Siria: Tre livelli di conflitto. Soluzioni? – Johan Galtung

Sembra che si possa scomporre il rompicapo siriano in tre livelli.

In cima vi è il conflitto su chi dovrà governare in Siria: la minoranza shiita cui appartiene Assad, il 13%, per di più alawita – o preferibilmente il partito del Baath, più secolare, socialista-dittatoriale, ripettoso delle altre minoranze (cristiani, armeni, “assiriani”, drusi, kurdi, turcomanni) – o una maggioranza sunnita, il 73%, dittatura che non mostra questa forma di rispetto. Entrambi i gruppi combattono con brutalità; la lista dei crimini è lunga per tutti e due gli schieramenti, e il mondo sta osservando l’insostenibile sofferenza del popolo siriano, dovuta altresì all’impiego del gas nervino.

Nel mezzo, poi, c’è il consueto gioco di geopolitica di stati e regioni. Sullo sfondo ci sono grandi alleanze: i 28, per di più piccoli, stati NATO contro i 6, più grandi, paesi SCO1Shangai Cooperation Organization (Organizzazione per la Cooperazione di Shangai) (1)–, con due enormi paesi al suo interno. I cinque paesi parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, detentori del potere di veto, sono apertamente coinvolti – USA, Regno Unito, Francia, Russia e Cina, e Turchia, a causa dei loro interessi economici, militari e politici, e ne stanno paralizzando il funzionamento (come è avvenuto da parte degli USA che ha impedito una Risoluzione dopo il bombardamento di Damasco nel febbraio 2013).

E infine, al fondo, che alimenta tutto il resto, la presenza di due fondamentalismi culturali e religiosi. C’è il fondamentalismo islamico nella divisione tra shiiti e sunniti, con Iran e Hezbollah. Probabilmente più importante è la posizione anti-secolare-socialista/Baath delle monarchie arabe. Si aggiunga la concezione giudaico-cristiana del popolo eletto che affligge Israele e gli USA, detentori non del diritto, ma del dovere di imporre la loro volontà, concessagli da Dio, sugli altri. Sono due elementi dello stesso genere, uniti in quella fede, con il più piccolo che la fa da padrone (letteralmente, “la coda che muove il cane”) e Obama in veste di quel qualcosa di fronte a cui scodinzolare (letteralmente, colui che “lega la coda al cane”), per proteggere non solo Israele- Giordania, ma anche il suo eccezionalismo.

Come possiamo affrontare questo complesso conflitto travolgente per cercare delle soluzioni che possano essere accettabili e sostenibili? Come dobbiamo riflettere?

I fondamentalisti del conflitto suggerirebbero di partire dal fondo: affrontiamo il nocciolo fondamentalista di questo rompicapo, cominciamo dal fondo, e il resto seguirà. Rendiamo l’Islam più tollerante e Israele e gli USA meno eccezionalisti.

Altri diranno che non possiamo aspettare, perché nel frattempo la lotta di potere dentro e fuori la Siria, e insieme la sofferenza, continuerebbero.

Putin fa il suo ingresso e con un colpo di genio diffonde un po’ di luce su tutto il complesso: concentriamoci meno su chi ha commesso che cosa e di più sul gas stesso. Disfiamocene, con la distruzione e/o con lo stoccaggio in un posto sicuro. Ha dell’incredibile: cooperazione geopolitica in primo piano, un focus su armi e violenza più che sugli attori – con uno di loro solitamente visto come il diavolo – spianando la strada per un cessate-il-fuoco in Siria. Ma i fondamentalismi?

Egli si è esplicitamente rivolto all’eccezionalismo americano e a costruttori disonesti di quell’impero gravemente ferito, che hanno cercato di colpirlo riferendosi a lui come attore del KGB. Putin, però, affronta l’intrattabile livello di fondo padroneggiando il primo livello e quello di mezzo. Guarda che il tuo approccio violento proprio non funziona!

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, se non fosse un fantoccio USA, avrebbe dovuto affermarlo molto tempo fa. Una possibilità per Hammnarskiöld, per un U Thant.

Ma vi sono dei problemi. Che il regime di Assad abbia depositi di armi chimiche da essere dichiarati, ispezionati e gestiti come parte di un processo multilaterale di verifica, è ovvio. Ma possono esserci altri depositi in mano altrui, addirittura in paesi vicini, dove le armi siano state facilmente contrabbandate. Crediamo davvero che il regime di Assad abbia ordinato un attacco col gas, ben consapevole della linea rossa, senza che la Casa Bianca abbia prodotto prove persuasive? Oppure crediamo che qualcun altro abbia lanciato l’attacco per scatenare vaste ritorsioni contro Assad? L’ultima ipotesi sembra più plausibile, quindi qualunque approccio sensato per eliminare il gas deve affrontare entrambe le ipotesi, durante negoziati riservati.

L’attenzione posta sul gas da parte russa ha consentito di liberare l’America dall’impaccio. L’ attacco degli USA non ha trovato sostegno da parte di nessuno, tranne Israele che vuole la Siria smembrata in quattro parti e quella shiita occupata. Non dalla NATO, non dall’opinione pubblica americana, non dai vertici militari USA, non dal Congresso, incapace com’è di unirsi su praticamente nulla di quanto sta tormentando attualmente il loro paese, non dalla “speciale relazione” con il Regno Unito, con il Parlamento contro: 285 contro 272. La tesi di McNamara, “gli USA non vogliono agire da soli”, piace solo alla Casa Bianca.

In questa storia di una regione straordinariamente complessa, con la Siria attuale risparmiata dall’imperialismo occidentale, dove troviamo ispirazione per una soluzione? Ogni potere ha lasciato il proprio segno, la propria fede, la propria nazione dietro di sé, in quello che è diventato un ricco crocevia – per i cristiani sulla strada di Damasco (Saulus = l’Apostolo Paolo), per i musulmani sulla strada per la Mecca (l’hajj). Una storia incredibile. Il califfato Umayyad ha avuto breve durata, 661-750 dC, ma divenne il più grande impero del suo tempo e di sempre, essendosi esteso a Est e a Ovest, lungo il Nord Africa fino in Spagna sino al 1492, e diffondendo l’Islam ovunque. Ma nel 750 venne spodestato da quello che divenne il califfato Abassid, con capitale Baghdad, rovesciato a sua volta quando Baghdad venne saccheggiata da Hulegu il Mongolo, il 10 febbraio 1258. Pertanto, una maggioranza sunnita in Siria vicino a una maggioranza shiita in Iraq resuscita anche rivalità storiche che il partito Baath aveva cercato di appianare.

La luce proviene da quattro secoli di Impero Ottomano, 1516-1916, sino al tradimento dell’Occidente. Era popolato da musulmani sunniti rispettosi delle minoranze arabe e religiose, a quel tempo composte da musulmani shiiti, ortodossi greci, maroniti, armeni ed ebrei – ognuno costituente un millet2 con notevole autonomia. Diritti umani molto prima de “i Diritti Umani”. Erdögan avrebbe fatto meglio a non esporsi all’interno del gioco geopolitico, basandosi di più sulla sofisticatezza ottomana. Ancora di più ora che l’oleodotto Nabucco, che dal Mar Caspio giunge nell’ Europa del Sud attraverso la Georgia e la Turchia, trasportando combustibile fossile certificato non-russo e non-shiita, sembra sgretolarsi.

Da vari anni, in questa rubrica abbiamo argomentato a favore di un Parlamento di due Camere in Siria, con un Camera Alta rappresentativa di 8 o più nazioni – come i millet ottomani – e un governo di coalizione. Assai lontano dalle “soluzioni progressiste” USA, le nostre si basano sull’incriminare invece che sull’uccidere il regime, con Assad processato dalla Corte Penale Internazionale (escludendo gli americani), ecc.

Si faccia tutto questo e quel che rimane è l’intero conflitto siriano. Si costruisca in queste due direzioni e le vie verso le soluzioni non saranno più nascoste nel buio.

 

16 settembre 2013

Traduzione di Silvia De Michelis per il Centro Studi Sereno Regis.

Titolo originale: Syria: Three Conflict Levels, Solutions?

http://www.transcend.org/tms/2013/09/syria-three-conflict-levels-solutions/

NOTE

1 Cina, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Russia, Tajikistan, Uzbekistan (NdT).

2 Questo termine indica le comunità confessionali presenti nell’Impero Ottomano. Si riferisce a un sistema legale di Corti separate a cui ciascuna comunità apparteneva a seconda della propria confessione e grazie al quale esse potevano autoregolarsi. In epoca pre-moderna il sistema dei Millet appartenente al sistema legale islamico è un esempio di pluralismo religioso (NdT).

 

 

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