Pillole alfabetiche. D come Dadi e Datteri

Sì, lo so, mancano i «tacchi» (secondo il duo comico Cochi e Renato), ma non erano giusti per l’ordine alfabetico perciò…

Perché dovremmo mangiare i datteri, noi, popoli del Nord?

«La palma da datteri ha origine africana e mediorientale. Il suo nome proviene dal greco “daktilos” (dito) per la forma che ricorda una falange».

Siamo forsi grandi attori o gladiatori?

«In epoca imperiale si usava donare un ramo di palma ai grandi attori, auriga o gladiatori», o ancora più importanti? «e anche Cristo entrando a Gerusalemme per compiere il suo destino fu festeggiato con foglie di palma».

Capisco che, in via eccezionale, si mangino datteri durante le feste, come grande premio, perché «?A questa pianta i latini attribuivano valori simbolici di onore e vittoria, perché pur gravata dal peso consistente dei suoi frutti non si piegava, ma anzi cercava disperatamente di ergersi verso l’alto». Questo vale anche per l’uva che, fuori stagione, si mangia ritualmente alla fne dell’anno. Ma sono eccezioni! La frutta tropicale non è adatta alla nostra alimentazione. Cresce dove fa caldo, molto caldo, ed è meglio mangiarla dove fa caldo. Anche noi siamo come delle «piante» e ci fa bene mangiare quello che cresce dove anche noi cresciamo.

Scopro poi che la pianta della palma da datteri è «Considerata la prima pianta coltivata dall’umanità, inizia a fruttificare solo dopo l’ottavo anno di vita, raggiungendo la piena maturità a trenta», il che me la fa considerare una pianta preziosa (perché «lenta» a crescere, maturare, fruttificare…) e quindi da «consumare» con parsimonia. Appunto solo in occasioni speciali, tipo una volta all’anno, a Natale (anche perché con il loro colore i datteri ci ricordano, nel pieno dell’inverno, il calore del sole «non vinto»).

Ma a parte questo, i datteri – come tutti i frutti tropicali – vengono da lontano, e perciò devono essere trasportati, devono essere raccolti magari non proprio maturi, devono essere «trattati» con sostanze chimiche per sopportare i lunghi viaggi e le condizioni di trasporto. Altro che «chilometro 0»! Qui al nord in inverno e in autunno ci sono le castagne, le noci, le nocciole, le mele, le pere, l’uva, non abbiamo bisogno di mangiare per forza le arance (o i datteri). E se in inverno la frutta non è molta è perché in invrno sarebbe meglio non mangiarne molta. Viceversa in estate e in primavera. La Natura sa il fatto suo, basta guardare.

Il dado (non) è tratto

«Traggo» io dalla Rete alcune notizie:

«Poco prima del 1850 il barone von Liebig, studioso e ricercatore nel campo della trasformazione e conservazione alimentare, creò un estratto di carne che poteva conservarsi a lungo e dava sapore a brodi e minestre. Si vendeva in vasetti di vetro. Nel 1880 lo svizzero Julius Maggi, mette a punto un altro tipo di concentrato, a base di cereali, semi oleosi ed estratto di carne, da commercializzare in cubetti. L’uso comune del dado da cucina si afferma in Italia attorno agli anni Venti del Novecento. Oggi è considerato un elemento “indispensabile” in cucina vista la sua praticità e il risparmio di tempo nel suo impiego (è sempre pronto e occupa poco spazio)».

Nato durante il fascismo? Basterebbe quello per non usarlo, ma siamo alle solite: «pratico», «veloce» e comodo. Non importa che i dadi siano incartati – uno ad uno – in alluminio (che si butta via dopo pochi secondi), non importa che «chissà che cosa ci mettono dentro», non importa che renda i brodi e le pietanze tutte «con lo stesso sapore» (anzi, McDonald insegna che ci affezioniamo al gusto e vogliamo trovarlo – uguale – in tutto il mondo). Ma insomma, mi volete dire che non abbiamo tempo di fare un semplice brodo di verdure? Una carota, una cipolla, un gambo di sedano, sale e via? Anzi, potremmo fare di meglio: potremmo far seccare velocemente in forno le foglie del sedano (che di solito si buttano via), sbriciolarle e metterle nel sale, creando così un «sale aromatizzato» con doppia funzione per quando facciamo – anche – il brodo! Oppure vi racconto come faceva mio padre, rimasto vedovo e assolutamente contrario a colf e/o figlie con funzioni simili: la domenica – quando aveva tempo, perché lavorava durante la settimana – faceva il soffritto, con tutti gli ingredienti canonici e poi lo surgelava dentro al contenitore dei cubetti del ghiaccio! E al momento del bisogno, al posto del «dado», usava il «cubetto di soffritto» (il «cuffritto»? O il «daffritto»? O il «dadotto»?).

Se proprio ritenete di dover insaporire anche le verdure e altre pietanze con il dado, almeno procuratevi il «granulato»: è un barattolo di vetro, con dentro una polvere da prendere a cucchiaini. Almeno non ci saranno 10 foglietti di alluminio+scatola di cartoncino+colori della stessa+conservanti e addensanti affinché il dado «si sciolga subito», resti gelatinoso e non si secchi (come pensate che facciano?). Il barattolo di granulato dura di più (e se fate bene i conti non costa di più), lo dosate voi e quando è finito potete riutilizzare il barattolo (o almeno buttarlo nella raccolta differenziata del vetro).

Ma poi, non è più bello fare un brodo ogni volta diverso?

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