Evoluzione creativa. La soluzione di un fisico tra darwinismo e creazionismo – Recensione di Nanni Salio

cop Amit Goswami, Evoluzione creativaAmit Goswami, Evoluzione creativa. La soluzione di un fisico tra darwinismo e creazionismo, Edizioni Mediterranee, Roma 2013, pp. 323

E’ possibile conciliare darwinismo e creazionismo, quanto meno nella formulazione addomesticata del “disegno intelligente”? E’ quanto cerca di fare Amit Goswami, proponendo l’esistenza di una coscienza cosmica quantistica, assimilabile all’idea di un Dio che interviene svolgendo la funzione di un “principio organizzatore non fisico e non materiale” (p. 17).

L’autore è un fisico teorico che utilizza alcune delle più sorprendenti caratteristiche della materia a livello microscopico descritte dalla meccanica quantistica, quali la non località e la non separazione tra soggetto osservatore e oggetto osservato per sostenere l’esistenza di una coscienza come “fondamento di tutto l’essere”, capace di svolgere una funzione creativa di “causalità verso il basso” (p.41) tale da giustificare quei salti evolutivi che le attuali teorie (darwinismo e neodarwinismo) non sono in grado di spiegare in maniera esaustiva.

L’autore rielabora inoltre la teoria dei campi morfogenetici di Rupert Sheldrake per affrontare temi caratteristici della parapsicologia, delle culture orientali, della psicologia transpersonale, dell’intelligenza emotiva e delle neuroscienze sino a ipotizzare un futuro evolutivo dell’umanità basato su questa nuova scienza, che unisce biologia e fisica, spiritualità e materia attraverso la meccanica quantistica, tale da farci compiere un cambiamento profondo che ci liberi definitivamente dalla violenza. E conclude dicendo: “La mia visione del nostro futuro evolutivo è la seguente: … lasciamo che coloro che possono compiano salti quantici da emozioni negative a emozioni positive con intenti evolutivi.” (p. 307-308). Questa attività creerà campi morfogenetici modificati che “saranno a disposizione delle future generazioni… Alla fine avrà luogo l’assimilazione generale. … Quanto tempo ci vorrà? Non molto. Stiamo attingendo a processi straordinari: il movimento evolutivo della coscienza, la sincronicità, gli archetipi viventi”. (p. 308)

Goswami è uno scrittore prolifico e i suoi lavori sono stati oggetto, come peraltro quelli di Sheldrake o di Deepak Chopra, di feroci critiche e stroncature comparse su varie riviste scientifiche. Quanto mai significativo e aggressivo è il titolo dato alla critica fatta da Michael Shermer, “Quantum Quackery” (ciarlataneria quantistica) pubblicata dalla nota rivista ”Scientific American” nel gennaio 2005 (www.quantumconsciousness.org/hackery.htm). Si veda anche il dibattito tra Michael Shermer e Deepak Chopra “The Great Afterlife” (http://www.skeptic.com/reading_room/the-great-afterlife-debate/).

Ma la controversia sull’uso considerato “disinvolto”, o peggio “ciarlatano”, della meccanica quantistica è di lunga data e ha accompagnato la ricerca in questo campo sin dall’inizio, coinvolgendo i principali protagonisti di questa avvincente avventura intellettuale. Per chi voglia conoscerne di più non si può che suggerire l’ottimo lavoro di David Kaiser, Come gli hippie hanno salvato la fisica (Castelvecchi, Roma 2012, pp. 376). L’autore è docente di fisica al MIT (Massachusetts Institute of Technology) e autorevole studioso del “legame tra l’evoluzione della fisica e le dinamiche politiche che influenzano il progresso scientifico”.

Il titolo può sorprendere: cosa mai c’entrano gli hippie con la fisica? La storia narrata da Kaiser in modo avvincente, tanto da sembrare romanzata, è quella che, negli anni 1970, vide la nascita del Fundamental Fysiks Group, a Berkeley in California, che raggruppò alcune delle figure più brillanti di giovani fisici che avevano deciso di non limitarsi agli aspetti puramente applicativi, di calcolo, della meccanica quantistica, ma si ponevano questioni di ordine fondamentale e di interpretazione filosofica, che non trovavano spazio nella ricerca accademica ufficiale: “Sapevano di essere sul punto di fare una scoperta, ma presagivano che l’ampia gamma dei loro interessi (“che osavano indagare il significato della vita e della morte, dell’esistenza e della non esistenza e tutto quello che ci passava in mezzo, dal macrocosmo al microcosmo”) avrebbe trovato ostacoli insormontabili negli ambienti fisici tradizionali” (p. 76). E fu proprio il loro lavoro non solo a mantenere viva l’attenzione, ma ad aprire la ricerca ad alcuni contributi fondamentali sfociati nella scoperta teorica (prevista dal teorema di Bell) e nella successiva verifica sperimentale dell’ entanglement, la non località quantistica. Tutti i principali temi affrontati da Amit Goswami erano già presenti in questo gruppo di giovani fisici, tra i quali merita ricordare Fritjof Capra, diventato famoso dopo la pubblicazione del Tao della fisica, libro divulgativo di grande successo, al quale Kaiser dedica gran parte del capitolo 7 del suo libro, intitolato ironicamente “Lo Zen e l’arte di pubblicare libri”.

Ma è nel capitolo 4 (Da ? a Psi) che emergono gli interessi per i fenomeni paranormali, che suscitarono, come si può ben immaginare, discussioni e controversie a non finire e che non portarono comunque a nessun risultato conclusivo. E’ importante tuttavia osservare come il tema della coscienza fosse ben presente nelle riflessioni non solo di quel piccolo gruppo di “fisici hippie”, ma anche nei pensieri di personalità di rilievo come il premio Nobel Eugene Wigner, secondo il quale “La coscienza entra a far parte della meccanica quantistica in maniera inevitabile e inalterabile” (p. 91).

Se da un lato è prematuro trarre conclusioni troppo vincolanti, poiché i risultati sperimentali in questo campo sono tuttora incerti e insufficienti, dall’altra questo è un terreno di ricerca di grande importanza per il futuro dell’umanità, che dev’essere mantenuto aperto e indagato con senso critico e creativo al tempo stesso. Come osserva David Kaiser nel capitolo conclusivo del suo libro, nonostante i molti tentativi fatti da “Karl Popper e con lui da tanti filosofi … di isolare qualche valido approccio intellettuale… capace di “demarcare” nettamente la scienza dal resto (p. 258), sinora non si sono ottenuti validi risultati”.

Si pone piuttosto l’annoso problema, non risolto, di sottrarre la ricerca scientifica al legame perverso con il complesso militare-industriale che oggi più che mai sta mettendo a repentaglio la soopravvivenza dell’umanità e contribuisce a generare forme spaventose di malessere e di violenza.

E’ il tema che, con altre parole, affronta Bruno Latour quando propone di costruire un nuovo “umanesimo scientifico” (Cogitamus. Sei lettere sull’umanesimo scientifico, Il Mulino, Bologna 2013). Un umanesimo scientifico che ci permetta di fare evolvere la ricerca scientifica verso la nonviolenza intesa sia come armonia con tutti gli esseri viventi sia come capacità di trasformazione creativa, costruttiva e concreta dei conflitti.

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