11 settembre, partizione della Siria, colloqui sul Medio Oriente compromessi dagli USA

Amy Goodman, Noam Chomsky

Amy Goodman intervista Noam Chomsky […paragrafo omesso: presenta Noam Chomsky e sintetizza l’intervista che segue…]

AMY GOODMAN: Il nostro ospite per quest’ora è il professor Noam Chomsky. Nel 2007, Noam, Democracy Now! ha intervistato il generale Wesley Clark, il generale pensionato a quattro stelle che era il comandante supremo della NATO durante la guerra del Kosovo. Il generale Clark ha descritto come un ufficiale non nominato del Pentagono, appena dopo gli attacchi dell’11 settembre, aveva parlato di un documento che affermava che gli Stati Uniti avevano programmato di far fuori sette paesi in cinque anni, Siria compresa.

GENERALE WESLEY CLARK: Circa dieci giorni dopo l’11 settembre ho visitato il Pentagono e ho incontrato il Segretario Rumsfeld e il Vicesegretario Wolfowitz. Sono sceso al primo piano giusto per salutare alcuni dei membri del personale congiunto che aveva lavorato per me e uno dei generali mi ha chiamato nel suo ufficio. Ha detto: “Signore, deve entrare a parlare con me un secondo”. Io ho detto: “Beh, lei è troppo occupato”. Ha detto: “No, no”. Dice: “Abbiamo preso la decisione di entrare in guerra con l’Iraq”. Era il 20 settembre o giù di lì. Ho detto: “Entriamo in guerra con l’Iraq? Perché?”. Lui ha detto: “Non lo so”. Ha detto: “Immagino non sappiano cos’altro fare.” Così io ho detto: “Beh, hanno scoperto informazioni che collegano Saddam ad al-Qaeda?” Lui ha detto: “No, no”. Dice: “Non c’è nulla di nuovo al riguardo. Hanno semplicemente deciso di dichiarare guerra all’Iraq.” Ha detto: “Immagino sia, tipo, che non sappiamo cosa fare a proposito dei terroristi, ma abbiamo un buon esercito e siamo in grado di abbattere governi.” E ha detto: “Immagino che quando l’unico attrezzo che hai è un martello, ogni problema deve sembrare un chiodo”.

Così sono tornato alcune settimane dopo e all’epoca stavamo bombardando in Afghanistan. Ho detto: “Stiamo ancora per entrare in guerra con l’Iraq?”. E lui ha detto: “Oh, è anche peggio”. Ha detto … si è chinato in avanti sulla scrivania. Ha raccolto un pezzo di carta e ha detto: “Ho appena ricevuto questo da sopra”, intendendo dall’ufficio del segretario alla difesa, “oggi”. E ha detto: “E’ un documento che descrive come faremo fuori sette paesi in cinque anni, cominciando con l’Iraq, e poi Siria, Libano, Libia, Somalia, Sudan e, per finire, Iran.” Ho detto: “E’ segreto?” Ha detto: “Sì, signore.” Ho detto: “Beh, non me lo mostri.” E l’ho rivisto un anno fa, o giù di lì, e ho detto: “Si ricorda?” Ha detto: “Signore, io non le ho mostrato quel documento, non gliel’ho mostrato!”

AMY GOODMAN: Era il generale Wesley Clark. Lo stavo intervistando alla novantaduesima strada Y, qui a New York, nel 2007. Professor Noam Chomsky, potrebbe commentare?

NOAM CHOMSKY: Beh, penso sia parecchio plausibile. L’amministrazione Bush ha virato leggermente, non molto, ma leggermente, dallo schema generale. In realtà l’obiettivo della politica statunitense da decenni è il controllo e il dominio di quei paesi. Ma l’amministrazione Bush è stata più estrema. Ha pensato che poteva in realtà proprio, come hanno detto, “farli fuori” e imporre con la forza i propri regimi; non che sarebbe stato qualcosa di nuovo. C’è una lunga lista di casi simili, risalendo all’Iran nel 1953, al Guatemala nel 1954. C’è stato un assalto, una grossa aggressione all’Indonesia nel 1958, un tentativo di spogliarla delle isole esterne dove si trovano le risorse, perché erano preoccupati di troppa indipendenza in Indonesia. Hanno fallito. L’invasione di Cuba è fallita. L’assassinio di Lumumba, in cui gli Stati Uniti sono stati coinvolti, in Congo, ha distrutto la maggior speranza di sviluppo dell’Africa. Il Congo oggi è un’assoluta storia dell’orrore, da anni. Gli Stati Uniti hanno appoggiato la dittatura di Mobutu. Oggi è forse il posto peggiore del mondo. E via avanti, caso dopo caso. E’ la politica statunitense standard. L’amministrazione Bush si è spinta oltre. Sono stati più estremi nei loro obiettivi e nelle loro azioni. E hanno dovuto far marcia indietro perché era semplicemente oltre le capacità degli Stati Uniti.

La guerra in Iraq è stata una sconfitta molto grave per gli Stati Uniti, diversamente dalla guerra del Vietnam. Nel caso dell’Indocina la chiamano sconfitta, ma ciò significa soltanto che gli Stati Uniti non hanno ottenuto i loro obiettivi massimi. Ma hanno conseguito i loro obiettivi principali, come ha capito bene McGeorge Bundy. Hanno impedito che il Vietnam si avviasse a uno sviluppo indipendente, cosa che avrebbe potuto avere questo effetto contagioso di cui si preoccupava Kissinger. Come si diceva all’epoca, una mela marcia può rovinare l’intera cesta, intendendo semplicemente quello che dicevano Arthur Schlesinger e altri. Se permetti che l’indipendenza prenda in mano le cose in un posto, e funziona, altri cercheranno di copiare e il sistema si eroderà; un principio standard per i sistemi di potere. Il padrino della mafia lo capisce perfettamente. Nel sistema mafioso se qualche negoziante decide di non pagare la protezione, i soldi possono non significare assolutamente nulla per il padrino, ma non gli permetterà di farla franca. E in realtà non si limiterà a mandare i suoi gorilla a prendersi i soldi; lo farà picchiare a sangue, perché gli altri devono capire che la disobbedienza non è tollerata. Negli affari internazionali la chiamano ‘credibilità’. Il bombardamento del Kosovo da parte di Wesley Clark è stato la stessa cosa. Dopo ci sono stati altri pretesti, ma sono crollati e quello finale, come dissero Tony Blair e George Bush, fu che dobbiamo difendere la credibilità della NATO. La NATO aveva emesso editti e noi dovevamo assicurare che fossero obbediti. E la NATO, naturalmente, non significa la Norvegia; significa gli Stati Uniti. Il padrino …

AMY GOODMAN: Noam?

NOAM CHOMSKY: Sì.

AMY GOODMAN: Se posso interromperla un minuto vorrei chiederle le sue riflessioni su questo anniversario dell’11 settembre, 2001, gli attacchi qui, negli Stati Uniti. Le sue riflessioni su questo anniversario e su come si rapporta con la Siria e il Medio Oriente e cosa occorre fare ora.

NOAM CHOMSKY: Risponderò a questo, anche se io … la mia idea è che dovremmo concentrarci sul primo 11 settembre, quello in Cile, che fu un attacco molto peggiore, in molte dimensioni. Ma quello qui è stato molto significativo. E’ stato un grande attacco terroristico, migliaia di persone uccise. E’ la prima volta dalla guerra del 1812 che il territorio statunitense è stato attaccato. Gli Stati Uniti hanno goduto di una notevole sicurezza e questo, perciò, è stato – a parte l’orribile atrocità – un evento molto significativo, storico. E ha cambiamo in modo molto considerevole gli atteggiamenti e le politiche negli Stati Uniti. In reazione a questo il governo è stato in grado di forzare l’approvazione di leggi, la legge PATRIOT, altre, che hanno fortemente limitato le libertà civili. E’ stato in grado di avere un pretesto per l’invasione dell’Afghanistan, l’invasione dell’Iraq, la distruzione dell’Iraq.  Le conseguenze si sono estese a tutta la regione. E’ la base per la massiccia campagna terroristica di Obama, le guerre dei droni, la campagna terroristica più estrema in corso oggi, forse la più estrema della storia. E la giustificazione di essa è la stessa: il secondo 11 settembre, l’11 settembre 2001. Dunque sì, ha avuto effetti enormi sulla società, sugli atteggiamenti, sulle politiche. Molte vittime in tutto il mondo possono testimoniarlo.

AMY GOODMAN: Come pensa si risolverà la situazione in Siria? E ora può collegarla alla più vasta crisi in Medio Oriente? Ci parli di Israele e Palestina. Ci parli del rapporto degli Stati Uniti con l’Iran e del rapporto con l’Arabia Saudita.

NOAM CHOMSKY: Beh, la Siria oggi sta precipitando nel suicidio. Se le opzioni negoziali che stanno sollecitando Lakhdar Brahimi e la Russia non funzioneranno, la Siria si sta dirigendo a una specie di partizione molto sanguinosa. E’ probabile che le aree curde, che sono già semi-indipendenti si avvieranno a una maggiore indipendenza, probabilmente si collegheranno al Kurdistan iracheno, adiacente a esse; forse faranno qualche accordo con la Turchia – sono già in corso – e il resto della Siria, quello che ne rimane, sarà diviso tra un regime sanguinario e omicida di Assad e un insieme di gruppi ribelli di vario genere, dai democratici laici ai brutali terroristi assassini. Il futuro della Siria appare questo.

C’è un’altra parte della Siria di cui non si parla. E’ occupata da Israele e annessa da Israele. Sono le Alture del Golan, annesse in violazione di esplicite ordinanze del Consiglio di Sicurezza di non annetterle. Qui la credibilità non c’entra, perché Israele è un alleato. Dunque quella è un’altra parte della Siria.

Questo ci porta al conflitto israelo-palestinese. Solo un paio di giorni fa il Segretario di Stato Kerry si è appellato all’Unione Europea perché continui ad appoggiare i progetti criminali e illegali israeliani di insediamenti nella West Bank … non è stato detto in questi termini, ma il modo in cui è stato formulato è che l’Unione Europea aveva fatto un passo molto appropriato nel cercare di ritirare il proprio sostegno alle operazioni israeliane negli insediamenti illegali; per inciso che quegli insediamenti siano illegali non è nemmeno in discussione. E’ stato stabilito dalle autorità più elevate, dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dalla Corte Internazionale di Giustizia. In realtà, fino all’amministrazione Reagan, anche gli Stati Uniti li definivano illegali. Reagan ha modificato la definizione in “un ostacolo alla pace” e Obama l’ha ancor più affievolita dichiarandoli “non utili alla pace”. Ma gli Stati Uniti sono virtualmente soli in questo.  Il resto del mondo accetta il giudizio del Consiglio di Sicurezza, della Corte Internazionale di Giustizia, che gli insediamenti sono illegali; non solo l’ampliamento degli insediamenti, ma gli insediamenti stessi. E l’Europa ha ritirato il sostegno agli insediamenti e Kerry ha chiesto all’Europa di non farlo, perché il pretesto è stato che ciò interferirebbe con i cosiddetti negoziati di pace che lui ha creato e che sono una farsa totale. Voglio dire: i negoziati di pace sono condotti in base a precondizioni, precondizioni imposte dagli Stati Uniti, il che ne garantisce virtualmente il fallimento. Ci sono due precondizioni base. Una …

AMY GOODMAN: Abbiamo quindici secondi.

NOAM CHOMSKY: Pardon?

AMY GOODMAN: Abbiamo quindici secondi.

NOAM CHOMSKY: Oh, d’accordo. Una precondizione è che siano gli Stati Uniti a gestirli. Gli Stati Uniti sono parte in causa, non neutrali. L’altra è che l’espansione degli insediamenti israeliani deve proseguire. Nessun negoziato di pace può continuare in base a queste condizioni.

AMY GOODMAN: Bene, Noam, vogliamo ringraziarla moltissimo per essere stato con noi, per averci dedicato il suo tempo. Noam Chomsky, dissidente politico, linguista e scrittore noto in tutto il mondo. Professore emerito al MIT dove ha insegnato per più di mezzo secolo. Ha scritto più di cento libri. Inseriremo sul nostro sito i collegamenti alle nostre interviste del passato. Potete anche visitare il nostro sito per trovare numerose nuove interviste sul colpo di stato appoggiato dagli Stati Uniti in Cile che ha avuto luogo quarant’anni fa, l’11 settembre 1973. Ho appena parlato con i giudici che in seguito hanno arrestato e processato il generale Augusto Pinochet e con lo specialista legale che ha esumato i corpi del deposto presidente Salvador Allende e del cantante Victor Jara. Sul nostro sito potrete anche vedere una cronologia interattiva delle voci del dissenso a proposito dell’11 settembre 2001, l’attacco qui in patria. Presentiamo il nostro archivio di servizi di approfondimento che documentano gli attacchi e il loro seguito. Stiamo inoltre assumendo un amministratore di sistemi Linux. Visitate il nostro sito web www.democracynow.org.


Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo www.znetitaly.org

Fonte:  http://www.zcommunications.org/chomsky-on-9-11-syria-s-bloody-partition-and-why-u-s-role-ensures-failure-of-mideast-talks-by-noam-chomsky.html

Originale: Democracy NowTraduzione di Giuseppe Volpe

17 settembre 2013

http://znetitaly.altervista.org/art/12340


 

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.