La democrazia mutilata – Pietro Polito

Una vittoria storica della sinistra o l’ultimo allarme per le sorti della democrazia?

Così a caldo il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani: “Abbiamo vinto in Sicilia. Cose da pazzi. È un risultato storico” Sulla stessa linea d’onda il direttore de “l’Unità”, Claudio Sardo: “È una vittoria storica per la sinistra siciliana”.

Parlando di una vittoria storica, è evidente che il segretario e il direttore alludono al fatto che Rosario Crocetta, il candidato di Pd e Udc, è il primo «rosso» a Palazzo d’Orleans dal dopoguerra.

Ma sia Bersani sia Sardo sanno perfettamente che “la vittoria storica” si inserisce, peggiorandolo, in un contesto già grave – un sistema politico al collasso – che legittimamente spinge a parlare di un serio allarme per la democrazia: l’ultimo? Sardo, per esempio, scrive: “La sfiducia verso i partiti rischia di diventare sfiducia nella democrazia”.

Che dire?

Il commento più efficace che ho letto è quello del vecchio Macaluso che nelle elezioni siciliane vede la riprova di una verità acclarata: “La sinistra è debole e d’incerta costituzione”.

Mentre la sinistra di governo non riesce ad esprimere una maggioranza, quella radicale è scomparsa dal Parlamento siciliano. Il Partito democratico è passato dai 505.000 voti del 2008 a 257.000, vale a dire che il partito ha perso sostanzialmente il 50% dei voti. La sinistra sinistra Sel, Fds, Verdi, dal canto loro hanno più che dimezzato i consensi rispetto al 2008, riuscendo a dare una prova ancora più disastrosa di quella già disastrosa della Sinistra Arcobaleno. Pare evidente che una plausibile prospettiva di sinistra non è assicurata né da un accordo di vertice tra Partito democratico e Sinistra Ecologia Libertà né dalla somma delle organizzazioni della sinistra radicale.

Se c’è qualcosa di storico nelle elezioni siciliane, questo, a mio avviso, è da vedere nella sconfitta della democrazia dei partiti.

Il sistema dei partiti su cui si è retta la Seconda Repubblica si è dissolto, liquefatto, sbriciolato sotto i colpi della protesta. Il blocco storico costituitosi pro o contro il Sultano – Pdl, Pd, Udc e affini – si aggira attorno al 40%, il Movimento Cinque Stelle è il primo partito con il 15%, l’astensione sfiora il 53%.

Un commentatore di sinistra ha osservato che “lo spread democratico si è messo in gara con lo spread valutario”.

La democrazia italiana è ormai una “democrazia mutilata”.

È mutilata della fiducia dei cittadini. Oltre la metà di essi, infatti, come si è visto, hanno disertato le urne nell’appuntamento elettorale più importante per la vita della regione perché non credono più nella democrazia dei partiti e nella sua capacità di emendarsi, di correggersi, di autoriformarsi.

Che cosa c’è nell’astensione?

Pietro Barcellona, uno degli uomini di cultura più avvertiti e conoscitori della realtà italiana, pensa che siamo di fronte a una “astensione attiva”, che “non riflette un rifiuto della politica”, anzi esprime “una forma di opposizione, messa in pratica da una larga fascia di popolazione che in questo modo ha voluto segnalare l’inaccettabilità di quanto sta accadendo. Che rifiuta un mondo senza più contatti con la realtà”.

Non sono d’accordo.

In realtà, l’astensione di massa in Sicilia segnala un fenomeno nuovo quello cioè che non funziona più nemmeno il voto di scambio perché la politica viene percepita come incapace di rispondere neanche a interessi privati.

La crisi di fiducia della democrazia ha radici antiche.

Ricordo un articolo di Norberto Bobbio, intitolato La democrazia ha bisogno di fiducia, del 31 ottobre 1993. Scriveva il filosofo: “La democrazia ha bisogno di fiducia. Della fiducia reciproca fra cittadini, e della fiducia dei cittadini nelle istituzioni. La fiducia a sua volta ha bisogno di trasparenza: esige che tutto quello che li riguarda come cittadini avvenga alla luce del sole”. Il patto di fiducia tra cittadini e istituzioni si è spezzato da tempo.

Sempre Bobbio, in un precedente articolo, Quel voto di scambio, del 23 gennaio 1983, distingueva tra voto di scambio, che è il voto clientelare; voto di appartenenza, che è il voto di chi si riconosce in questo o quel partito, questo o quello schieramento; e il voto di opinione, che è il voto espresso in base alla maggiore o minore consonanza tra le proprie vedute e il programma dei vari partiti presenti alle elezioni.

Inoltre, Bobbio già allora suggeriva di prestare maggiore attenzione all’aumento delle astensioni e delle schede bianche, perché le une e le altre esprimono una vera e propria opinione, tanto che si può affermare che i partiti raccolgono sempre più voti di scambio, mentre il voto di opinione si rifugia paradossalmente in coloro che si astengono o non votano nessuno dei partiti in gara.

Così scriveva Bobbio quasi trent’anni fa.

Nell’astensione oggi si esprime solo minoritariamente un voto di opinione. L’attuale fuga dalla politica è il segnale della crescente sfiducia dei cittadini nei partiti che è diventata in tanti sfiducia nella democrazia. Il divario tra le promesse della classe politica e i fatti compiuti si è fatto troppo spudorato, inaccettabile, è il segno più marcato della scissione tra etica e politica, binomio che è il fondamento di una buona democrazia.

 

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