«Se Obama ormai è cauto va ringraziato Putin» – Patricia Lombroso intervista Richard Falk

«Una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla Siria con invocazione del Capitolo VII, che preveda l’uso della forza, vale a dire l’intervento militare di Usa e Francia, come hanno cercato di fare fino all’ultimo momento, sarebbe stato ed è totalmente illegale rispetto al diritto internazionale. Non solo viola i termini dell’accordo raggiunto fra Russia e Stati Uniti per l’eliminazione dell’arsenale chimico siriano, accordo che coinvolge come interlocutore Damasco. Ma costituisce, per il solo fatto di essere “minacciato” un abuso di esercizio di potere che viola i principi fondamentali dello Statuto delle Nazioni Unite».

Così Richard Falk (nella foto), professore emeritus di diritto internazionale a Princeton e speciale Rapporteur per i diritti umani sulla Palestina all’Onu, denuncia al manifesto «l’ipocrisia dei leader occidentali».

Perché insistendo sul Capitolo VII, sarebbero saltati gli accordi fra Russia e Stati Uniti realizzati con l’obiettivo dell’eliminazione dell’arsenale di armi chimiche?

L’accordo a livello internazionale fra il ministro degli esteri russo Lavrov e il segretario di stato Usa Kerry ha come traguardo l’eliminazione delle armi chimiche in Siria senza indicazione di responsabilità per l’eccidio mostrato su cui hanno indagato gli ispettori Onu senza indicarne le responsabilità e prevede dettagli e clausole di procedura che devono essere eseguite. È soltanto in violazione di queste clausole contenute nell’accordo che sarebbe stato possibile invocare l’appello all’uso della forza, non il contrario; e comunque la decisione è del Consiglio di Sicurezza, dove ciascuno dei 5 membri ha il diritto di apporre il proprio veto a tale Risoluzione. In nessuna circostanza è consentito dallo Statuto delle Nazioni Unite che singoli stati o associati, anche quel del Consiglio di sicurezza stesso, possano aggirare a loro piacimento questa procedura. Altrimenti l’abuso di potere e l’illegalità diventerebbero la base di ogni intervento militare.

Come è stato nel 1999 per il Kosovo, dove intervenne la Nato contro la volontà dell’Onu per la cosiddetta «guerra umanitaria». Quanto pesa negli Stati uniti – come ha dimostrato l’impazienza della democratica Hillary Clinton e del repubblicano John McCain e in occidente l’ideologia della «guerra umanitaria»?

L’ideologia dell’interventismo militare a scopo «umanitario» resta una costante degli Stati uniti e di tutto l’Occidente, è una sorta di pratica che cancella qualsiasi possibilità della diplomazia. Un criterio che, a ben vedere, costituisce una subdola minaccia per il mondo intero e per la stessa America. Ne consegue che l’ideologia dell’interventismo militare, che nulla ha a che vedere con l’«umanitario», è presente in entrambi i partiti americani, sia democratico che repubblicano. Entrambi lontani dal sentire comune della popolazione che, dopo tanti inganni, non sopporta altre guerre, visti anche i risultati fallimentari in Iraq, in Afghanistan e in Libia. Per la Siria poi non hanno mai compreso il valore strategico e di sicurezza di una tale scelta. Il disegno di dominio globale americano è destinato a generare ogni tipo di resistenza con varie forme nel mondo postcoloniale. L’America potrebbe con un intervento militare in Siria riportare una vittoria sul campo, ma potrebbe perdere una guerra di piu vasti proporzioni in tutto il Medio Oriente.

Crede che il timore di una deflagrazione di tutto il Medio oriente possa aver influito sulle più caute scelte di Obama?

La marcia indietro di Obama sull’opzione militare in Siria è dovuta in parte all’opposizione alla guerra dell’opinione pubblica americana e mondiale. Ma c’è reticenza ad ammetterlo. Altro fattore importante, dopo i fallimenti in Iraq, Afghanistan e Libia, Obama ha percepito che una volta scatenato un intervento militare nella regione, non sarebbe stato evidente il fine «umanitario». Obama non è stato in grado di avere consenso né a livello congressuale né all’Onu. Ha capito che una nuova guerra non avrebbe fiaccato Assad né avrebbe cambiato il corso della guerra civile, se non in peggio sostenendo i qaedisti. Il fatto rilevante in questo contesto è che il salvataggio di Obama è da attribuire a Putin. Davvero una ironica svolta storica.

il manifesto, 28 settembre 2013

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