Bentornata Francia socialista! – Pietro Polito

Bentornata, bentornata Francia socialista! Dal 1789 in poi, per capire il destino e il futuro dell’Europa, se non del mondo, è alla Francia che bisogna guardare.

Come ha insegnato Kant, il più grande filosofo della modernità, l’autore della Critica della Ragion pura e di Che cos’è l’Illuminismo, è in Francia che si è affermato per la prima volta il diritto di un popolo di darsi una Costituzione da sé. Le sorti dell’Europa si sono irrimediabilmente compromesse quando la Francia è caduta. La capitolazione del Paese dell’Illuminismo il 14 giugno 1940 con l’occupazione di Parigi da parte delle truppe naziste suscitò sgomento nei democratici di tutto il mondo. Per esempio il nostro Piero Calamandrei nel suo Diario 1939-1945 (La Nuova Italia, Firenze, 1982) annotava: “Il dolore che ne provo non può essere minore di quello che ne provano i francesi; con più vergogna e spasimo. Parigi è per me la civiltà, l’umanità, la dignità, la patria: questi assassini la schiacciano col tallone ferrato”.

Qui Calamandrei descrive quella Francia ideale già ammirata dal giovane Gobetti che nella nazione transalpina vedeva nel 1924 il Paese più prossimo a realizzare la rivoluzione liberale.

Col senno di poi è bene non indulgere in idealizzazioni e tenere a mente anche le pagine oscure della storia come per esempio il colonialismo francese in Algeria.

Tuttavia non si dimentichi che l’Europa è risorta quando la Francia è risorta. Nella storia europea della seconda metà del novecento la Francia ha saputo tenere vivo il significato di una parola che in Italia è diventata impronunciabile, di un’idea che per il più grande partito nato nell’alveo della sinistra è superata perfino nella versione più moderata: sto parlando del socialismo. Diversamente quell’idea in Francia, nonostante le ricorrenti crisi, non ha perso il suo onore e la Francia socialista di Mitterand (1981-1992) rimane un modello per la sinistra e la democrazia.

Che cosa può venire dalla nuova Francia?

Sgombriamo subito il campo da un equivoco, da una falsa alternativa. Il bivio a cui siamo di fronte non è quello tra austerità e crescita, come sostengono tecnocrati di varia natura, di destra e di sinistra. La via d’uscita dalla crisi non è e non può essere puramente e semplicemente la crescita. Crescita di chi? Con quali strategie sociali? Per quali scopi? Promossa da quali attori politici? Ispirata da quali valori? Una crescita meramente quantitativa o anche qualitativa?

Se non si risponde a queste domande la crescita (del prodotto interno lordo?) non avrebbe nulla di miracoloso. Allo stesso modo l’idea di sviluppo ha perso largamente ogni significato euristico sul piano della teoria e risolutivo sul piano della politica. (Segnalo il nuovo studio promosso dal Club di Roma, e di cui è autore Jorgen Randers, A Global Forecast for the Next Forty Years. Questo studio segue a quarant’anni di distanza dal primo rapporto The limits of growth – “I limiti della crescita”, tradotto in italiano I limiti allo sviluppo. Osserva Randers: “Viviamo in un modo che non può continuare per generazioni senza un cambiamento profondo”).

Tornando alla nuova Francia, l’auspicio è che non si limiti ad essere la paladina della crescita contro il rigore. Come ha scritto il grande storico Jacques Le Goff, il ritorno del socialismo in Francia “è prima di tutto la vittoria della speranza”. Con la destra al potere – continua lo storico – “la Francia ha perso, nel mondo, l’immagine di un Paese aperto, di un Paese che sa che la storia è l’evoluzione, che nei conflitti che scuotono il nostro mondo la Francia dovrebbe avere un atteggiamento di dignità, di moralità e di rispetto dei suoi valori storici”.

L’auspicio è che la nuova Francia socialista apra la strada a una nuova Europa socialista, affermando che “nel ventunesimo secolo il miglior modo di difendere le frontiere della Francia e dell’Europa è di difendere i valori, i principi e le nostre conquiste sociali, e non costruire muraglie come nel Medioevo”.

Postilla

Hollande come Monti?

Vale la pena riferire in modo asettico, neutro e neutrale, del modo come a sinistra è stato accolto il ritorno del socialismo in Francia. Riferisco, di questa discussione, le posizioni di Rossana Rossanda e di Fausto Bertinotti.

Il 25 aprile 2012, commentando i risultati del primo turno francese Rossanda mostra una certa fiducia verso “la Francia che cambia”, stigmatizzando la tendenza a ritenere irrilevante quel risultato elettorale da parte di alcuni commentatori (Marco D’Eramo e Daniela Preziosi).

Non riesco a mantenere l’obiettività promessa, parlando dell’intervista data da Bertinotti a “Altri” (venerdì 27 aprile 2012, pp.10-11), intervista con un titolo che ne riassume perfettamente il contenuto “«Hollande come Monti. Non c’è nessuna novità»”. Per Bertinotti, Hollande rappresenta “un correttivo interno piuttosto che una uscita da sinistra” dal processo tecnocratico. Sia il leader francese sia il Presidente del Consiglio italiano Monti, secondo lui, incarnano “la normalità di una oligarchia, il dittatore dolce che deve avere un tratto rassicurante, esprimere buone maniere”. Ha ragione Bertinotti quando sostiene che in Francia esistono una sinistra moderata e una radicale, mentre in Italia non abbiamo più nessuna sinistra. Incondivisibile sembra però la sua ricetta: una sorta di Big Bang che somiglia tanto a una specie di “muoia Sansone con tutti i Filistei”.

Sulla questione, Rossanda ritorna con l’articolo La Francia chiama (martedì 8 maggio 2012), salutando il nuovo presidente socialista di Francia che considera “la prima grossa spina nel fianco dell’Europa liberista”. A suo giudizio (con cui concordo) la Francia ha aperto un varco in Europa “in direzione opposta alla risorgenza delle destre”. La lezione della Francia – continua – è quella di una sinistra che “ha il coraggio di esistere e di dichiararsi tale”: la Francia “vede più chiaro e ha giocato una carta che anche in Italia, se coraggio ci fosse, sarebbe vincente”.

Di diverso avviso, Joseph Halevi (giovedì 10 maggio 2012) ritorna sulle contraddizioni di Hollande, invitando la sinistra italiana a non lasciarsi condizionare dall’effetto ipnotico della sinistra francese perché il programma politico, economico di Hollande non è attuabile.

E noi?

Così s’intitola l’articolo che Rossanda ha pubblicato l’11 maggio 2012, in cui ella ribadisce l’importanza e l’urgenza del “che fare” alla luce della lezione francese. Hollande non è come Monti: l’uno si richiama alla tradizione sociale dell’Europa, l’altro, il grande tecnico, nasce ed è espressione dell’Europa del rigore. Certo Hollande non è e non può essere la panacea di tutti i mali. E si può tentare, se possibile, fare meglio di Hollande (e Melenchon). A patto che la sinistra, ciò che resta di essa, non si limiti alle battute ed esca dal silenzio.

Domenica 13 maggio 2012

Aggiungo un commento di sinistra comunista e uno di sinistra liberale.

Per Valentino Parlato, “il successo di Hollande dà speranze di uscire da un’Europa commissariata da banche e Merkel”. Da un punto di vista comunista, che, secondo lui, “non è un reperto archeologico” ma “vale ancora come visione del mondo”, Parlato immagina un’Europa alla francese distinta se non opposta all’Europa alla tedesca di Angela Merkel.

Il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari considera l’elezione di Francois Hollande alla guida della Francia un “evento centrale” che “è avvenuto attorno a due parole: i giovani e le diseguaglianze”. Per Scalfari, che è un liberale di sinistra, “il problema non è quello di isolare la Merkel ma di modificarne le priorità”. In questo senso egli ritiene che “l’alleanza che si sta formando intorno a Hollande fa appello alla ragione”.

Le due parole “giovani e diseguaglianze” su cui si fonda il programma di Hollande, continua Scalfari, “contraddistinguono la sinistra del ventunesimo secolo”: “Ma eguaglianza senza libertà è una parola vuota che fa intravvedere sullo sfondo dittature e tirannie; libertà senza eguaglianza spalanca la via a privilegi e a caste oligarchiche. Bisogna dunque coniugarli insieme quei due valori per costruire un presente accettabile e una speranza di futuro”.

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