“Se vuoi la Pace, abolisci la Fame” – Federica Riccadonna intervista Johan Galtung

Intervista a Johan Galtung sull’importanza del federalismo in Nepal e come la nuova costituzione dovrebbe prendere forma.

Johan Galtung è considerato il fondatore degli Studi per la Pace, e ha generato un kit di strumenti concettuali unico per l’indagine empirica, critica e costruttiva negli Studi per la Pace. Il suo metodo TRANSCEND prova ad andare alle radici del conflitto analizzando gli obiettivi dei protagonisti e i mezzi per raggiungere quei fini. Galtung visiterà il Nepal nel gennaio 2013 e Federica Riccadonna del Galtung-Institut attualmente in Nepal, l’ha recentemente raggiunto a Grenzach-Whylen, in Germania, anche per facilitare l’organizzazione della sua visita.

Federica Riccadonna: secondo quanto lei sostiene, diverse comunità hanno varie abilità per superare e trascendere i conflitti, definite “potenziale locale per la pace”. Come valuta il potenziale della gente nepalese per la pace?

Johan Galtung: i nepalesi hanno una capacità per la pace negativa. La guerra durata dieci anni è stata una dimostrazione del loro potenziale per l’eccessiva violenza, mentre durante i 18 giorni del (movimento popolare) Jana Andolan II nel 2006, i nepalesi hanno rovesciato una monarchia durata 240 anni senza fare ricorso alla violenza.

I nepalesi sono particolarmente bravi nelle forme ‘negative’ della nonviolenza come la disobbedienza civile, dimostrazioni, e non-cooperazione, ma faticano quando si tratta di nonviolenza positiva, come la ricostruzione di una nazione e azioni costruttive verso la pace.

Come forte sostenitore di nuove forme di federalismo, riguardo al Nepal, un tale sistema è economicamente fattibile, e non comprometterebbe l’unità nepalese?

Molte persone non capiscono il concetto di stati federali. Il federalismo aiuta a devolvere poteri e risorse dalle parti ricche a settori del paese più poveri, deprivati, ma non è per niente una divisione. Gli stati avranno autonomia sulle risorse e l’autorità di decidere in materie come quale lingua insegnare, ma continueranno a funzionare come parte della nazione, un paese.

Viste le divisioni politiche profonde in Nepal, il federalismo non esacerba il problema rinforzando queste divisioni?

Sì, ma esattamente facendo così il federalismo si indirizzerebbe verso quelle divisioni. Gli stati federali sono demarcazioni sul terreno, ma poiché a nessuna delle componenti è permesso infrangere i diritti altrui, esse saranno forzate a lavorare come parti dello stesso paese.

La Costituzione ad interim del 2006 ha incluso il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso, più ampi diritti delle minoranze, e l’abolizione della pena di morte. Sarebbe meglio avere una nuova costituzione, o la migliore strategia consisterebbe nel lavorare sulla costituzione esistente attraverso emendamenti, mantenendo la bozza principale?

Sebbene il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso è stato molto importante in paesi occidentali, non penso che sia tra le priorità dei nepalesi. Il diritto ad avere un pasto garantito al giorno sarebbe molto più importante. La costituzione del Nepal, in breve, dovrebbe essere più azione e meno costituzione.

Come possiamo definire gli obiettivi legittimi e illegittimi in Nepal? Per esempio, la restaurazione della monarchia è un obiettivo legittimo?

Un obiettivo centrale del metodo TRANSCEND è legittimare i mezzi e i fini. La santità della vita è centrale, uccidere non è legittimo. Ma personalmente ritengo che non si debba forzare questa attenzione verso obiettivi legittimi trasformandola in pregiudizi. Non ci è permesso pre-giudicare la “verità” degli altri o i loro termini di riferimento, ma quando noi li legittimiamo sulla base dei diritti umani, la legislazione internazionale a protezione di essi, il Diritto internazionale Umanitario, i bisogni fondamentali e i sistemi locali di legge, noi stiamo già formulando un forte giudizio. Non mi sento a mio agio nell’uscire da questo quadro di riferimento, ad eccezione del modello uccidere-non uccidere.

Riguardo la monarchia, dipende totalmente dalla monarchia. Non mi riferirei alla monarchia come illegittima in sé, piuttosto si direbbe illegittimo il dispotismo. Faccio una distinzione tra monarchi e monarchia. Molti nepalesi sembrano legati al concetto di monarchia, una monarchia costituzionale permetterebbe al simbolismo della monarchia di coesistere con la regolazione di una costituzione. Una volta ho parlato con un capo di polizia a Kathmandu durante la guerra, il quale mi ha confessato la sua difficoltà nel reprimere severamente i maoisti quando era d’accordo con 39 dei 40 punti delle loro richieste, ad eccezione dell’abolizione della monarchia. Quindi forse i maoisti sono andati oltre alle visioni della gente comune a questo riguardo.

Qual è il ruolo dei media nel promuovere e mantenere la pace?

I media potrebbero giocare un ruolo chiave, ma io trovo che la maggior parte di essi resta indietro. La ragione è che il vertice ha un’immagine di come la pace appare e la base ha una diversa immagine di essa, ma i media non hanno un’immagine o un’idea della pace per nulla. Essi hanno solo un’immagine di ciò che è negativo, di come le battaglie appaiono, o come la violenza appare perché è ciò di cui riportano tutto il tempo.

Il metodo TRANSCEND si focalizza principalmente sugli obiettivi, ma la cultura quanto è importante, e quanto lo è la struttura per la pace?

Si può dire che gli obiettivi sono parte di una cultura e questo significherebbe, in tutti i casi, qualcosa in termini di riaggiustamenti strutturali. E in una situazione dove tutte le parti vogliono imporre i loro obiettivi sugli altri, noi lavoriamo per una risistemazione degli obiettivi, dove essi coesistano uno vicino all’altro. In altre parole, proviamo a cambiare anche la struttura.

Quali criteri cerca nelle persone per propagare una cultura per la pace?

La questione è identificare gli obiettivi e le sfide per creare un’immagine di ciò che la soluzione dovrebbe essere. Non ho lavorato nell’identificare gli attori, le persone, ma quando gli attori vengono da me e chiedono un consiglio, posso fornirglielo. Ma c’è bisogno di fare una riflessione fondamentale su quanto effettivo sarà. Io penso che dovremmo creare un’immagine chiara di come la pace sarebbe, perché i media sono incapaci di farlo da soli. In Nepal, sono rimasto deluso perché ebbene vi siano molte persone disposte a impegnarsi, non ve ne sono molte in grado di tradurre questo impegno nel processo di costruzione della costituzione.

Come si può lavorare sui potenziali locali nell’aumentare le capacità per la pace e ri-bilanciare i poteri? Lavorando nella società civile per migliorare le loro capacità e trasformare la volontà dei governi? Potrebbe condividere alcune delle sue esperienze concrete in questo senso?

La Guerra Fredda è un esempio molto buono. C’erano due principali attori della società civile – il movimento dissidente nell’Est e il movimento per la pace nell’Ovest. Nel 1984 a Perugia in Italia, si è verificato un incontro molto drammatico in cui il movimento dissidente accusava il movimento per la pace di non essere interessato alle loro sofferenze, ma solo alle armi, e il movimento per la pace accusava il movimento dissidente di premere così duramente per i loro obiettivi da essere disposti a rischiare una guerra nucleare. Ciò che venne fuori è che entrambi decisero di accettare gli obiettivi dell’altro – diritti umani per l’Est e cooperazione in modo da rendere la guerra nucleare altamente improbabile e persino il disarmo nucleare per l’Occidente, ma totalmente compatibile. Non solo compatibile, ma poterono lavorare uno accanto all’altro, aiutando i rispettivi obiettivi. Quindi il 1984 come passo verso il 1989 e la fine della guerra fredda. Ma il movimento nello slancio era dalla parte della società civile. E ciò che è successo è stato un processo molto interessante ma in un certo modo comprensibile. Il movimento dissidente aveva un accesso eccellente ai media occidentali e noi, il movimento per la pace, un accesso eccellente ai media di Mosca, cosi si è verificata una specie di copertura incrociata, con il movimento occidentale della società civile a lavorare con il governo orientale e viceversa.

In che modo è possibile tradurre la pace nelle comunità impoverite, l’intera comunità, non solo una elite, educata, formata, finanziata e organizzata?

L’arcivescovo Helder Camara, di Recife nel nord-est del Brasile, una della zone più povere del Brasile, diceva sempre che la fame è un altro modo di chiamare la guerra. Se vuoi la pace, abolisci la fame. Non puoi avere la pace solo nei termini conosciuti in Occidente e la vittoria per lo stato militare istituzionalizzato che in accordo con il sistema Westfaliano ha il monopolio delle forza ultima. Tradurre la pace nelle comunità impoverite è garantire i bisogni fondamentali.

Risolviamo quello e siamo sulla strada verso una pace sostenibile.

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Federica Riccadonna è membro di TRANSCEND-rete per la pace, sviluppo e ambiente, ricercatrice associata del Galtung-Institut (Germania), technical advisor e visiting researcher all’Asian Study Center for Peace and Conflict Transformation-ASPECT in Kathmandu, Nepal.

Originale in: http://www.nepalitimes.com/issue/2012/10/13/Interview/19705#.UImXaGljYnH

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