La Prima guerra mondiale continua ancora nel vicino Medioriente

Adel Jabbar

L’area del vicino oriente (comunamente e erroneamente chiamato medioriente) è stata uno degli scenari principali della Prima guerra mondiale. L’intervento dell’Impero Ottomano – che al tempo controllava quei territori a fianco dell’Impero Austro-ungarico e della Germani (gli Imperi centrali) – determinò enormi cambiamenti che ridisegnando nuovi asseti statuali e nuove aree di influenze.

All’interno dell’establishment ottomano c’ erano tre orientamenti riguardanti la scelta che avrebbe dovuto prendere l’impero relativamente alla propria collocazione nella guerra: la neutralità, l’adesione allo schieramento delle Potenze Alleate( sostenuta da esponenti che hanno avuto di esperienze di studio in Francia e Gran Bretagna) Entrambe le posizioni erano minoritarie mentre la maggioranza, che rappresentava la terza posizione, era propensa a far parte delle Potenze Centrali di conseguenza l’Impero ottomano scelse di aderire a questo secondo schieramento.

Su tale scelta pesò l’élite che ha studiato nelle accademie militari di Berlino. Inoltre l’Impero ottomano aveva dei forti conflitti sia con la Francia che aveva occupato le provincie ottomane del Maghreb Alarabi( Algeria, Tunisia e Marocco) e con La Gran Bretagna che occupò L’Egitto. Si tengano in considerazione anche la relazioni storicamente conflittuali con il vicino Impero Russo.

I motivi dell’adesione agli Imperi Centrali

1) L’impero ottomano considerava la Germania un paese in crescita, forte e avanzato, in grado di vincere la guerra e in tale caso sarebbe stato possibile recuperare Il territorio egiziano occupato dall’Inghilterra nel 1882.

2) L’influenza esercitata dalla potenza militare della Germania sui generali ottomani e in particolare sul allora ministro della guerra Anwar Basha.

3) Gli accordi di reciproca assistenza a difesa stipulati tra i due paesi.

4) L’alleanza dell’Impero Russo, nemico storico degli ottomani, con la Francia e la GranBretagna.

L’andamento della Guerra

Le forze armate ottomane erano impegnate nei combattimenti su quattro fronti.

1) Il fronte del Caucaso lungo il confine russo. Su questo fronte l’esercito ottomano attaccò per primo le linee russe avanzando all’interno del territorio dell’Impero senza però riuscire a occupare e controllare il territorio. Tuttavia l’esercito russo dopo essersi organizzato riuscii a far indietreggiare le forze ottomane entrando e occupando parte del territorio nemico, da cui si è ritirato solo dopo la rivoluzione di ottobre.

2) Il fronte iracheno che era minacciato dalla penetrazione delle forza armate del Regno Unito stanziate in India. Su questo fronte si trovavano i giacimenti petroliferi intorno alla città di Bassora nel sud Iraq e in Iran. La città venne occupata dagli inglesi che mentre cercavano di dirigersi verso Baghdad si scontrarono con reparti dell’esercito ottomano guidati dal generale tedesco Von Dier Goltz. In questi scontri gli inglesi subirono una pesante perdita. Nel 1917 l’esercito del Regno unito riprese la sua offensiva arrivando fino alla città di Mosul nel nord dell’Iraq, costringendo i generali ottomani a firmare una tregua secondo le condizioni dell’Inghilterra.

3) Il fronte dei Dardanelli, di fatto l’unico luogo in cui si registrò una vittoria delle forze ottomane. La Marina della Gran Bretagna aveva tentato di riaprire lo stretto dei Dardenelli per poter ripristinare i collegamenti con l’alleato russo. Il tentativo prevedeva l’occupazione della Capitale Istanbul al fine di spingere definitivamente l’Impero ottomano ad uscire dalla guerra. Tale tentativo fallì grazie alla resistenza dell’esercito ottomano che aveva alla guida un altro generale tedesco, Liman Von Sanders. La battaglia causò una grande perdita alle Forze Alleate.

4) Il fronte del Sinai da cui partirono le truppe ottomane con l’intento di conquistare il Canale di Suez, capeggiate dal Generale Jamal Pasha, a capo dell’esercito di stanze in Siria e Palestina. Questa iniziativa militare tendeva, in caso di successo, a interrompere i collegamenti delle forze alleate con la Penisola arabica. Su questo fronte le operazioni belliche videro prevalere le forze armate alleate sostenute dalle marine franco-inglese, le quali inflissero grandi perdite alle truppe ottomane, così costrette a ritirarsi fino a Gaza. Questa situazione indusse l’esercito britannico ad avanzare per poi occupare la Palestina e l’intera Siria. Tali operazioni furono condotte in collaborazione con gli alleati arabi guidati dall’Emiro Faysal Ibn Alsharif Hussien e dal suo assistente inglese Thomas Edward Lawrence.

Le conseguenze dell’entrata in guerra furono:

  • l’interruzione delle vie di comunicazione tra la Russia e gli alleati resero difficile il rifornimento di materiale bellico o di altri mezzi necessari per le operazioni militari;
  • la minaccia ai collegamenti britannici attraverso il canale del Suez cosi come ai rifornimenti petroliferi dai giacimenti in Iran;
  • l’occupazione della città di Bassora da parte della truppe inglese;
  • la dichiarazione da parte del Regno Unito che dichiara l’Egitto un protettorato inglese.

Una delle conseguenze principali della sconfitta dell’Impero ottomano fu la l’accordo segreto tra la Francia e Il Regno Unito per la spartizione dei territori dell’Impero denominato Sykes-Picot. L’accordo venne firmato il 16 maggio 1916 e cambiò definitivamente l’assetto geopolitico del vicino oriente, istituendo nuove configurazioni statuali che ancora oggi sono caratterizzate da forte fragilità politica e debolezza istituzionale.

Alla fine della guerra dei territori ottomani non rimase che la Turchia attuale, la quale abrogò il Calliffato proclamando la Repubblica e intraprese un radicale scelta laica per la vita politica e sociale.

Gli arabi e la guerra

Nel momento della partecipazione dell’autorità ottomana alla guerra il Sultano di Istanbul dichiarò al-Jihad contro gli alleati. Diversi fasce della popolazione araba aderirono ai proclami del Sultano volenti o nolenti. Si verificarono anche manifestazioni di disobbedienza, soprattutto nell’area siriana, causate dai tentativi di turchizzazione coercitiva della popolazione araba perpetuata dal governatore turco Jamal Pasha. Serpeggiava un sentimento nazionalista arabo anti turco, utilizzato poi dagli inglesi al fin di tessere una alleanza con Asharif Hussien e i suoi figli Faysale e Abdullah, che portò il 5 giugno 1916 alla rivoluzione araba sulla base della promessa dell’autorità britannica, mai mantenuta, di creare una grande regno arabo nei territori del vicino oriente. Ciò causò una divisione tra chi aveva scelto di schierarsi con gli alleati e che era rimasto a fianco degli ottomani.

Alla fine della guerra gli arabi dovettero confrontarsi con una deludente realtà, frutto di giochi decisi da altri e che rispecchiavano gli interessi e le prospettive delle potenze vincitrici: la Francia e la Gran Bretagna. Gli arabi non poterono che rassegnarsi a questo progetto, che li riportò a diverse entità statuali, divise per area di influenza: Giordania, Iraq e Palestina per l’Inghilterra, Siria e Libano per la Francia. Entità nate deboli e tali rimaste, dove l’unica permane da sempre l’instabilità che ancora oggi rappresenta la caratteristica prevalente.

In definitiva, guardando a quanto sta accadendo oggi in quell’area, crediamo che non sia azzardato affermare che la Grande Guerra in qualche modo continua a svolgersi nel vicino Oriente.

(intervento nel convegno “Nie wieder Krieg – Mai più la guerra”, Bolzano 3-5 ottobre 2014)


 

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