Ci sono voluti decenni perché venisse rivelata la verità in Algeria. Quanto ci vorrà per la Siria?

Robert Fisk

Il Generale Jamaa Jamaa non era un uomo popolare a Beirut. Uno dei più importanti funzionari di intelligence della Siria in Libano fino al ritiro delle truppe di Bashar al-Assad nel 2005, aveva il suo quartiere generale nel cadente Hotel  Beau Rivage,  nella parte occidentale di Beirut e anche nella città di Anjaar, nella valle della Bekaa, dove venivano portati gli uomini libanesi per essere sottoposti a interrogatori e per venire fuori più tardi – o non venire fuori affatto – senza denti e senza unghie. Era un burocrate  leale e spietato per padre di Bashar, Hafez, e la sua misteriosa uccisione  avvenuta la settimana scorsa nella guerra siriana, non ha provocato lacrime a Beirut.

L’ONU aveva intervistato Jamaa sull’uccisione  dell’ex primo ministro libanese Rafiq Hariri il cui assassinio nel 2005 aveva provocato il ritiro delle truppe siriane dal Libano. Ma come è morto Jamaa? La televisione siriana di stato ha detto soltanto che è “morto come un martire nell’esercizio dei suoi doveri per difendere la Siria e il suo popolo e per perseguire i terroristi (sic) a Deir el-Zour.”

Tutti i tipi di gruppi ribelli – compresi, naturalmente, gli affiliati di al-Qa’ida ugualmente spietati – volevano aggiungere il suo nome alla lista delle loro “uccisioni”. E’ stato ucciso da un cecchino che gli ha sparato alla testa nella città petrolifera  della Siria Orientale. Ci hanno informato che è stato ucciso anche da una trappola esplosiva, e fatto saltare in aria da un attentatore suicida. Tutto quello di cui possiamo essere sicuri è il fatto che i suoi resti, così come erano, sono stati portati per la sepoltura sulle colline del villaggio sopra Lattakia dove era nato. Quanto tempo ci vorrà prima di sapere la verità?

Mi ha portato a fare questa domanda la segretezza che ancora copre la guerra di indipendenza  Franco-Algerina del 1954-1962 dove un crudele regime francese di occupazione ha combattuto una guerra contro una resistenza algerina  ugualmente crudele e determinata, guidata essenzialmente dal Fronte di Liberazione Nazionale, l’FLN. Gli ufficiali francesi si concedevano un’orgia di  torture mentre  gli algerini si massacravano tra di loro – così, come i francesi – in una purga di tipo stalinista di migliaia dei loro stessi seguaci sospettati di collaborare con l’occupazione francese.

Per decenni i francesi si sono rifiutati di discutere questa guerra – la più disonorevole di tutte – censurando i loro stessi programmi televisivi se osavano parlare di tortura – mentre la successiva dittatura dell’FLN pubblicava soltanto resoconti infantili sull’eroismo dei loro ufficiali “martiri”. I francesi, vedete, combattevano il “terrorismo”. L’FLN combatteva un regime gollista brutale.

I paralleli non sono esatti, naturalmente. Nei mesi scorsi, però, un fenomeno notevole ha fatto la sua comparsa in Algeria. Tanti anziani  partigiani algerini del conflitto che è terminato oltre mezzo secolo fa, sono apparsi in piccole case editrici ad Algeri e a Orano con manoscritti privati contenenti resoconti spaventosi della guerra selvaggia nella quale hanno combattuto e nella quale i loro ufficiali torturavano, massacravano e assassinavano i loro compagni. Anche i gruppi rivali della resistenza algerina – non diversamente dal Libero Esercito Siriano e dai loro nemici islamisti ribelli della Siria del nord di oggi, si sono massacrati reciprocamente.

Prendete, per esempio, la morte di Abane Ramdane. “Architetto” della rivoluzione algerina, amico del filosofo e rivoluzionario francese Franz Fanon, organizzatore del Congresso di Soummam  che ha creato la prima dirigenza indipendente dell’Algeria nel 1956, Ramdane, un uomo entusiasta della sua personalità quasi quanto della rivoluzione priva di classi che aiutava a iniziare – è stato assassinato in Marocco l’anno seguente, presumibilmente dai francesi.

Per decenni è stato glorificato come un martire che era morto “sotto le pallottole francesi”. Ma ora un ex membro dell’FLN ha osato indicare  i nomi dei suoi veri assassini: Krim Belkacem, capo del distretto amministrativo 3 dell’FLN  e poi ministro della difesa e degli affari esteri nel governo di recente indipendente dell’Algeria; Abdelhafid Boussouf, il violento “padre dell’intelligence” di tutti i distretti algerini, che ha condannato a morte molti dei suoi compagni; e Lakhdar Ben Tobbal, un comandante guerrigliero che in seguito ha negoziato con i francesi a Evian.

C’è poi la figura sinistra di Si Salah, il capo del distretto amministrativo 4, che è stato persuaso dall’intelligence francese – sebbene lui non lo sapesse – che centinaia dei suoi uomini erano collaborazionisti. Su istruzioni personali di Si Salah, quasi 500 dei suoi camerati sono stati torturati a morte o giustiziati. Si Salah, però, timoroso che l’ala militare dell’FLN potesse essere sconfitta dai francesi, ha aperto segretamente dei negoziati con de Gaulle ed è stato lui stesso assassinato, probabilmente dai francesi, ma quasi certamente dall’FLN. Il giornalista investigativo francese, Pierre Daum, ha parlato di “estrema timidezza degli storici algerini”, e ha raccontato come un editore algerino dicesse che gli mancava il coraggio di stampare un libro sull’infiltrazione dell’FLN.

“Nel 2005, questo tizio è venuto a trovarmi,” l’editore ha detto a Daum. “Ho rifiutato il suo manoscritto perché era pieno di nomi, ‘X ha torturato Y’, e così via. Immagina i figli di un ‘martire’ che credono che il loro padre fosse morto sotto il fuoco francese – che scoprono che era perito per le torture algerine!”

La vera storia della guerra algerina molto più recente – tra gli islamisti e il governo, negli anni ’90, (morti totali 250.000, centomila di più di quelle in Siria oggi) – non può essere ancora raccontata dagli storici algerini. Si è lasciato ai romanzieri algerini attuali il compito di nascondere i fatti in opere di fantasia per rivelare  le verità di questo terribile conflitto. Un racconto del genere – un vero incidente – è ricordato in un romanzo.

Sembra che si sia scoperto che  un giovane ufficiale dell’esercito algerino aveva denunciato  i suoi compagni a degli islamisti ribelli. Sua moglie e i suoi bambini sono stati convocati dal loro villaggio e portati con un elicottero militare sul brullo versante collinare dove il soldato era trattenuto. E lì, davanti alla sua famiglia, l’uomo è stato legato a un albero, cosparso di benzina e bruciato vivo.

Quanto tempo dobbiamo quindi aspettare per sapere i segreti sepolti sotto le macerie della guerra siriana?


Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org./it-took-decades-for-truth-to-be-revealed-in-algeria-how-long-will-i-take-syria-by-robert-fisk

Originale: The Indipendent Traduzione di Maria Chiara Starace

21 ottobre 2013

http://znetitaly.altervista.org/art/12807


 

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