Il servizio civile fa tappa in Ecoistituto. Che facciamo? Perché? Come? – Daniela Iapicca


Un buon vento in Ecoistituto: io, loro e un compito nuovo. 

Esperienza molto positiva, stimolante e umanamente ricca, quella conclusa con le prime persone in Servizio civile affidate all’Ecoistituto del Piemonte Pasquale Cavaliere (le prime, spero, di una lunga serie), la sezione ambientale del Centro Studi Sereno Regis.

Le persone in questione, sono due ragazze diverse e capaci (che sono state scelte tra molti candidati) e si chiamano Marta e Jessica. Con loro, abbiamo lavorato fianco a fianco per quattro mesi.

Il mio compito era fornir “competenze di progettazione”, “supporto nella progettazione” e di “agevolare la realizzazione delle attività di progetto”. Ovviamente su un tema a carattere ambientale.

Una delle cose più importanti su cui ho basato il mio incarico è stata quella di rispettare il ruolo senza farmi attivare dalla cascata di idee e di visioni che mi sopraggiungono quando mi trovo a inventare attività e progetti (che è una parte rilevante del mio lavoro in Ecoistituto).
Era la loro esperienza, erano loro che dovevano comprendere cosa come e in che modo sperimentare le opportunità e i limiti all’interno dei quali occorre muoversi quando si progetta e quando si attua quanto progettato.
Io ero solo il segno per non perdere la strada, le briciole di pane per ritrovarla, le istruizioni per capire come muoversi.

Da dove cominciamo?
E’ stato molto il tempo che abbiamo impiegato per individuare gli ambiti e gli argomenti che avremmo sviluppato, passavamo da un ipotesi all’altra, senza essere eccessivamente convinte.

Marta e Jessica volevano un argomento che potesse essere attrattivo per i giovani, innovativo, interessante da approfondire, che potesse essere trattato con smartphone e computer, che si potesse attuare con modalità coinvolgenti. Io continuavo a ripeterci che “dovevamo darci obiettivi prendibili e non…impossibili!” e, per frenare le loro ansie anticipatorie, che ” eravamo nella privilegiata condizione di poter sperimentare, ponderare, considerare….e anche sbagliare, senza fretta”.
In questa fase, continuavo a spegnere diligentemente ogni lampadina che mi si accendeva su questo o su quello. Era importante indirizzare e supportare -delicatamente- dando importanza e massima dignità alla loro esperienza di Servizio Civile, alla loro esperienza di crescita, rispettando i loro tempi. Abbiamo vagato per parecchio, in un processo tipico di quelli creativi, dove il caos è il terreno necessario per far crescere buone idee.

Poi finalmente la folgorazione: avremmo lavorato su come l’ambiente viene comunicato attraverso i media (la tv, internet, i giornali…).

Avevamo un buon ambito, buone attitudini, buone basi ed eravamo un buon team. Avevamo tempo per studiare, confrontarci, appassionarci.

Essendo un progetto originale, mai sperimentato, è stato importante aver aiutato le fanciulle ad accettare l’ipotesi che il nostro lavoro, sarebbe potuto essere anche un flop. Questo è il bello dei progetti: possono anche non funzionare!

Mi interessava particolarmente tenerle vicine alla logica del tentativo, lontana da quella che semplifica i processi e ci relega ad un ruolo di esecutori invece che di sperimentatori.

Nella fase di progettazione era difficile per loro accetare l’impossibilità di addentrarsi in dettagli, che per forza di cose non si potevano ancora conoscere, continuavo a ripeterci che “per ora si deve tenere tutto insieme e poi metteremo in ordine”, certo, ci saranno anche altri metodi, ma loro dovevano avere a che fare con me e io non potevo prescindere dal mio modo di lavorare.
Abbiamo accettato la fatica impegnandoci profondamente, non siamo e ancor più non eravamo climatologhe esperte di comunicazione, nessuna di noi è Luca Mercalli!

Abbiamo definito gli obiettivi generali, una tabella di marcia dettagliata (o se vi piace il linguaggio tecnico la chiamo “diagramma di Gantt”!), e poi, man mano che ci si addentrava nello studio della materia iniziavano a fioccare altre idee.

Quanti articoli abbiamo analizzato, quanti servizi giornalistici abbiamo osservato, per capire l’ambito perfetto. Dalla genericità del concetto di “ambiente” siamo giunte ad individuare come più opportuno il “cambiamento climatico”.

Si pasteggiava allegramente commentando report dell’IPCC e appassionandoci all’attualità delle teorie di Marshall McLuhan, talvolta confondendo gli obiettivi con i risultati, talvolta impiegando tanto tempo su dettagli non così rilevanti. Ma sempre con passione e impegno e sentendo l’importanza di ciò che stavamo facendo.

Il lieto evento
La proposta, che abbiamo intitolato “La notizia dentro la notizia – l’ambiente come viene dipinto dall’informazione” è stata ben accolta da due insegnanti che già in passato avevano apprezzato il lavoro dell’Ecoistituto, entrambe al lavoro in scuole superiori. Due scuole diverse, una il liceo scientifico Carlo Cattaneo e l’altra l’Istituto Alberghiero Giovanni Giolitti.

Ora “La notizia oltre la notizia”, è ricchezza del Centro Studi Sereno e quindi della colletività. E’ stato un buon esercizio per iniziare ad analizzare come i media comunicano, attraverso l’analisi del cambiamento climatico così come viene narrato, abbiamo sperimentato un modo di approcciarsi alle informazioni veicolate dai mass media, da usare con ogni argomento e in ogni situzione.

Non entrarò in dettagli relativi all’operatività del progetto, concludo scrivendo che tutti (noi, le insegnanti e gli studenti) siamo più che soddisfatti di quanto portato a termine. L’esito positivo, non era scontato. Così, invece, è stato.

L’esperienza di Jessica

Nell’ambito del progetto di Servizio Civile “Io c’entro? Io contro!” abbiamo realizzato interamente un progetto da presentare nelle scuole superiori dal titolo “La notizia oltre la notizia”. Come è stato possibile? Nei primi mesi del nostro servizio abbiamo avuto la possibilità di partecipare a incontri nelle scuole, a tema ambientale, organizzati dai nostri tutor e formatori; l’ambiente e la modalità di coinvolgimento ci sono piaciute fin da subito ed è stato interessante e formativo portare il nostro giovane contributo.

Dopo qualche giornata di brain-storming, confronti di gruppo, “spulciamento” di bandi e opportunità regionali ed europee, la decisione è stata presa. Sotto la guida di Daniela, che gestisce l’Ecoistituto, ci siamo impegnate a realizzare un progetto autonomo e originale sull’informazione ambientale. La questione che ha fatto da sfondo all’intero lavoro è: come l’Informazione veicola il tema del cambiamento climatico? Non avendo competenze specifiche su questo argomento, una prima fase è stata per entrambe di studio; abbiamo esaminato ricerche sui media, documenti sui cambiamenti climatici, ci siamo chiarite le idee su clima, meteo, mezzi di comunicazione di massa,…

Poi siamo passate all’azione: abbiamo focalizzato macro e micro-obiettivi del percorso e ci siamo spaccate la testa per trovare il modo migliore per veicolarli in due classe di maturandi. Abbiamo impostato il percorso in 3 incontri e abbiamo ideato attività il meno frontali possibile per introdurre e sviluppare i temi scelti. Non è stato per nulla facile: gli argomenti generavano molti spunti di riflessione, troppi per essere contenuti in sole 6 ore di lavoro in classe; inoltre i caratteri di Marta e mio e la nostra formazione sono stati aspetti non semplici da armonizzare.

Con tanta fatica e l’aiuto e la competenza di Daniela siamo arrivate al nostro obiettivo: abbiamo presentato il nostro progetto a due classi quinte superiori -una del liceo scientifico N. Cattaneo e una dell’istituto alberghiero G. Giolitti- riuscendo, nel nostro piccolo, anche a produrre una valutazione e un confronto tra due istituti diversi nella forma e nella sostanza. Le classi hanno apprezzato il percorso (sicuramente il fatto di avere davanti due ragazze giovani ha aiutato: l’entusiasmo con cui abbiamo trasmesso le nostre conoscenze ha fatto la differenza), e noi siamo soddisfatte per aver portato agli occhi dei ragazzi un tema controverso e troppo spesso lasciato in secondo piano dall’Informazione. Inoltre l’analisi a cui abbiamo invitato le classi è applicabile a qualunque tema discusso dai media e mi auguro che possa essere per loro spunto per nuove riflessioni.

È stato un progetto certamente complesso, e per me difficile da portare avanti, sentendomi costantemente inadeguata e non abbastanza preparata rispetto ai temi affrontati, e credo di essere arrivata fino in fondo soltanto lavorando “alla giornata”, senza farmi prendere dall’ansia del lavoro a venire, degli impegni e dei compiti che avrei avuto e soprattutto della prestazione in classe. Trovarmi costantemente a confronto con caratteri più forti del mio ha richiesto fatica ma mi ha anche permesso di mettermi alla prova, di migliorare il mio modo di comunicare e di relazionarmi. È stata un’esperienza difficile, pesante ma sicuramente anche intrigante e profiqua, come ogni bagaglio che arricchisce la vita.

L’esperienza di Marta

«Adoro la fotografia, adoro fotografare,

tenere in mano la fotocamera, giocare con le

inquadrature e con la luce. Adoro vivere con

la gente, osservare le comunità e ora anche

gli animali, gli alberi, le pietre.

È un’esigenza che proviene dal profondo

di me stesso. È il desiderio di fotografare che

mi spinge di continuo a ripartire.

Ad andare a vedere altrove. A realizzare

sempre e comunque nuove immagini».

-Sebastião Salgado-

Da poche settimane si è concluso l’anno di servizio civile che ho svolto, insieme a Jessica, presso il Centro Studi Sereno Regis. È stata un’esperienza molto interessante e formativa nel corso della quale ho avuto modo di sperimentarmi in ambiti e campi molto differenti, ma talvolta uniti da un unico filo conduttore: la lettura.

La lettura, così come viene comunemente intesa, è considerata quel processo attraverso il quale poter conservare e immagazzinare in forma scritta informazioni o idee. Ma la lettura non è soltanto questo, è intrinsecamente legata al nostro corpo, ai nostri sensi e alla nostra percezione: è osservazione e comprensione della realtà.

Per esempio, si può leggere senza che l’oggetto dell’osservazione si trovi nelle vicinanze. Ed è quello che ho imparato con Elena studiando e approfondendo la tematica dei conflitti socio-ambientali nel mondo. Popoli diversi, ma uniti dallo stesso destino, stanno lottando per la difesa dei loro territori e delle loro vite contro le logiche indiscriminate, di sopraffazione, sfruttamento e impoverimento, del sistema capitalista. Una condizione tanto lontana quanto vicina a noi, alla Val di Susa. Una vicinanza che si “legge” e che ti porta a stare dalla parte di chi resiste contro tutto questo, dalla parte di quel “No” che non rappresenta soltanto un rifiuto, ma una scelta dettata da condizioni di vita comuni.

Si può anche leggere senza che l’oggetto dell’osservazione sia fin da subito chiaro e nitido. Ed è quello che, con Ilaria (referente della sezione di Educazione alla Pace), ho appreso nelle scuole dove la conoscenza dei ragazzi è avvenuta con gradualità e dove, ad ogni incontro, si riusciva a conquistare un po’ della loro fiducia. S’imparava a leggere i loro comportamenti, esternazioni di piccoli grandi intrighi interni e, con sorpresa, si ricevevano in cambio dei regali inaspettati, fatti di sorrisi e stupori. E quando, giunta alla fine dell’ultimo capoverso, avevi l’illusione di capire finalmente la trama del racconto, non appena girata la pagina ti ritrovavi quasi al punto di partenza. Disorientante? Frustrante? Forse si, ma incredibilmente attraente e stimolante.

Si può leggere talvolta senza che l’oggetto dell’osservazione sia un testo scritto. Fin da piccoli ci insegnano ad affinare quest’abilità di lettura e analisi ma, in realtà, siamo circondati da “testi” che sono fatti d’ immagini. A partire dall’Ottocento, con l’invenzione della fotografia e del cinema, il mondo come testo è stato sostituito dal mondo come immagine ed il campo della visualità ha sfondato ogni tentativo di definire la cultura soltanto in termini linguistici. È proprio a partire da questa considerazione che, in collaborazione con Daniela (referente della sezione ambientale, l’Ecoistituto del Piemonte “Pasquale Cavaliere”), abbiamo pensato di creare un percorso per le scuole secondarie.

Nonostante alcune intuizioni si possano far risalire al secolo scorso, già infatti Walter Benjamin nel 1936 in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica aveva iniziato a sviluppare delle riflessioni, in Italia è ancora scarsamente considerato il ruolo delle immagini.

Quest’ultime, con l’avvento dei nuovi media, hanno ed avranno un ruolo sempre maggiore. Basti pensare alla loro stessa struttura: il funzionamento dipende dalla configurazione di un’ immagine su di uno schermo, sia che si tratti di quello di un televisore o di uno smartphone.

La nostra esigenza è stata quella di voler sperimentare una proposta didattica che potesse offrire ai ragazzi l’opportunità di riflettere circa il ruolo dei media e il loro rapporto con l’ambiente, in particolar modo con i cambiamenti climatici. Inoltre, considerato l’aumento notevole dell’utilizzo di internet e lo sviluppo di nuovi media, ci siamo domandate come questi possano influire sul ruolo dell’educazione e della formazione degli adolescenti di oggi. Il nostro approccio non è stato teso alla demonizzazione dei media, ma piuttosto al voler cercare di capire il tipo di esposizione mediatica a cui siamo soggetti. Siamo difatti immersi un un’epoca definita “digitale”, dove i giovani stessi sono considerati dei “nativi digitali”. Per questo il nostro intento è stato innanzitutto quello di voler capire cosa veicolano questi nuovi mezzi, come lo fanno e, infine, di cercare di elaborare delle strategie per un utilizzo consapevole ed attento.

Inoltre, la tematica dei cambiamenti climatici ci sembrava fosse interessante da considerare anche da un punto di vista comunicativo. Per la prima volta nella storia, ogni popolo, cultura, gruppo etnico al mondo vivono nella presenza condivisa di un futuro che minaccia tanto il singolo individuo, quanto l’intera umanità. Studi condotti in diversi paesi del mondo concordano sul fatto che la fonte primaria del pubblico per conoscere i temi scientifici d’attualità non sono tanto l’istruzione ricevuta, la lettura di pubblicazioni o periodici specialistici o la comunicazione diretta (face to face) con altre persone, quanto piuttosto i mezzi di comunicazione di massa, primi fra tutti televisione , quotidiani e internet.

Proprio per questo abbiamo pensato che poteva essere interessante partire da qui e capire come i telegiornali, i quotidiani e le riviste on-line affrontassero il tema dei cambiamenti climatici: quali criteri di notiziabilità seguono le informazioni di questo tipo è stato l’interrogativo che ha mosso la costruzione delle attività.

Il progetto che abbiamo ideato ha preso il nome “La notizia oltre la notizia” e, nei mesi di febbraio e marzo 2015, abbiamo avuto modo di sperimentarlo in due istituti superiori di Torino, con un certo grado di soddisfazione.

Anche se l’obiettivo di questo breve scritto era quello di fare un piccolo resoconto dell’esperienza di Servizio Civile, cosa alla quale spero di aver, almeno in parte, adempito, vorrei comunque cogliere l’occasione per ringraziare tutte le persone che, durante l’anno passato insieme, ho avuto modo d’incontrare e conoscere. Grazie a loro ho affinato la mia “lettura”.

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