Nasce dal basso in Italia un Forum contro la guerra, le armi e le basi militari

Marinella Correggia

Un «Forum nazionale permanente contro la guerra» è nato lo scorso weekend dal convegno «Armi, guerre, territorio» organizzato dal Movimento No F35 di Novara e dal Comitato di Varese No-M346 a Venegono superiore (Varese). Presso una casa dei Padri comboniani, sulla collina che sovrasta la «fabbrica di morte» Alenia-Aermacchi-Finmeccanica, si sono ritrovate duecento persone, soprattutto di comitati nati intorno alle basi e alle aree di produzioni belliche.

Il Forum – che intanto si dota di un blog (http://forumnoguerra.blogspot.it/) – vorrà essere uno strumento di coordinamento, incontro e mutuo aiuto fra tutte le realtà che si battono per «l’edificio della pace, annientato dall’idea di guerra permanente affermatasi negli ultimi decenni», ha spiegato nella sua introduzione Elio Pagani, già obiettore di coscienza alla produzione bellica alla fine degli anni 1980.

Alex Zanotelli (che aveva caldeggiato l’idea di un Forum nazionale il 13 ottobre 2012 durante una manifestazione davanti all’aeroporto/fabbrica d’armi Alenia Aermacchi Finmeccanica, contro la vendita dei velivoli M346 a Israele ) ha gridato la follia delle spese militari: 26 miliardi di euro in Italia nel 2012. Altri esperti (fra questi Manlio Dinucci, Antonio Mazzeo, Angelo Baracca, Rossana De Simone, Giorgio Beretta, Carlo Remeny, Nanni Salio) si sono soffermati sui lineamenti del complesso militar-industriale-economico-tecnologico-mediatico italiano ed europeo e sulle guerre che ne derivano (ultimamente nel silenzio dei pacifisti…).

L’avvocato penalista Ugo Giannangeli ha denunciato la scomparsa del diritto internazionale come strumento regolatore dei conflitti, con l’impotenza o la faziosità dei vari Tribunali penali internazionali.

I Comitati contro le basi militari hanno messo a confronto tattiche e strumenti, essenzialmente tre: coinvolgimento della cittadinanza, azioni dirette nonviolente sul campo, ricorsi legali. Il Comitato «Gettiamo le basi» della Sardegna (regione che «ospita» 24.000 dei 40.000 ettari di demanio militare) dopo tanti anni di lotta ha un alleato nella procura che chiede il rinvio a giudizio di alcuni generali per le malattie procurate dalla contaminazione bellica; è invece boicottato dalle forze politiche. In Sicilia invece il forte movimento No Muos di Niscemi (contro l’antenna militare Usa) ha ottenuto che la regione ritirasse le autorizzazioni ma l’Avvocatura dello stato ha impugnato l’atto. Un dato importante: le «mamme di Niscemi» in pochi mesi si sono trasformate da difensori della salute dei figli in pacifiste anti-basi e antiguerra.

A Vicenza, ha spiegato Agnese Briante del No-Dal Molin (esortando a «chiedere tutti la desecretazione degli accordi segreti Usa-Italia del 1954»), le hanno provate tutte e dal punto di vista legale il Tar aveva bloccato l’ampliamento della base Usa ma la solita Avvocatura si è messa di mezzo: l’opera è stata gabbata per «utile alla difesa nazionale».

Quanto alle produzioni militari, se la mobilitazione contro gli F35 è diventata nazionale e invece quella contro la costruzione dell’hub militare a Pisa rimane confinata a pochi militanti, la riconversione segna il passo. Giorgio Cremaschi, in pensione dalla Fiom, ha tirato le orecchie al sindacato per le sue debolezze e al Pd («il rappresentante puro del complesso militar-industriale»).

Annunciate una serie di manifestazioni. Il Comitato contro la guerra di Milano sabato invita tutti a Largo Donegani alle 17 (Consolato Usa) per chiedere all’Italia, in nome dell’art 11 della Costituzione, di uscire dal gruppo di paesi occidentali e del Golfo che fomentano la guerra in Siria.


il manifesto 2013.06.07

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