Pillole alfabetiche. T come Turismo

Veloce, superficiale, lontano

Questo è un modo di fare turismo. Quello più diffuso, quello che si fa per raccontare agli amici «io ci sono stato», quello per aggiungere una puntina sulla carta geografica (come nel gioco del Risiko!), quello per produrre un’altra etichetta (la numero..?) sul dorso dell’ennesimo album di fotografie (o compact disc, che è uguale). Veloce, che ben si sposa con lontano, e già, perché se vado lontano dovrò per forza andarci velocemente (è difficile che si abbia il tempo per fare un viaggio lento e lontano, di questi tempi, con tre settimane di ferie ad agosto, concordate ad aprile con l’ufficio del personale); e la logica conseguenza della somma veloce+lontano non può che essere superficiale. Si cerca di ovviare al terzo aggettivo leggendo una guida (o due o tre), magari chiedendo ad amici e conoscenti che ci sono già stati (ma forse anche loro ci sono andati velocemente e superficialmente) e scattando decine di fotografie…

Lento, profondo, vicino

Poi c’è stato Alexander Langer, che ha voluto rovesciare il motto «citius, altus, fortius» (più veloce, più alto, più forte) con un modello invece «lentius, profundius, soavius» (più lento, più profondo, più soave). Aggettivi perfetti, dico io, anche per un viaggio, sostituendo il terzo, «più soave» con «vicino», intendendo parlare del turismo dal punto di vista della semplicità volontaria. Perché, dico io, siamo andati in Malesia e non abbiamo mai visitato l’Orto botanico della nostra città? O perché la gente viene da tutto il mondo per visitare Venezia e noi non ci andiamo perché «è così cara!»? (e se ci siamo andati non abbiamo visto altro che piazza San Marco ignorando magari tutta la bellissima zona periferica). E i sotterranei del Museo di Antichità a Torino? Sono andata a visitarli io perché sono stata adottata nel 1985, provenendo da Milano, ma so di torinesi che non hanno mai visto gli infernotti del Museo Pietro Micca (ma sono stati a New York!).

Allora, è facile fare turismo «volontariamente semplice». Basta applicare i tre aggettivi opposti a quelli del titolo; che, come nel titolo, si aiutano a vicenda: se viaggio vicino potrò andare piano, anche molto piano, e se andrò piano potrò rendere profonda la mia visita perché avrò tempo.

Per vedere il mondo ci sono bellissimi volumi, con foto strabilianti (scattate da professionisti, perciò molto migliori delle nostre…), ci sono documentari incredibili, ci sono i musei… sì, direte voi, ma «andarci è un’altra cosa» vero. Ma è vero solo se abbiamo davvero il tempo di stare nei posti che visitiamo, di vivere (non da turisti) i luoghi dove ci rechiamo. Nel poco tempo che riusciamo a dedicare ai nostri viaggi lontani non riusciamo a vedere nulla, a capire quasi nulla, a portare nulla se non i nostri soldi (che di solito creano più guai che vantaggi, come ormai dichiarano coloro che si occupano di «turismo responsabile».

Ecco, «turismo responsabile»: se non ne volete sapere di conoscere a menadito il Po, magari risalendolo dalla foce al Monviso e volete a tutti i costi navigare il Mekong, almeno informatevi da organizzazioni che propongono viaggi turistici «responsabili». Riporto i siti di qualche associazioni che conosco:

www.ecoturismoreport.it

www.pindorama.org

Ma soprattutto segnalo l’Associazone italiana turismo responsabile (www.aitr.org), che apre il suo pieghevole informativo con la famosa frase di Marcel Proust (famosa ma forse non troppo compresa, giacché continuiamo a viaggiare in cerca di nuove terre invece di saper guardare le nostre «vecchie» terre!), che a me sembra perfetta per chiudere invece questa Pillola: «Un vero viaggio di scoperta non è cercate nuove terre, ma avere nuovi occhi».

…e poi, anche se ci facciamo un po’ di pubblicità, ci sono pur sempre i campi estivi organizzati da più di 20 anni dai nostri amici del MIR-MN…ecco i programmi per quest’estate: https://serenoregis.org/mir-mn/campi-estivi/

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