Il bilancio sulle ‘guerre umanitarie’ per il generale Mini

Enrico Peyretti

Nell’ambito della Scuola per la Buona Politica, Torino (www.sbptorino.org), nel ciclo semestrale gennaio-giugno 2015, si affronta il tema Guerre di civiltà o civiltà della guerra? Il 15 gennaio ha tenuto la relazione di apertura il generale Fabio Mini, col titolo “Un bilancio sulle guerre umanitarie”.

Fabio Mini (1942) è militare e saggista. Ha prestato lunghi periodi di servizio negli Stati Uniti, in Cina, nei Balcani e nella Nato. È stato capo di stato maggiore di comando alleato del Sud Europa e comandante della forza internazionale di sicurezza in Kosovo. È consigliere scientifico di alcuni think tank sulla sicurezza. Collabora a riviste e quotidiani. Ha pubblicato, tra l’altro, da Einaudi, La guerra dopo la guerra (2003), La guerra spiegata a… (2013).

Dai miei appunti presi durante la conferenza riferisco alcuni passaggi.

La guerra è sempre la stessa. Cambiano solo gli strumenti.

C’è un grande inganno. Noi tutti siamo fatti strumenti di manipolazione della verità.

Lo “scontro di civiltà” è una stupidaggine utile. Tra le civiltà reali c’è sempre stata più collaborazione e scambi (culturali, artigianali, tecnici) che scontri.

In Kossovo 1999 noi siamo arrivati a provocare la separazione tra serbi e albanesi. I Balcani erano un insieme di civiltà.

La permanente logica cartesiana non vede che tutti i fattori (anche della guerra) si combinano non per leggi razionali, ma per dinamiche di caos strutturato.

La guerra è ingiusta in assoluto.

Cardine dell’Onu è la sovranità degli stati. L’ingerenza umanitaria la viola, col motivo di difendere i diritti umani, che sono violati dagli stati che si ingeriscono.

Non è più l’Onu che tiene l’ordine mondiale, ma lobbies, bande, stati-mafia, che si fanno le leggi da soli.

L’ingerenza umanitaria è una ideologia che permette all’Onu di aggredire. Il Consiglio di Sicurezza – dominato col diritto di veto dai vincitori della guerra 1939-45, che sono i massimi produttori di armi – può decidere la guerra. Così l’Onu è diventata per la guerra e non per la pace.

Il mercato è la nuova ideologia.

Clinton disse: “ Nella democrazia di mercato vince il più forte, e noi siamo il più forte”.

Niente di giuridico giustifica le guerre umanitarie. In cinquant’anni non ho visto una guerra che abbia rispettato le regole del diritto.

Afghanistan 1991: fu una guerra punitiva. L’Afghanistan era pronto a consegnare i capi di Al Qaeda. Quella guerra fu detta “giustizia infinita”.

Guantanamo voleva essere un modo “legale”, alternativo alla guerra al terrorismo. Ma violava il diritto americano. Dick Cheney (vice-presidente con Bush) ha ammesso davanti al Congresso di avere autorizzato la tortura.

È una mistificazione la “guerra al terrorismo”: questo è una ideologia, un sentimento. Semmai guerra a chi lo gestisce.

Tutti i paradigmi della strategia sono da rivedere: controllare le persone, non il territorio.

Chi c’è dietro il terrorismo? Due ore dopo l’impatto degli aerei contro le Due Torri, un agente mostrava la valigetta contenente i documenti e passaporti degli attentatori morti. Ora, a Parigi, gli assalitori hanno stranamente dimenticato i loro documenti sull’auto.

Rinunciamo a molte libertà per essere sicuri, ma non siamo sicuri. In Usa, io militare ho avuto paura della polizia. Se non sei vicino alle 20 famiglie di Boston che contano, non hai gli stessi diritti. Effetto del terrorismo è questa riduzione di libertà.

Paradigma delle guerre striscianti, che non scoppiano. Dall’82, Falkland, non è più scoppiata una guerra. Una esplosione si esaurisce, non continua indefinitamente. Ora l’Italia ha 30 azioni di ingerenza umanitaria in corso: non sono “guerre”.

Dentro la caserma di Nassirya si vide una bandiera della Repubblica di Salò.

Saddam invase il Kuwait (per una vecchia contesa territoriale e di sfruttamento del petrolio) dopo che l’ambasciatrice Usa, preavvertita, gli disse: “La considereremo una questione tra stati arabi”.

Una agenzia italo-statunitense inventò il fatto di neonati uccisi nella incubatrici dagli irakeni in Kuwait.

Hillary Clinton ha detto recentemente: “L’Isis ci è sfuggito di mano”. [Mini ha citato la fonte]. L’Isis serve all’Occidente per far vedere che esiste una guerra.

C’è la componente “occidentale” dell’Isis: vengono dai paesi occidentali dove hanno studiato. La prima generazione immigrata vorrebbe tornare a casa. La seconda generazione, se non si integra, si mette contro i padri perché non c’è più il paese d’origine.

Consiglieri della comunicazione nell’Isis sono occidentali. Hanno capito che Califfo non significa nulla: è il successore in linea diretta del Profeta, ma non ha territorio, non è politico. Hanno rapidamente cambiato: ora parlano di “stato”, che si capisce di più in Occidente.

Parlando di “stato islamico”, è tornata la guerra fra stati, vietata dall’Onu. Combattendo l’Isis lo legittimiamo come guerra fra stati.

L’Occidente non ha il valore della libertà, ma dell’individuo. Non ci colpisce la strage numerosa (come in Nigeria, Siria, Congo, …) ma quella dell’individuo, dei singoli individui.

I poteri occulti usano la guerra: 1) per rappresentarsi; 2) per spaventare i popoli; 3) per potere poi rassicurarli.

1 commento
  1. George
    George dice:

    Personalmente, credo che l'occidente abbia molte responsabilità. Per 20 anni circa ho studiato in scuole e con personaggi di un certo livello. Se vogliamo dirci le cose nel viso, questo è il risultato di decenni o forse secoli da parte dell'occidente. Ciò che accade adesso, lo mise chiaramente su carta il filosofo esoterista Renè Guenon. Quindi, basta con le ipocrisie, la responsabilità per non dire la colpa di tutto questo è in grande percentuale occidentale. Pronto a qualsiasi confronto. Maison de la rose Rouge

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