Complexus. Leggere il presente sulle orme di Edgar Morin – Recensione di Nanni Salio

cop fumarco complexusGiuseppe Fumarco, Complexus. Leggere il presente sulle orme di Edgar Morin, Scholé Futuro, Torino 2013, pp. 268, € 18,00

Da tempo l’autore si occupa del pensiero di Edgar Morin, del quale propone un’ampia visione che si può riassumere nelle “dieci derive dell’umanità” (cap. 7) e in cinque tesi riassuntive.

Ognuna delle dieci derive solleva una “questione controversa” su cui aprire un dibattito tra diverse opinioni e prospettive.

1. “deriva demografica”: accanto a coloro che ritengono che già oggi i 7 miliardi di abitanti siano troppi per il pianeta Terra, e a maggior ragione i 9 o 10 previsti per la metà del secolo, c’è chi invece sostiene il contrario e la necessità di continuare a crescere, perché saremo in grado di nutrire sino a 100 (!) miliardi di persone.

2. “deriva mercatistica ed economicista”: pur di fronte all’attuale grande crisi sistemica, gran parte degli economisti e dei centri di potere economico e finanziario continuano a inneggiare alla crescita, senza riuscire ad affrontare seriamente l’enormità dei problemi attuali (debito, disoccupazione, diseguaglianze, povertà, impronta ecologica crescente).

3. “ deriva tecnocratica”: il potere crescente e invasivo della tecnoscienza viene visto da alcuni come un pericolo di deumanizzazione, quando venga posto al servizio, come già avviene, dei poteri dominanti del complesso militare-industriale-corporativo-mediatico, e da altri, i tecnottimisti, come una opportunità per un salto evolutivo verso un futuro transumano;

4. “deriva ambientale”: di fronte ai dati che, giorno dopo giorno e anno dopo anno, documentano il dissesto ambientale, in tutti i campi, e la crescente minaccia del cambiamento climatico globale, c’è una schiera di negazionisti al servizio delle multinazionali, che cercano di rassicurare e minimizzae la portata dei problemi;

5. “deriva bellicista”: tema anche questo assai controverso, tra chi vede la crescente minaccia delle guerre in corso e future e chi invece, come Steven Pinker, sostiene che siamo in presenza di un “declino della violenza”. Ma gli studi più autorevoli sono quelli della “peace research”, di cui Johan Galtung è uno dei principali esponenti. Citato nel testo, ma non a sufficienza per affrontare anche la questione del ruolo del pacifismo e della nonviolenza, sbrigativamente descritta come “una risposta ancora troppo debole”.

6. “deriva iper-mediatica: tema quanto mai controverso, tra chi denuncia il dominio della telecrazia e la trasformazione dell’homo sapiens in homo videns e chi invece prevede l’emergere di “un’unica creatura planetaria” (Giuseppe Longo, La Repubblica, 9 settembre 2013). E tra chi sostiene che “Internet ci rende liberi” e chi, al contrario, afferma che “ci rende stupidi”.

7. “deriva socio-centrica”: i grandi processi migratori mettono a contatto culture differenti scatenando conflitti, ma offrendo anche la possibilità di costruire una cultura della “convivenza nella differenza”. Un contributo in tal senso può venire dalle metodologie della trasformazione nonviolenta dei conflitti, secondo la scuola TRANSCEND e altre che da tempo operano in questo campo.

8. “deriva dell’istituzionalizzazione della spiritualità”: anche questo è un tema quanto mai vasto, che si è sviluppato a partire dalle risposte che sin dai tempi più remoti gli uomini hanno dato al problema della morte e al significato da attribuire alla vita. Siamo avvolti nel mistero e una delle più profonde risposte è quella che Raimon Panikkar chiama “il silenzio del Buddha”, che si aggiunge alle molte altre speculazioni in materia.

9. “deriva della democrazia”: nell’attuale situazione generale di crisi sistemica non deve stupire la “crisi della democrazia” innescata dalle strutture di potere oligarchico, che hanno sempre visto con estremo fastidio e come un pericolo, per i loro interessi, la partecipazione attiva delle popolazioni. Il pericolo incombente è che al di là della retorica, la crisi globale venga affrontata in maniera autoritaria.

10. “deriva dell’ipercomplessità cerebrale umana”: le neuroscienze stanno aprendo un nuovo capitolo di esplorazione del cervello umano, ma siamo ben lontani dall’aver raggiunto un grado di conoscenza adeguato. Come per altri progetti recenti nel campo della biologia, anche le ricerche sul cervello si prestano sia ad aprire nuovi orizzonti positivi sia a ulteriori forme di manipolazione e di derive autoritarie.

Ci troviamo dunque di fronte a una complessità enorme e la crescita della conoscenza, in ogni campo della ricerca, è accompagnata da una crescita ancora maggiore dell’ignoranza.

Nelle cinque tesi riportate nel capitolo sulle “conclusioni”, Fumarco riassume il pensiero di Morin esposto più ampiamente nel testo.

Prima tesi, sulla “natura umana”. “L’uomo… è un pasticcio inestricabile tra natura e cultura, tra istinto e passione, affettività e ragione”. In altre parole, la natura umana è plastica, non definita una volte per tutte, può oscillare tra bene e male, tra sapiens e demens, in continua evoluzione, ed è segnata dal “trauma originario della consapevolezza della morte”, che per Morin è un vero “buco nero”nella psiche umana.

Seconda tesi, sul dominio culturale della tecnoscienza, la “forza più potente”, come va sotenendo da tempo Emanuele Severino. Ma sulla tecnoscienza e in particolare sulla dimensione conoscitiva e speculativa della meccanica quantistica si aprono orizzonti quanto mai inesplorati e potenzialmente straordinari, ancora una volta nel bene e nel male. E’ la dimensione etica che sfugge a una più precisa definizione e inclusione nei domini della tecnoscienza e delle sue applicazioni in campo economico, sociologico e militare.

Terza tesi, la dimensione metastabile dei sistemi, ovvero l’impermanenza (buddhista) e la dimensione conflittuale delle società, sia quelle democratiche sia quelle autoritarie. Affiora qui il tema, al quale si è già accennato al punto 7 più sopra, della trasformazione nonviolenta dei conflitti, un’area di ricerca appena sfiorata da Morin, ma centrale nella riflessione della odierna cultura della nonviolenza.

Quarta tesi, sulla sfera delle relazioni internazionali contemporanee. Oltre all’asupicata trasformazione radicale dell’ONU è di fondamentale importanza la conoscenza delle proposte e delle esperienze in corso di difesa popolare nonviolenta, corpi civili di pace, diplomazia dal basso e transizione da un obsoleto modello bipolare e poi unipolare a uno multipolare.

Quinta tesi, il pensiero è palesemente in crisi. Occorre dunque un profondo cambiamento di paradigmi in tutti i campi del sapere e del vivere. Ma chi sarà in grado di promuovere questa grande trasformazione? Una speranza può venire dai movimenti di base che Paul Hawken ha definito una “multitudine inarrestabile”. Segni di questo possibile cambiamento sono presenti un po’ ovunque nel mondo.

Ma il tempo stringe, l’incertezza è grande, l’ignoranza ci avvolge e la catastrofe incombe. Studi e ricerche si susseguono, senza che si riesca a incidere significativamente e a cambiare la rotta di una umanità che sembra guidata da una elite di psicopatici verso il disastro.

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