Il Tribunale Permanente dei Popoli a Torino, sulle grandi opere

Angela Dogliotti, Elena Camino

Dal 5 al 7 novembre si è svolta a Torino, presso la Fabbrica delle E, del Gruppo Abele, la sessione del Tribunale permanente dei popoli “Diritti fondamentali, partecipazione delle comunità locali e grandi opere” , che si è conclusa ad Almese l’8 novembre, con la lettura della sentenza.

Davanti ad un folto pubblico di cittadini ha aperto i lavori il segretario generale del Tribunale, Gianni Tognoni, seguito dall’intervento di Livio Pepino (ex-magistrato, del Controsservatorio Valsusa), che ha esposto l’atto di accusa consistente nella “grave e sistematica violazione…di numerosi diritti fondamentali dei cittadini e della comunità della Val Susa…espressione di un modello di sviluppo, diffuso in tutto il pianeta, che produce devastazioni ambientali lesive dei diritti fondamentali dei cittadini attuali e delle generazioni future e che estromette dalle scelte le popolazioni direttamente interessate” (dalla scheda di presentazione).

La prima giornata si è poi concentrata su “Il TAV in Val Susa e la partecipazione negata”, con interventi di Ezio Bertock, che ha chiamato a testimoniare, in presenza o in video, alcuni dei protagonisti del movimento di opposizione, tra cui il fondatore di Habitat, Claudio Giorno, Alberto Perino, nonno NO TAV e leader storico del Gruppo valsusino di azione nonviolenta, che ha ripercorso la storia delle lotte di questi 25 anni, mettendo in luce come l’unità sia stata la forza del movimento, ed esperti come il prof. Chiocchia, del Politecnico di Torino .

Sulla manipolazione dei dati e delle previsioni è poi intervenuto il secondo rapporteur, Angelo Tartaglia, del Politecnico di Torino, che ha mostrato come siano insostenibili le ragioni addotte a giustificazione dell’opera (un supposto aumento del traffico passeggeri, dai 2000 del 1992 a più di 20.000, e delle merci): lo stesso quaderno n.1 dell’Osservatorio ha riconosciuto che la saturazione della linea storica non è imminente; i dati del 2013 testimoniano che il volume di traffico sulla ferrovia è pari ad un quinto delle capacità della linea storica…

Sono poi stati chiamati a testimoniare, oltre a Simone Franchino, che ha confermato questi dati, i professori Claudio Cancelli e Marco Ponti i quali hanno evidenziato l’inconsistenza dell’analisi costi-benefici prodotta dai proponenti l’opera, mentre la prof.ssa Marina Clerico ha messo sotto accusa la legge obiettivo e la procedura dell’appalto integrato, che rinvia l’analisi delle criticità dei progetti. Il dott. Marco Tomalino, infine, medico di base, ha messo in evidenza dati preoccupanti sull’aumento del mesotelioma e delle patologie cardiovascolari e polmonari per cause ambientali in Piemonte.

Sull’esclusione dei cittadini e delle istituzioni dai processi decisionali è poi intervenuto Luca Giunti, naturalista e componente della Commissione tecnica Comunità montana Val Susa e Val Sangone, che ha sottolineato, in apertura, l’importanza del principio di precauzione quando si ha a che fare con opere il cui impatto e le cui conseguenze sono difficilmente calcolabili . Ha fatto presente la necessità di avere un consenso e conoscenze “allargate” e non solo pareri tecnici su opere come queste, e l’importanza di rispettare il principio di reversibilità, per poter correggere eventuali errori, come auspica la scienza post-normale. Sono poi state trasmesse le testimonianze videoregistrate di Mario Cavargna e di Stefano Lenzi, presidenti, rispettivamente, di Pro-Natura e del WWF. L’avvocato Massimo Bongiovanni ha poi parlato dell’impatto avuto dalla diffusione delle riprese dello sgombero del presidio di Venaus, in seguito alla quale il generale della Corte dei Conti Bosetti ha aperto un fascicolo contro alcuni dirigenti delle forze dell’ordine , scoprendo irregolarità in verbali sugli espropri. Dopo le testimonianze di Loredana Bellone e Paolo Prieri è stato proiettato un video con la testimonianza di Vittorio Agnoletto.

L’ultimo rapporteur della giornata è stato Paolo Mattone, del Controsservatorio Valsusa, che è intervenuto sulla sostituzione del confronto con la repressione ed ha chiamato a testimoniare Guido Fissore, Alessandra Algostino e Claudio Novaro.

Sono stati proiettati alcuni video con immagini della militarizzazione del territorio e delle sue conseguenze sulla popolazione.

La quarta parte si è conclusa con la testimonianza video di Luca Abbà.

Altri testimoni della giornata, comparsi personalmente o in video sono: Luca Anselmo, Giulia Casel, Paolo Chirio, Riccardo Culatti, Nicoletta Dosio, Nilo Durbiano, Gianni Maggi, Monica Montabone, Claudio Novaro, Sandro Plano, Gigi Richetto, Emilio Scalzo, Fulvio Tapparo, Cristina Uran.

I componenti della Giuria hanno rivolto numerose domande di approfondimento, cui hanno risposto relatori e testimoni.

Venerdì 6 novembre la sessione è proseguita aprendosi all’analisi di altre grandi opere in Italia e nel mondo.

A partire dalla mattinata è stata presa in considerazione la situazione italiana, esaminando in particolare il passante e la stazione ferroviaria di Firenze; l’autostrada Orte-Mestre, le trivellazioni nel mare Adriatico e in terraferma; il ponte di Messina, con rapporteur Tiziano Cardosi, del Forum contro le grandi opere inutili e imposte.

Armando Danella è intervenuto sul Mose a Venezia, presentando numerosi schemi per illustrare importanti e delicati aspetti ambientali della laguna di Venezia che sono minacciati dai progetti in corso, e per segnalare alcuni dettagli tecnici oggetto di controversia. Sebastiano Papandrea, portavoce del Comitato NOMuos a Niscemi, ha presentato un video con scene di manifestazioni di proteste dei cittadini, blocchi stradali da parte della forza pubblica, interventi della polizia con sgomberi forzati dei manifestanti che si trovavano su suolo pubblico. Ha inoltre elencato una lunga serie di infrazioni commesse dalle Istituzioni in questa vicenda: la più grave è forse quella di aver concesso in passato (e confermato attualmente) la piena disponibilità di un vasto territorio (che ospita la sughereta più grande e antica d’Europa) al governo degli Stati Uniti, che grazie al sistema di antenne satellitari qui installate è in grado di esercitare un controllo globale delle telecomunicazioni, e di progettare e guidare attacchi di guerra senza che il governo italiano ne sia non solo interpellato, ma neppure informato.

Per quanto riguarda la situazione europea, Sabine Brautigam, del Forum contro le grandi opere inutile e imposte, ha presentato in particolare le criticità della linea ferroviaria Hs2 nel Regno Unito, della linea ferroviaria AV nei Paesi Baschi spagnoli e francesi, della stazione di Stuttgard 21 in Germania, e della miniera d’oro di Rosia Montana in Romania, con l’aiuto di alcuni testimoni:

Genevieve Coiffard-Grosdoy ha presentato il caso dell’aeroporto di Notre Dames Des Landes, sul quale sono intervenuti anche altri testimoni, mentre Daniel Ibanez ha parlato del “debat public” in Francia.

La seconda giornata si è conclusa con la terza parte: la situazione delle grandi opere inutili e imposte in America latina, sulle quali è intervenuto Andreas Barreda per il Messico.

Tutti gli interventi potranno essere seguiti in audio sul sito del Controsservatorio (vedi il link più avanti)

Un aspetto che ci ha molto colpito nel corso delle due giornate di presentazione delle ragioni dei ‘denuncianti’ è stata la forma che è stata scelta per le esposizioni: i rapporteurs e i testimoni sono stati molto chiari, rendendo facile al pubblico seguire le loro argomentazioni; hanno selezionato e presentato dati e documenti accessibili e rintracciabili a sostegno delle loro ragioni. Hanno individuato e sottolineato numerose somiglianze nelle dinamiche con le quali governi, imprese, istituzioni hanno operato in spregio ai criteri di trasparenza e partecipazione che ogni democrazia dovrebbe salvaguardare. La compostezza, la lucidità, la coerenza e il coinvolgimento personale con cui i testimoni si sono espressi è stata una dimostrazione di comportamento dignitoso, fermo e nonviolento di cui non si vede traccia nei dibattiti politici degli ultimi anni.

Sabato mattina è stato previsto uno spazio per la difesa dei proponenti, che tuttavia hanno declinato l’invito.

E’ stata quindi la volta della requisitoria finale da parte di Livio Pepino. Poiché non è possibile sintetizzare in poche righe la ricchezza delle argomentazioni sostenute, si fa riferimento direttamente al testo, già presente in versione integrale sul sito del Controsservatorio.

Poi la Giuria si è ritirata per una riflessione finale e per la stesura della sentenza.

Domenica 8 novembre , ad Almese, in un teatro gremito, attento e partecipe è stata letta la sentenza, preceduta dal saluto dell’ecologista cilena Sara Larrain, direttrice del programma Chile Sustentable e da alcuni altri interventi. Dopo la lettura, ad opera del Presidente, Philippe Texier, magistrato onorario della Corte suprema di Cassazione e già membro e presidente del Comitato di diritti economici, sociali e culturali dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, è stato affidato il saluto conclusivo a Dora Lucy Arias, coraggiosa avvocata colombiana, componente del Consiglio Diretivo del Colectivo de Abogados Josè Alvear Restrepo.

La sentenza, disponibile integralmente nel sito del Controsservatorio Valsusa, è accompagnata da questo commento: “Una sentenza che accoglie l’impianto accusatorio e lo rafforza, che riconosce le violazioni di diritti fondamentali non soltanto in Val di Susa, che denuncia la violazione di convenzioni internazionali da parte degli stati che le hanno sottoscritte, che chiede per la Valsusa la sospensione dei lavori e la cessazione dell’occupazione militare”.

Tra le RACCOMANDAZIONI finali si legge:

Il TRIBUNALE PERMANENTE DEI POPOLI

Raccomanda nel caso Tav Torino Lione, agli stati Italiano e Francese, di procedere a consultazioni serie delle popolazioni interessate e in particolare degli abitanti della Val di Susa per garantire loro la possibilità di esprimersi sulla pertinenza e la opportunità del progetto e far valere i loro diritti alla salute, all’ambiente, e alla protezione dei loro contesti di vita. Queste consultazioni dovranno realizzarsi senza omettere nessun dato tecnico sull’impatto economico, sociale e ambientale del progetto e senza manipolare o deformare l’analisi della sua utilità economica e sociale. Si dovranno esaminare tutte le possibilità senza scartare l’opzione “0”. Finché non si garantisce questa consultazione popolare, seria e completa, la realizzazione dell’opera deve essere sospesa in attesa dei suoi risultati, che devono essere in grado di garantire i diritti fondamentali dei cittadini.

E in conclusione raccomanda agli stati

…..Di dare priorità rispetto alle grandi opere a programmi vasti ed efficaci inerenti i servizi e le opere di interesse vitale quotidiano dei cittadini, quali le opere di contrasto di fenomeni idrologici e idrogeologici e situazioni di degrado e di mancanza di manutenzione dell’edilizia e dei trasporti di pubblico interesse…

e ai movimenti sociali, alle associazioni e ai comitati che si battono contro le grandi opere, di far rispettare dagli stati le procedure previste

….nonché di sperimentare ogni legittimo strumento per costringerveli in caso di inadempimento degli obblighi suddetti, in particolare il ricorso al Comitato sull’adempimento della Convenzione di Aarhus 1.


Nota

1 Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, adottata in Aarhus il 25 giugno 1998, di cui sono membri 46 stati , tra cui l’Italia dal 13/6/2001 e la Francia , dall’8/7/2002, approvata dall’UE con la decisione 2005/370/CE

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