Il partito-famiglia. Il tramonto della Lega Nord – Pietro Polito

Triste sorte e triste fine quella della Lega, il partito degli «onesti», che in Parlamento sventolava il cappio contro il partito dei «disonesti». La banda degli «onesti»,partita da Milano, la «capitale morale»,alla volta della Capitale, per muovere all’attacco di Roma «ladrona», si rivela nient’altro che una «banda del buco».

Tre procure – Milano, Napoli, Reggio Calabria – indagano sul partito del cappio.

Le accuse sono gravissime: truffa aggravata ai danni dello Stato, appropriazione indebita nella gestione dei rimborsi elettorali del movimento, collusioni con la malavita organizzata (‘ndrangheta) e, come se non bastasse, nel decreto di perquisizione della sede del partito si parla di “esborsi effettuati per esigenze personali di familiari del leader della Lega”. Secondo gli inquirenti, “la gestione della tesoreria del partito politico Lega Nord è avvenuta nella più completa opacità dal 2004”.

Diciamoci la verità. Se la questione fosse limitata a un ennesimo caso di corruzione, per quanto grave, gravissimo, ci troveremmo, ahimè!, a nulla di nuovo sotto il sole.

Qual è, in realtà, il punto?

Il punto è che il tramonto della Lega – l’ultimo dei partiti – segna una nuova tappa nella crisi del sistema dei partiti e o della partitocrazia che dir si voglia, dando un colpo mortale, forse definitivo, all’idea di organizzare la partecipazione dei cittadini alla politica mediante la forma partito.

Dopo lo squagliamento dei partiti della Prima Repubblica (DC, PC, PSI, PSDI, PRI, PLI, MSI), la Lega è apparsa per un certo tempo come un partito che era nuovo, in quanto nato suppergiù all’inizio dell’ultimo quarto di secolo del novecento, e che era al tempo stesso “classico” (o tradizionale) per la sua capacità di radicamento in un territorio sia pure limitato ad una sola area geografica.

Un partito, inoltre, a differenza di altri come per esempio Forza Italia, ma anche lo stesso Partito Democratico (diverso è il discorso per i partiti di centro che variamente si richiamano al cattolicesimo), portatore di un’ideologia: il federalismo, coniugato come territorialismo e, nelle frange più estreme del partito, come xenofobia, come vero e proprio razzismo.

Il risvolto morale della storia, della fabula della Lega (che è quello che più ci interessa) sta nella conclamata evidenza che non c’è ormai, se c’è mai stata, alcuna differenza tra gli agitatori del cappio e quelli a cui il cappio era destinato. Leggo su “La Repubblica” che sulla spianata di Pontida, una mano sconosciuta ha corretto l’enorme scritta “padroni a casa nostra” in “ladroni a casa nostra”.

Il panorama dei partiti in Italia si è omologato in uno squallore desolante che accomuna in Parlamento e fuori del Parlamento una ventina di partiti e partitini personali tenuti insieme dal carisma (si fa per dire) di una leadership personale e di una rete di interessi più o meno legali.

Ma nel caso ultimo che stiamo commentando c’è di più: si assiste a una ulteriore modificazione nella già disastrata politica nazionale.

La novità disarmante della Lega perdura in una forma che ci si augura non prenda troppo piede e non trovi altre applicazioni.

Il legame col territorio che avrebbe dovuto preservare il partito da derive padronali e autoritarie, non ha funzionato, dato che la Lega non tiene il suo congresso federale da ben dieci anni, permettendo in questo modo che ristrette oligarchie (più o meno sempre le stesse) potessero sottrarsi a ogni verifica democratica.

Sapevamo perfettamente che la Lega è il partito di Bossi, ora sappiamo che è il partito della famiglia Bossi. La Lega, infatti, rischia di passare alla storia come il primo partito-famiglia della storia d’Italia.

Suscita ilarità il titolone del quotidiano del partito “la Padania”, sparato in prima pagina qualche mese fa: “Difendiamo, proteggiamo e promuoviamo la famiglia”, per invitare la base leghista a inviare al giornale le foto più belle della propria famiglia.

Opportunamente da più parti per la caduta del leader padano si è parlato di “velo caduto”, “mito infranto del cerchio magico”, “presunta purezza ruspante”, benché i seguaci si ostinino a vedere in lui il Capo “che ha speso tutta la sua vita per un ideale” (Roberto Cota, Presidente della Regione Piemonte), il militante cresciuto a pizza e a Coca cola che dei quattrini si è sempre disinteressato (Luca Iezzi, segretario della Lega di Milano), l’uomo con uno “stile di vita” irreprensibile. Suscita tristezza il titolone della “Padania” di mercoledì 4 aprile: “Allungano le mani su Bossi per fermare in popolo” e “temono la Lega, capofila di un movimento che difende la tenuta democratica”.

Ma vediamo, in conclusione, il risvolto politico della faccenda. Si è già detto della ricaduta sulla già traballante credibilità della forma partito e della evoluzione/involuzione del partito personale verso il partito-famiglia. Occorre aggiungere che l’insistenza per una successione familiare, per via dinastica, alla guida del partito, scegliendo dall’alto per di più un designato chiaramente incapace, e la confusione dei beni del partito con quelli di famiglia (è infamante anche il solo pensiero che il Capo utilizzi risorse del movimento per fini personali) sono manifestazioni deteriori di familismo apolitico ed esprimono un modo di usare la politica indecoroso e intollerabile.

Come può sopravvivere una democrazia parlamentare, che è democrazia di partiti, se i partiti hanno perduto il proprio insediamento sociale e non hanno più forti legami con la società se non come uffici di collocamento o agenzie distributrici di posti e prebende?

Un commentatore politico ha osservato che con “uno scandalo dopo l’altro, un partito azzoppato dopo l’altro, anche la democrazia rappresentativa rischia di uscirne mortalmente ferita”.

1 commento
  1. guglielmo
    guglielmo dice:

    PADANIA ALLO SBANDO

    Padani fuori con l'accuso: se restavate buoni e dolci come eravate nel periodo del terremoto del Friuli, ebbi la sensazione di rivivere con i miei amici padani in Australia bom bom, arrivammo a Gemona, Maiano,Osoppo, trovammo e percepimmo un senso di deserto,dolore tristezza da rabbrividire, notammo lo stordimento delle persone non piangevano, sembrava un clima funesto ma come se volessero ricostruire di nuovo le loro case, dolore per i morti, dignita da vendere, umanita'!

    Distinta dal loro grande carattere Alpino. Non esisteva la Protezione civile,esisteva il buon senso.

    Bravi i nostri ragazzi militari hanno dato il massimo sopra le forze umane,mi fermo.

    Perché mi fermo? Ho voglia di parlare del comportamento della signora in nero, al contrario di tutti

    in una conversazione sulla metropolitana da più persone sparlavano della signora in nero difficile

    comprendere il loro dire con rabbia, praticamente capii la Nera s…… .deve andare via via via

    vergognosa propaganda per la lega cosi dicevano, scacciarla è poco prendiamola a calci nel dietro chiacchierato, dentro di me qualcosa capii ma non molto sono convinto che la parte maggiore dei Padani e Alpini mi siano vicini. Guglielmo bon bon viva l'ITALIA

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