Lo schiaffo di don Milani – Recensione di Nanni Salio

cop-LO-SCHIAFFO-DI-DON-MILANI_linePiergiorgio Reggio, Lo schiaffo di don Milani. Il mito educativo di Barbiana, Il Margine, Trento 2014, pp. 133, € 14,00

Come ricorda Eugenio Scardaccione, dirigente scolastico di Bari, dal 1982 al 1988 si sono svolti a Barbiana dei campi estivi promossi dal «Coordinamento nazionale degli insegnanti per la nonviolenza» («Sulle orme di Barbiana…», www.edscuola.it/archivio/ped/barbiana.html) Ed è in quelle esperienze che molti di noi, compreso l’autore di questo libro, hanno scoperto «il mito educativo di Barbiana»: «Il cuore del mito – l’educazione come giustizia – richiede di essere conosciuto, mantenuto vivo e tramandato» (p. 11).
Quando si scopre questo mito si viene presi «da una passione incontenibile, da un “perdere la testa” educativo che è condizione essenziale per essere maestro» (p. 26). È questa passione che anima, da molti anni, l’impegno educativo di Piergiorgio Reggio che egli cerca di trasmettere in questo libro prendendo le mosse non solo da don Milani, ma anche dall’opera di Paulo Freire.
Don Lorenzo ricorda che per diventare «maestro, eroe del mito educativo» c’è voluto molto tempo e tanta fatica: «Ci ho messo ventidue anni per uscire dalla classe sociale che legge “l’ ‘Espresso” e il “Mondo”. Non devo farmene ricatturare neanche per un giorno solo… da diciotto anni in qua non ho più letto un libro né un giornale se non ad alta voce con dei piccoli uditori. Nella chiesuola dell’èlite intellettuale tutti hanno letto tutto e quel che non hanno letto fingono di averlo letto» (p. 27). Che cosa direbbe oggi di fronte al dilagare di un’informazione manipolata allo scopo di distrarre e sedurre le coscienze?
Tuttavia, in questi trent’anni da quando ci trovammo a riflettere a Barbiana sull’esperienza milaniana, qualcosa è maturato nel campo dell’educazione alla pace e alla nonviolenza. Se allora i riferimenti erano soprattutto gli autori classici, compreso Danilo Dolci e il Gandhi della scuola del Nai Talim, oggi si aggiungono i contributi dati da Johan Galtung alla trasformazione nonviolenta dei conflitti e al giornalismo di pace, che don Milani sembra evocare quando dice, a proposito di ricchi e poveri, padroni e operai, che ci «Son cose che si possono dire solo da un tavolino quando gli uomini non son che cifre su un foglio di carta. Che si possono respirare solo nell’aria malsana dei giornali “indipendenti”. Che si dicono per essere “oggettivi”, per tenersi al di sopra delle parti. Senza ricordarsi che tra il forte e il debole le parti non sono eguali e non si può distribuire i torti con salomonica indifferenza» (p. 33).
Che cosa significa «educare in epoche di crisi»? (p. 114). Tutte le epoche sono, a modo loro, «epoche di crisi», ma quella attuale sembra assumere dimensioni globali senza precedenti e richiede un impegno educativo, oltre che politico, anch’esso globale.
Se ne parlava già ai tempi di Barbiana, ma oggi l’educazione alla nonviolenza, intesa come trasformazione nonviolenta dei conflitti, è diventata una questione di vita e di morte, di sopravvivenza dell’intero genere umano. È la nuova dimensione del mito educativo, della passione incontenibile di essere maestro.
Su queste basi possano nascere decine, centinaia, migliaia di esperienze educative alla nonviolenza, dal micro al macro, dal Nord al Sud del mondo, capaci di risvegliare il potenziale umano a cominciare dai bimbi e dalle bimbe, dai ragazzi e dalle ragazze, per offrire loro quelle possibilità di autorealizzazione che don Milani, Paulo Freire, Danilo Dolci e Gandhi sono stati capaci di realizzare con il loro impegno di «eroi del mito educativo».

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