Brunetto Salvarani, Vocabolario minimo del dialogo interreligioso – Recensione di Cinzia Picchioni

cop_Brunetto Salvarani, Vocabolario minimo del dialogo interreligiosoBrunetto Salvarani, Vocabolario minimo del dialogo interreligioso, edb, Bologna 20082, pp. 120, € 12,30

Se ognuno è l’altro di qualcuno,

c’è sempre qualcosa di noi in bllo

nella storia altrui. E viceversa.

Basterebbe praticare il concetto che ho scelto per aprire la recensione di questa settimana (a p. 76 del libro), e si starebbe già iniziando a imparare il dialogo interreligioso. Al dialogo bisogna infatti essere educati, e, se possibile, autoeducarsi, perché abbiamo bisogno di un linguaggio rinnovato. E per imparare un linguaggio serve anche un vocabolario. Eccolo qua, con l’obiettivo umile di

[…] contribuire a tracciare le basi e i presupposti di un incontro serio tra donne e uomini di fede cristiana con donne e uomini di fede “altra” […] nella consapevolezza che tale incontro è ormai nelle cose, è indilazionabile e ineludibile […] cercheremo […] di stilare – in tutta semplicità – un primo “alfabeto del dialogo” per l’oggi del nostro paese, che si va scoprendo multireligioso, in funzione di un’auspicabile “pedagogia del dialogo” [per concludere] con l’augurio per la nascita di un cristianesimo capace di rielaborare convivialmente le diversità da sé – guardandole “con stima e rispetto””, pp. 14-6.

Come si impara dunque a dialogare?

Con l’aiuto di un po’ di sale…

Ci si conosce davvero, secondo un proverbio arabo, solo dopo aver mangiato un chilo di sale insieme: la strada della convivialità, come amava ricordare il vescovo “don” Tonino Bello, è forse la più diretta per mettere in contatto donne e uomini differenti…, p. 79.

di 7 parole…

Il segreto sta tutto nell’aggettivo minimo del titolo; il vocabolario è infatti composto di 7 parole, ciascuna accostata a un passo biblico che, come un’icona, ci guida a riprendere il tema trattato dalle Chiese cristiane: Una citazione fulminea, per esempio la prima: identità/differenza accostata al brano dell’incontro al pozzo fra Gesù e la samaritana. Le altre 6 sono empatia/passione; ascolto; conoscenza; decentramento; accoglienza/mitezza; racconto.

e di 4 modalità

Le modalità invece sono 4: il dialogo interreligioso può prendere queste 4 forme – secondo il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Il dialogo della vita; il dialogo delle opere; il dialogo degli scambi teologici; il dialogo dell’esperienza religiosa. Quest’ultima forma si esplica quando si vive dentro alla religione altra, calandosi con umiltà nel vissuto spirituale altrui. E già diversi sono gli esempi in questo senso realtà variegate quali la Comunità di Sant’Egidio, il Movimento dei Focolari, la Fraternità di Bose, il Segretariato Attività Ecumeniche e Pax Christi, p. 58. Si citano anche altre esperienze come quelle di Torino – il Centro Federico Peirone per lo studio e le relazioni con l’islam e il Centro interculturale –; di Roma – l’Assessorato alle politiche sociali –; e di Milano, con il cadr (Centro Ambrosiano di Documentazione per le Religioni) nato nell’89 su sollecitazione del cardinal Martini.

Secondo il cardinal Martini…

[] per poter praticare il dialogo occorre avere sincera simpatia per l’altro, avvicinarlo con fiducia, essere pronti a imparare da chiunque parli con sincerità e onestà intellettuale”, p. 57.

Insalata ecumenica

Dopo quella del sale ancora un’altra immagine “mangiabile”, offerta da un giovane scozzese all’assemblea di Sibiu (settembre 2007):

[…] ci siamo sentiti tutti ortodossi, tutti cattolici, tutti protestanti ed evangelici. Ma ciò non significa che siamo una “zuppa ecumenica”, dove tutti gli elementi sono mischiati in una salsa indistinta e omogenea: al contrario, la nostra comunione potrebbe essere descritta come una “insalata ecumenica”, dove tutti i diversi colori e i sapori […] possono essere meglio percepiti e gustati”, p. 33.

Una “charta”, altre indicazioni, e Edgar Morin

Non “magna”, ma “oecumenica”, è un documento firmato il 22 aprile 2001 a Strasburgo, su cui l’autore del libro presentato questa settimana ha scritto anche altro: Brunetto Salvarani, Charta Oecumenica una legge-quadro, in “Settimana” 23(2001) 16, 3. Insieme alla “charta” ci servono anche dei metodi, elencati fra le pp. 52 e 54: riconoscere che il dialogo – benché sia detto “interreligioso”, cioè “tra religioni” – avviene fra uomini e donne in carne e ossa, non fra entità; conoscere gli interlocutori, conoscersi a vicenda, compresi i testi delle reciproche religioni; lavorare insieme in un qualche settore, per risolvere problemi pratici; investire nella formazione dei giovani (laici e non) che stimolino e guidino le proprie comunità sul tema del dialogo:

[…] la formazione al dialogo dovrà diventare azione normale della formazione cristiana […] e […] avrà bisogno di una specifica attenzione, in una Chiesa finalmente capace di dialogo. Anche perché […] “senza dialogo, le religioni si aggrovigliano in se stesse oppure dormono agli ormeggi… o si aprono l’una all’altra, o degenerano” [quest’ultimo virgolettato è Raimon Panikkar, NdR]. E […] come ama ripetere con ottime ragioni Edgar Morin, “chi non si rigenera degenera””, p. 54.

L’intento del libro

È dichiarare che il dialogo interreligioso non è più un argomento solo ecclesiale, riservato agli esperti, e che il confronto fra le varie religioni deve diventare il cuore della pastorale in tutte le Chiese cristiane, fino a giungere a distinguere uomini “pensanti” e “non pensanti”, invece che “credenti” e non. Anche se il dialogo mette in crisi le Chiese, anche se il dialogo è ritenuto “più un pericolo che un’opportunità”, più da tenere distinto invece di sforzarsi per promuoverlo. Ma ormai, il libro ce lo ripete più volte: “All’alba del terzo millennio cristiano il dialogo non è dunque una scelta possibile fra le tante, ma l’unica risposta seria a quelle piccole concessioni alla barbarie a cui ci siamo lasciati andare, e un debito alla nostra umanità: “Il dialogo, inevitabile e indispensabile, non è solo un imperativo sociale, un dovere storico; è la consapevolezza che per essere noi stessi, semplicemente per essere, dobbiamo entrare in comunione con la terra sotto, gli uomini al nostro fianco e in alto i cieli”; queste sono parole di Enzo Bianchi e di Raimon Panikkar, riportate dalla p. 17 del libro presentato questa settimana. Enzo Bianchi è citato di nuovo, con un’altra azione molto pratica per educarci al dialogo interreligioso; ricordate? Mangiare insieme il sale, fare un’insalata e non una zuppa e ora ecco, anche lavarsi i piedi reciprocamente: Il dialogo percorre una traiettoria: inizia quando due uomini, incontrandosi, s’inchinano l’uno davanti all’altro e sono disposti a lavarsi i piedi l’uno all’altro (E. Bianchi, Da forestiero, Piemme, 1995, p. 60), qui a p. 43.

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