Il libro delle torri – Massimiliano Fortuna
Tiro fuori dalla biblioteca Civiltà sepolte di C.W. Ceram, lo straordinario libro che a metà del secolo scorso trovò un nuovo modo di raccontare l’archeologia, divulgando con scrittura incalzante ma sorretta da precisione scientifica, la passione e il mondo avventuroso dei pionieri che portarono alla luce e fecero conoscere grandiosi resti del passato umano.
Apro alle pagine della terza parte, Il libro delle torri, dedicato alla riscoperta, nel corso dell’Ottocento, delle vestigia di quelle antichissime civiltà che abitarono le terre fra il Tigri e l’Eufrate. Faccio tutto questo in un modo per certi versi meccanico, semplicemente ho cominciato ad avvertirne il bisogno, dopo aver visto per la terza volta in poche ore un servizio televisivo sulle distruzioni di Nimrud da parte dei miliziani dell’Isis.
Un personale atto di memoria archeologica mi è sembrato la risposta più immediata e più semplice a questi distruttori di memoria. Non si tratta che di un piccolo gesto individuale, eppure la lettura di quelle pagine mi trasmette una scossa di fiducia e un po’ di consolazione. I danni a quel patrimonio archeologico sono immensi, irreparabili. Mi convinco però che l’angusta idolatria dei loro devastatori non riuscirà a cancellare il profilo mentale di quelle pietre. Grazie a Botta, a Layard, a Meissner e a tanti altri la loro memoria si è ormai depositata in sedimenti profondi della storia dell’umanità. Forse, in questo caso, quella dei violentatori di antichissime pietre è una battaglia già persa in partenza.
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