Fratelli in guerra: il soldato della Prima Guerra Mondiale e il pacifista… ma chi era l’eroe? – Tony Rennell

Uno ha condotto i suoi soldati verso le mitragliatrici tedesche in quel bagno di sangue che è stato la Somme. L’altro ha rifiutato di combattere a causa della propria fede ed è stato condannato a morte come traditore. Ora un emozionante libro si chiede…qual è stato il fratello più coraggioso?

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Al fronte: Philip Brocklesby (a sinistra) e suo fratello Bert, il pacifista

In una soleggiata giornata estiva sulle scogliere di Boulogne, un giovane ufficiale inglese, fresco di addestramento, guardava nostalgico le bianche scogliere di Dover in lontananza oltre la Manica.

Pensava alla battaglia che lo attendeva – era uno delle centinaia di migliaia di uomini ammassati nelle trincee delle Fiandre per ciò che la storia avrebbe chiamato l’offensiva della Somme, uno degli scontri più sanguinosi che questo mondo abbia mai visto.

Ma il sottotenente Philip Brocklesby era afflitto da una preoccupazione più pressante.

Voleva disperatamente vedere suo fratello maggiore, che sapeva essere anche lui in Francia. “Mi sono seduto su un prato e ho aspettato”, ricordò molti anni più tardi. “Poi circa 40 uomini marciarono su per la collina e vidi Bert nelle file centrali. Non dimenticherò mai come il suo viso si illuminò quando mi vide.”

Tuttavia, questa emozionante riunione di famiglia aveva un taglio triste e sinistro, perché Bert non era un commilitone, un compagno d’armi, ma un prigioniero sotto scorta – e sul punto di essere condannato a morte. Bert – insegnante, maestro del coro, gentiluomo e studioso – era un obiettore di coscienza la cui profonda fede religiosa aveva impedito di combattere e uccidere.

“Dio non mi ha messo su questa Terra per distruggere i suoi figli,” disse nel giorno in cui venne dichiarata la guerra tra Regno Unito e Germania nel 1914. Non volle indossare una uniforme, impugnare un fucile o prendere ordini. E ora, due anni più tardi, era pronto a sacrificare la propria vita per quella fede.

Philip aveva deciso in maniera differente.

Come milioni di altri giovani, aveva coscienziosamente preso le armi contro i nemici del suo paese. Ma non c’era una frattura nella famiglia. Anche se gran parte della Gran Bretagna era immersa in un aggressivo fervore patriottico, con le ragazze che consegnavano bianche piume di “pollo” a uomini sospettati di sottrarsi al servizio militare, i due fratelli rispettavano i reciproci punti di vista. Philip, sulla via del fronte, aveva rischiato un’accusa di allontanamento ingiustificato per rintracciare Bert in quello che sarebbe potuto essere il loro ultimo incontro. Parlarono per mezz’ora e fu “una gioia” per entrambi. Bert era uno dei 16.300 obiettori di coscienza che rifiutarono di combattere per il Re e la Patria nella Prima Guerra Mondiale.

Furono oltraggiati come codardi, abusati, picchiati, incatenati, anche gettati nelle segrete.

Occasionalmente, furono compresi e, con il protrarsi della guerra e il crescere dei massacri sul campo di battaglia, anche ammirati.

La loro storia è raccontata in “We Will Not Fight. The Untold Story of World War Ones Conscientious Objectors” (Will Elsworth-Jones, Aurum Press, Londra 2009, “Noi non combatteremo. La storia non raccontata degli obiettori di coscienza della Prima Guerra Mondiale”), un libro affascinante e commovente del giornalista Will Ellsworth-Jones, che ha cominciato a fare ricerche sull’argomento dopo le notizie del ritrovamento di graffiti in alcune antiche celle al castello di Richmond, Yorkshire.

Sui muri di calce erano scarabocchiati testi religiosi e preghiere, oltre a un ritratto di una ragazza nella sua tarda adolescenza.

Erano l’opera di un gruppo di 16 “conchies” – obiettori di coscienza tenuti prigionieri in un umido e inaccessibile castello medievale nel 1916. Fra tutti, il primo fu Bert – la cui mano abbozzò la sua fidanzata, Annie, per passare il tempo, mentre le autorità decidevano del loro destino.

Bert arrivava dal centro minerario di Conisbrough, nello Yorkshire meridionale.

La sua famiglia aveva un negozio di alimentari, erano di fede metodista e un pilastro della comunità.

Il padre, conosciuto come “Old Brock”, era un predicatore laico e giudice, e i suoi figli erano educati, colti e pieni di aspirazioni per il futuro.

Bert era un musicista ispirato che suonava l’organo in chiesa e aveva una formazione come insegnante, ma era anche sportivo, divertente e gioviale.

Piaceva a tutti.

A 25 anni, era un giovane di successo.

Più di tutto egli desiderava andare in Africa, come missionario.

Aveva trovato una forte fede religiosa ed era “rinato”, come diremmo oggi.

Quando fu dichiarata la guerra, Old Brock fece la sua parte come presidente del comitato del Fondo di Guerra locale e, come giudice di pace, aveva il compito di far prestare giuramento alle nuove reclute dell’esercito.

L’ufficio di reclutamento della città era proprio accanto al negozio di famiglia, e Bert doveva fare solo pochi passi dalla porta principale per arruolarsi.

In un primo momento fu tentato.

La sua fede nel “Non Uccidere” veniva soffocata da religiosi armati presenti in altri passaggi della Bibbia, i quali sollecitavano il loro gregge alla guerra.

Bert aveva bisogno di un segno.

Nella quiete della sua stanza chiese a Dio se avesse dovuto arruolarsi e lanciò una moneta per avere una risposta.

Una notevole serie di dodici risultati “croce”, di fila, gli disse che non poteva andare in guerra.

La reazione nella comunità fu istantanea e spiacevole.

Lui fece un sermone che condannava la guerra e non gli fu più permesso di avvicinarsi al pulpito.

Suo padre fu invitato dai sostenitori della città a cacciarlo.

Ma Bert rispettava la legge ed era un uomo libero finché l’arruolamento era volontario.

Poi, nel febbraio del 1916, per alimentare l’insaziabile bisogno dell’esercito di carne da cannone, fu indetta la coscrizione. Ora “lavativi” e “puzzole”, come venivano soprannominate le persone come Bert, non potevano più sfuggire.

Ma lui ancora non volle arruolarsi, e fu chiamato a dare spiegazioni di fronte a un tribunale. Il suo presidente, un militare, cercò di mettere in difficoltà Bert con qualche domanda capziosa.

“Se ti colpissi, non mi colpiresti a tua volta?” chiese.

“No”, rispose Bert.

“Allora supponiamo che arrivino i tedeschi, e che le persone a te care siano in pericolo, rimarresti a guardare senza opporti mentre li fanno a pezzi?”

Bert:”certamente non li colpirei. Nessun uomo è giustificato a prendere una vita.”

“Ma”, l’ufficiale proseguì, “se potessi risparmiare 500 poveri bambini e anziani combattendo, non li aiuteresti?”

Bert:”Farei del mio meglio per salvare la vita, non per prenderla.”

“Quindi scapperesti?” domandò il suo avversario, credendo di aver intrappolato Bert in una ammissione di codardia.

“Certo”, disse Bert coraggiosamente. Ma almeno l’inquisitore di Bert rimase civile.

Altrove, a un obiettore di coscienza è stato detto che, come socialista, non poteva avere una coscienza; a un altro che “c’è solo un motivo di esenzione di fronte questo tribunale ed è la morte.”

Un altro fu informato che era un traditore e “adatto solo a essere trafitto da una baionetta tedesca”.

Anche nella città natale di Bert l’umore stava diventando aggressivo. Il giornale locale chiedeva le sue dimissioni da insegnante. Ancora una volta, suo padre fu invitato a mostrare la porta di casa al figlio. Old Brock disse loro: “preferirei che Bert fosse fucilato per le sue convinzioni piuttosto che abbandonarlo.”

Un pomeriggio del maggio 1916, la polizia venne ad arrestare Bert, che fu portato prima nella caserma di Pontefract, poi al minaccioso mastio del Castello di Richmond.

Il tribunale respinse la richiesta di essere esentato dal servizio militare e gli ordinò di entrare a far parte dei Corpi non Combattenti.

Questa unità venne istituita ai sensi della legislazione della coscrizione per permettere agli obiettori di coscienza di essere impiegati in progetti non militari.

Ma Bert era nel gruppo di obiettori che credevano che quasi tutto quello che gli era stato chiesto di fare avrebbe aiutato lo sforzo bellico.

Così avrebbe pelato patate per i suoi compagni obiettori, ma si rifiutò di farlo se quelle patate fossero destinate ad alimentare i soldati.

I suoi dinieghi lo avevano portato in quelle umide celle medievali dove l’unica luce proveniva da una stretta fessura nella parete. In isolamento e sotto una dieta punitiva di pane e acqua, insieme ad altri obiettori incarcerati cantavano “più vicino il mio Dio per te”, in quartetto.

Per tutto il tempo la pressione, sia fisica che psicologica, crebbe.

Con uno scarpone avrebbero potuto colpirli e una voce avrebbe ringhiato: “Perchè semplicemente non vi spariamo a tutti? Nessuno se ne accorgerebbe.”

Altri agenti sperimentarono metodi più delicati, tentando di infiammare il loro spirito patriottico con orribili storie sull’Unno violentatore di donne e trucidatore di bambini.

Ma alcuni alti esponenti dell’esercito volevano niente di meno che le loro teste. Loro vedevano l’essere indulgenti con gli obiettori come il primo passo verso l’anarchia.

Se gli fosse stato permesso di “farla franca”, molti più uomini si sarebbero allontanati dallo scontro, l’esercito sarebbe collassato e la guerra persa.

Mentre erano in Inghilterra, gli obiettori, anche se spesso trattati brutalmente, erano relativamente al sicuro.

Ma poi arrivò l’ordine di imbarcare 36 di loro – lo zoccolo duro, come Bert – per la Francia.

Una volta lì, erano tecnicamente sul campo di battaglia, e la pena per la disobbedienza era la morte.

E’ stato a questo punto che Bert e Philip si incontrarono per quel breve interludio fraterno a Boulogne.

In Francia, alcuni obiettori salvarono le proprie coscienze lavorando nelle unità di ambulanza e come barellieri, e lo fecero coraggiosamente.

Ma raramente fu un buon compromesso con la loro coscienza. Come uno che ha servito in una stazione di soccorso afferma: “stavamo semplicemente ri-montando uomini per fargli riprendere il loro posto nelle trincee.”

Era impossibile non essere risucchiati nella macchina omicida.

Bert rifiutò qualsiasi concessione.

Per lui, perfino spalare il letame dalle stalle o spazzare il cortile della caserma aveva un fine bellico.

E mantenne il suo pacifismo di fronte a molte provocazioni.

Non reagì mai ai suoi persecutori o cercò uno scontro fisico, come alcuni furono tentati di fare.

Incoraggiava i suoi compagni obiettori dicendo: “Dobbiamo contare sulla forza spirituale.”

“Possono portarmi dove vogliono, anche nelle trincee di prima linea, ma non potranno mai farmi alzare le mani contro i miei simili.”

La pressione aumentò.

In base alle normative dell’esercito, erano ora soggetti a punizioni sul campo per disobbedienza agli ordini, una delle quali era la “crocifissione” – senza chiodi, ma con le braccia distese legate a una trave, o anche sul filo spinato, a volte per ore.

Erano stipati in celle di fortuna, di 11 metri quadri con tettoie di assi di legno.

Le loro mani erano ammanettate dietro la schiena durante il giorno e davanti durante la notte.

Da queste celle furono presi e condotti davanti alla corte marziale.

I loro giudici agirono senza interesse, ma gli uomini non poterono – o non vollero – negare di aver rifiutato gli ordini.

Aspettarono il verdetto per una settimana, circondati per tutto il tempo da guardie che li tormentavano dicendogli che erano uomini morti.

Poi un giorno l’intero contingente di non combattenti di stanza a Boulogne venne radunato nella piazza d’armi – 600 uomini allineati per formare tre lati di un gigantesco quadrato.

Una dura lezione che avrebbero portato con sè a casa.

Uno alla volta, vennero chiamati per nome e ognuno dei principali obiettori fu portato avanti, una guardia su entrambi i lati.

Poi l’aiutante di campo pronunciò: “Mentre era in servizio attivo si è rifiutato di obbedire a un ordine. Verificato dalla corte marziale e riconosciuto colpevole. Condannato a morte mediante fucilazione.”

Fece una pausa drammatica, lunga abbastanza da permettere al condannato di trattenere il fiato all’idea di ciò che era stato appena detto.

Poi l’aiutante proseguì: “Questa sentenza è stata confermata dal comandante in capo; il generale Sir Douglas Haig”… un’altra lunga pausa… “ma da lui successivamente commutata in lavori forzati per dieci anni.”

Bert era davvero sollevato.

Non aveva nessun desiderio di martirio.

Così come suo fratello Philip, che era riuscito a rimanere nei paraggi per ascoltare la sentenza.

Ora partiva con “un cuore più leggero” e la mattina seguente fu di nuovo con il suo reggimento.

Due mesi più tardi Philip condusse i suoi uomini contro le mitragliatrici tedesche, scavalcando il corpo del suo comandante di compagnia, che era solo uno dei 60.000 soldati britannici uccisi o feriti durante il primo giorno dell’offensiva della Somme.

Ma Philip, nonostante fosse stato in battaglia e avesse visto due terzi dei suoi compagni cadere attorno a lui, non provava rancore per suo fratello pacifista.

Invece scriveva con ammirazione: ” Vorrei avere la tua fede, Bert.”

Disse alla loro madre: “Sono davvero orgoglioso di lui.”

Ma altri erano scandalizzati dal fatto che 36 obiettori condannati a morte fossero sopravvissuti.

Quando Come fecero ritorno in Inghilterra dalla Francia, il loro arrivo alla stazione di Winchester coincise con la partenza di un convoglio militare verso il fronte.

Tra la folla di parenti che salutavano i loro cari si sparse presto la voce che i “conchies” erano lì in giro.

“L’aria era elettrica, e c’era grande eccitazione,” ricorda Bert.

“La gente ci fischiava e urlava insulti.”

Iniziò a cantare inni per calmarsi i nervi.

Scontò la sua condanna in una prigione civile, sebbene non facilmente.

Avrebbe cucito sacchi postali per l’Ufficio Postale ma non sacchi di carbone per la marina. Era costantemente nei guai e perseguitato a causa delle sue convinzioni.

Il cappellano della prigione gli disse che era “una vergogna per l’umanità”.

Ma c’era un po’ di solidarietà per la sua causa, e, significativamente, arrivava dalle alte sfere.

I leader liberali al governo non erano totalmente d’accordo con la coscrizione obbligatoria e con il costringere gli uomini a combattere, ma avevano ceduto alle richieste dell’esercito.

E c’erano invece alti ufficiali dell’esercito che volevano dare una lezione agli obiettori e li avevano sbattuti in Francia, decidendo alle spalle dei politici.

Una delegazione – guidata da Lady Ottoline Morrell, amante del leader pacifista Bertrand Russell – fece pressione sul Primo Ministro, Mr Asquith, al numero 10 di Downing Street, e gli raccontò cosa stava succedendo.

“Abominevole!” mormorò e diede istruzioni perché nessun obiettore di coscienza in Francia fosse fucilato per essersi rifiutato di obbedire agli ordini.

E’ questo che ha salvato Bert da un plotone di esecuzione.

Guardò la guerra dalla prigione di Maidstone, fu rilasciato nel 1919 e tornò a casa.

Suo padre stava sulla soglia ad accoglierlo.

Con Philip di ritorno dalla Francia, sopravvissuto alle trincee, la famiglia era di nuovo unita, e senza recriminazioni.

Lo stesso non si poteva dire per gli abitanti di Conisbrough.

“Fui sorpreso di come il risentimento locale si rivolse contro di me,” disse Bert.

“Mi ero dimostrato sincero e pensavo che mi avrebbero dato credito per questo. Ma no.”

Nessuna scuola gli avrebbe dato un posto da insegnante e dovette andarsene per trovare lavoro.

La sua coscienza lo portò in Austria per aiutare le vittime di guerra.

Per la fedele Annie, la fidanzata la cui immagine era immortalata sulla parete della sua cella, questa fu l’ultima goccia.

Lo aveva sostenuto nelle sue convinzioni, anche quando suo fratello, un soldato, morì durante le ultime settimane di guerra.

Ma quando Bert le disse che sarebbe andato ad aiutare le persone che avevano ucciso suo fratello, la leale ragazza, un tempo soprano nel suo stesso coro della chiesa, si rese conto che stavano ormai leggendo spartiti differenti.

Il loro fidanzamento era terminato. Lei sposò un eroe di guerra.

Bert divenne un missionario in Africa, poi tornò a insegnare in Inghilterra.

Non venne mai meno alle proprie convinzioni e partecipò a una marcia per il disarmo nucleare poco prima di morire all’età di 73 anni.

Philip avviò una propria attività e prosperò, ma per tutta la vita fu turbato dagli orrori della guerra. Quasi un secolo più tardi, rimane la domanda: quale fratello fu il più coraggioso – Philip per aver combattuto, o Bert per aver detto no?

14 febbraio 2008

Traduzione di Luca Cabras per il Centro Sereno Regis
Titolo originale: Brothers at war: The WW1 soldier and the pacifist…but who was the hero?
http://www.dailymail.co.uk/news/article-514300/Brothers-war-The-WW1-soldier-pacifist–hero.html

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