Discorso chiaro sugli Stati Uniti e l’Ucraina

Stephen Zunes

E’ stato interessante osservare  le moltissime persone che improvvisamente pensano di essere esperte della crisi in corso in Ucraina: sia quelle di sinistra che danno la colpa a Obama di  essere intervenuto troppo, che quelle di destra che danno la colpa a Obama di non essere intervenuto abbastanza.

In quanto persona che ha trascorso tutta la sua carriera accademica analizzando e criticando il ruolo degli Stati Uniti nel mondo, ho delle notizie: mentre gli Stati Uniti hanno avuto un impatto significativo (per lo più negativo, secondo il mio punto di vista) in un sacco di posti, non siamo onnipotenti. Ci sono limiti reali al potere americano, sia per il bene che  per il male. Non siamo responsabili di ogni cosa.

Questo è certamente il caso dell’Ucraina.

Illusioni di grandezza

A destra  abbiamo personaggi politici i quali sostengono che la presunta “debolezza” di Obama ha in un certo modo incoraggiato Mosca a intraprendere mosse aggressive contro la Crimea. Sarah Palin, per esempio, sostiene che il fallimento di Obama di reagire energicamente alla sanguinosa invasione della Russia in Georgia nel 2008, ha reso possibile la “invasione” della Russia, malgrado il fatto che allora Obama non era ancora presidente e perciò non aveva potuto fare molto.

Perfino alcuni Democratici, come il senatore del Delaware Chris Coons, sostengono che il fatto che Obama non abbia attaccato la Siria lo scorso autunno, ha fatto apparire deboli gli Stati Uniti.

In realtà, sembra esserci scarsa correlazione tra l’intenzione di Mosca di affermare il suo potere nelle zone nell’ambito delle sue tradizionali sfere di influenza e la persona che occupa la Casa Bianca: i Sovietici hanno invaso l’Ungheria nel 1956 quando Eisenhower era presidente; i Sovietici hanno invaso la Cecoslovacchia nel 1968 quando Johnson era presidente; i Sovietici sono riusciti a fare pressione per imporre la legge marziale in Polonia nel 1981 quando Reagan era presidente; i Russi hanno attaccato la Georgia quando Bush era presidente.

In ogni caso, per quanto queste amministrazioni si opponessero a queste azioni, si determinava che qualsiasi contromossa militare o aggressiva di qualsiasi tipo avrebbe probabilmente prodotto  più danni che  bene. Washington realisticamente non può fare di più per replicare al fatto che le truppe russe si impadroniscano della Crimea nel 2014 col motivo di proteggere le vite e le basi russe, di quanto non ha potuto fare Mosca per replicare al fatto che le truppe statunitensi avessero preso Panama nel 1989, col motivo di proteggere le vite e le basi americane.

C’è un punto di vista ugualmente non realistico della ipotetica onnipotenza americana di alcuni segmenti della sinistra quando sostengono che gli Stati Uniti erano in qualche modo responsabili dell’insurrezione popolare che il mese scorso ha rovesciato il regime di Yanukovich.

Prima di tutto, non è vero che il governo degli Stati Uniti “ha speso 5 miliardi di dollari per destabilizzare l’Ucraina”, come hanno sostenuto alcuni istigatori. Quella cifra è l’ammontare totale del denaro fornito al paese fino dal 1991, anno della sua indipendenza; questo comprende aiuti alle amministrazioni ucraine filo-occidentali (che presumibilmente gli Stati Uniti non avrebbero voluto destabilizzare). Come la maggior parte degli aiuti americani per l’estero, un po’ servivano per cose buone e un po’per cose non così buone.

C’era anche qualche finanziamento da parte della fondazione National Endowment for Democracy e di altre organizzazioni, a dei gruppi di opposizione che erano coinvolti nella recente insurrezione, ma si trattava di milioni di dollari, nulla remotamente vicino a 5 miliardi. E questi aiuti andavano principalmente a gruppi centristi, non all’estrema destra, quindi le affermazioni che gli Stati Uniti “appoggiavano i fascisti” in Ucraina è senza fondamento.

E’ anche ingiusto sottintendere che questi aiuti siano stati in un certo modo la causa dell’insurrezione, negando così  importanza ai milioni di ucraini che sono scesi nelle strade nel tentativo di determinare (nel bene e nel male) il loro proprio futuro. Sostenere che gli aiuti degli Stati Uniti siano stati responsabili della Rivoluzione Arancione del 2005 o della rivolta più recente, è ridicolo come le dichiarazioni del presidente Reagan negli anni ’80 che gli aiuti sovietici fossero responsabili delle rivoluzioni di sinistra in America Centrale.

L’insurrezione che ha deposto il presidente ucraino Viktor Yanukovich e suoi oligarchi filo-russi alleati non è stata una classica insurrezione nonviolenta favorevole alla democrazia come quelle che hanno rovesciato molte dittature in recenti decenni. Yanukovich era stato eletto democraticamente, e le forze che lo hanno rimosso comprendevano – anche se non ne venivano dominate – milizie armate neofasciste.

Allo stesso tempo, la corruzione incontrollata di Yanukovich, la repressione, le sue tattiche di dividi-e-comanda gli sono costate la sua legittimità agli occhi della maggioranza degli ucraini. I dimostranti erano principalmente democratici liberali che si impegnavano a legittimare atti di opposizione non violenta contro una severa repressione governativa; molti di loro avevano passato mesi a temperature glaciali, lottando per un’Ucraina migliore non dominata né dalla Russia né dall’Occidente. Etichettarli semplicemente come burattini di Washington è tanto ingiusto quanto etichettare i contadini rivoluzionar del Salvador come burattini di Mosca.

Allo stesso tempo, dato che il nuovo governo comprende oligarchi neo-liberali corrotti insieme ai rappresentanti dell’estrema destra, sarebbe ugualmente sbagliato ritenere che il cambiamento di governo rappresenti un qualche tipo di importante apertura democratica progressista. E il rifiuto dell’opposizione di rispettare l’accordo  del 21 febbraio che chiedeva elezioni anticipate e poteri presidenziali limitati, e di prendere direttamente il potere, fa sorgere domande riguardo alla legittimità del nuovo governo. Nel bene o nel male, tuttavia, e malgrado qualunque tentativo abbiano fatto le potenze occidentali per influenzare il risultato, il cambiamento di governo è sostanzialmente responsabilità degli ucraini, non dell’amministrazione Obama.

Mentre gli Stati Uniti e l’Unione Europea senza dubbio vogliono attirare l’Ucraina in una direzione filo-occidentale e i russi vogliono anche più disperatamente che l’Ucraina resti nella loro orbita, gli ucraini stessi – considerati i secoli di assoggettamento del paese – sono fortemente nazionalisti e non vogliono stare sotto il controllo della Russia o dell’Occidente. Avendo una popolazione di 45 milioni di abitanti e un’importante capacità agricola e industriale, non sono un paese che accetterebbe passivamente la dominazione straniera.

Proprio come l’azione militare degli Stati Uniti nel Medio Oriente allargato, con il motivo di proteggere gli americani dall’estremismo islamista, ha finito per  incoraggiare in gran parte l’estremismo islamista, così anche  le azioni militari della Russia fatte per il  motivo di proteggere i russi dagli ultra nazionalisti ucraini di destra, è probabile che incoraggeranno soltanto pericolose tendenze ultra-nazionaliste tra i russi o gli ucraini. I sondaggi dimostrano che la maggior parte dei russi nel caso migliore sono ambivalenti riguardo alle mosse del Cremlino in Ucraina. Azioni provocatorie da parte dagli Stati Uniti è più probabile che consolideranno l’appoggio alle azioni illegittime del presidente russo Vladimir Putin.

Un fattore che può aver motivato in parte le mosse della Russia in Ucraina, potrebbero essere stati i discorsi dei funzionari statunitensi di incorporare l’Ucraina nell’alleanza della NATO, una mossa che – data la storia di invasori stranieri che hanno conquistato la Russia attraverso l’Ucraina – sarebbe completamente inaccettabile per il Cremlino.

Tuttavia, le mosse della Russia in Crimea, potrebbero rendere questo scenario più probabile piuttosto che meno probabile. Per diminuire tali tensioni, perfino dei  “falchi” come gli ex Consiglieri statunitensi per la sicurezza nazionale, Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski, riconoscono i limiti del potere  americano in una situazione del genere e hanno proposto un compromesso per mezzo del quale all’Ucraina, come alla Finlandia durante la Guerra Fredda, sarebbe proibito di entrare in qualsiasi alleanza militare formale, alle zone di lingua russa sarebbe garantito un grado di autonomia.

Se, tuttavia, il presidente Obama dovesse considerare un tale compromesso, quasi certamente verrebbe attaccato non soltanto dai Repubblicani, ma anche dai  “falchi” che ci sono tra i  Democratici. In effetti, l’ex Segretario di Stato di Obama, Hillary Clinton, quando ha paragonato Putin ad Adolph Hitler, ha contribuito a un clima politico che rende più difficile la capacità dell’amministrazione Obama di accettare un tale compromesso.

La leadership degli Stati Uniti

Migliaia di soldati  russi  si sono mossi verso le basi russe in Crimea e, sotto il controllo russo, il parlamento della Crimea –  dominato da Russi nativi – ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza, e ha chiesto un referendum immediato per la riannessione della penisola alla Russia. Questa è una chiara violazione del Trattato di Budapest del 1994 – firmato da Russia, Ucraina, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Cina che garantisce, in cambio della rinuncia dell’Ucraina al suo arsenale nucleare, ereditato dall’Unione Sovietica, l’integrità territoriale del paese e promesse di garantire la sicurezza contro minacce o uso della forza.

Per esempio, il Segretario di Stato John Kerry, ha  criticato  le azioni di Putin in Crimea con la motivazione che  “Non si invade un altro paese con un falso pretesto, allo scopo di affermare i propri interessi,” aggiungendo che le azioni della Russia costituivano una violazione diretta, aperta, della legge internazionale.” Mentre questo è certamente un’affermazione di per sé valida, è un’ironia  che arrivi da un uomo che ha così vigorosamente sostenuto l’invasione illegale degli Stati Uniti in Iraq con il falso pretesto che Saddam Hussein avesse “armi di distruzione di massa.”

In effetti mentre Obama, e questo va a suo merito, si era opposto alla guerra in Iraq, il fatto che abbia dato incarichi importanti in politica estera nella sua amministrazione, a così tanti sostenitori di quella invasione e occupazione illegale, ha gravemente indebolito la capacità degli Stati Uniti di assumere la guida nella contestazione al Cremlino dei suoi eccessi unilaterali.

Analogamente, nel 2004, Kerry, Joe Biden e altri membri del Congresso che in seguito sono diventati funzionari di importanza fondamentale dell’amministrazione Obama, hanno appoggiato incondizionatamente il piano dell’allora primo ministro Ariel Sharon, di annettere a Israele grandi settori della Cisgiordania occupata ,una proposta denunciata dalle autorità legali internazionali di tutto il mondo, come annessione illegale. Questo rende molto difficile che l’amministrazione Obama venga presa sul serio quando denuncia l’illegalità del proposto referendum per far annettere la Crimea alla Russia.

C’è anche il fatto che l’amministrazione Obama sembra disponibile ad accettare l’acquisizione illegale del Sahara occidentale occupato (in base alla dubbia  proposta di “autonomia” della monarchia autocratica) in segno di sfida per la legge internazionale, una decisione storica della Corte Mondiale nel 1975, e di una serie di risoluzioni dell’ONU. Mentre sono nell’illegalità, i russi sono almeno disponibili a offrire al popolo della Crimea una scelta con un referendum. Al contrario, gli Stati Uniti, hanno lasciato cadere l’insistenza delle Nazioni Unite che ci sia un referendum nel Sahara occidentale occupato, apparentemente riconoscendo che la grande maggioranza dei residenti nel Sahara occidentale voterebbero per l’indipendenza.

Insomma, data la storia che hanno gli Stati Uniti di appoggio alle espropriazioni di terre dei loro alleati e data la loro storia di invasioni illegali,  agli Stati Uniti rimane poca credibilità di assumersi il ruolo di guida in questa crisi. Questo in nessun modo giustifica o minimizza la gravità dell’aggressione della Russia, naturalmente. Tuttavia sottolinea il fatto che la leadership internazionale non è soltanto una questione di essere “duri.” Significa essere disponibili a rispettare e a difendere  le stesse norme legali internazionali per se stessi e per i propri alleati così come si chiede di fare ai propri avversari. Fino a quando non ci sarà un cambiamento del genere nelle politiche, ci sarà poco che gli Stati Uniti potranno fare.


L’analista di Foreign Policy In Focus, Stephen Zunes, è professore di Politica e coordinatore degli Studi sul Medio Oriente all’Università di San Francisco.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org Fonte:http://zcomm.org/znetarticle/straight-talk-on-the-us-and-ukraine Originale : Foreign Policy In Focus Traduzione di Maria Chiara Starace

14 marzo 2014

http://znetitaly.altervista.org/art/14515


1 commento
  1. Giuseppe Fumarco
    Giuseppe Fumarco dice:

    Non sono assolutamente d'accordo con l'impostazione buonista e – sotto traccia – filo statunintense di questo Stepehn Zunes.. Non si può sempre procedere con la logica di "un colpo al cerchio e un colpo alla botte"!
    IN QUALCHE CASO (e, a mio modesto avviso questo è proprio uno di quelli), bisogna sceglire da che parte stare! Io sto con gli abitanti della Crimea e delle provincie orientali russofone alle quali pure spero si lascerà la scelta referendaria se continuarea stare con questa Ucraina filo occidentale o riconfermare la loro "asiaticità" russa.
    Beppe Fumarco

    Rispondi

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