del Brighton college e delle altre istituzioni che inevitabilmente ne seguiranno le orme. Lo è ancora di più perché dimostra che la cultura è cambiata a tal punto che persino le compassate scuole private si sono rese conto che le questioni di genere possono influenzare la loro immagine e i loro rapporti con i genitori che pagano la retta. Ma le istituzioni non possono avere il monopolio del cambiamento sociale. In particolare le istituzioni come le scuole private che, per quanto progressiste, sono fatte per nutrire e mantenere le disuguaglianze sociali.

Sarebbe poco lungimirante parlare di sessismo e identità di genere senza parlare di classi sociali. Nonostante tutte le conquiste della comunità transgender negli ultimi anni, le persone che fanno notizia sono spesso le più privilegiate, come le celebrità e i ricchi, che rischiano meno di altri di essere discriminate. Nel frattempo in tutto il mondo le persone transgender sono ancora sottoposte a violenze e pregiudizi terribili, in particolare se non sono bianche o se vengono dalla classe operaia. I ragazzi del Brighton college saranno anche liberi di scegliere cosa indossare, ma dovranno comunque indossare un’uniforme, il che costituisce una forma di controllo sociale. Le uniformi del Brighton college e delle altre scuole private sono concepite per separare i propri allievi dal resto della comunità in cui vivono e studiano, per ricordare che loro sono diversi e speciali. È un’uniforme che, se non si sta attenti, si finisce per indossare dentro di sé, avvolta intorno al proprio senso d’empatia, come un’armatura.

Per i ragazzi ricchi è più facile infrangere le regole. Non è colpa loro. Ma non è così che il mondo cambia. Il mondo cambia quando tutti, al di là della loro origine, imparano a mettere in discussione i sistemi di potere, privilegio e pregiudizio in cui sono cresciuti, e a pensare a qual è il modo migliore per cambiarli, per rendere la vita più giusta e più libera per tutti. Non è una cosa che s’impara a scuola. Fortunatamente gli adolescenti di oggi se lo insegnano a vivicenda. Faremmo tutti bene a imparare da loro.

Fonte: Internazionale 1138 | 29 gennaio 2015


 

LAURIE PENNY è una giornalista britannica. È columnist del settimanale New Statesman e collabora con il Guardian. In Italia ha pubblicato Meat market. Carne femminile sul banco del capitalismo (Settenove 2013).

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