Al Ministro Riccardi: una identità per il Servizio civile

Antonino Drago

In Italia il Servizio Civile Nazionale è nato per l’opera degli 800.000 obiettori che, in assenza dello Stato e grazie all’aiuto di alcuni Enti, hanno saputo organizzare un Servizio Civile che è stato sicuramente tra i migliori di Europa. Ma nel costruirlo essi avevano un preciso progetto di riforma, quello concepito assieme agli obiettori alle spese militari: ottenere una prima istituzione statale di difesa alternativa. Il progetto aveva la base giuridica di una decina di sentenze della Corte Costituzionale sulla pari dignità della difesa non armata con quella armata. Infine la legge 230/1998 ha istituito questa difesa non armata, facendo nascere l’Ufficio Nazionale del Servizio Civile (art. 8 lett. e); che ha, tra i suoi compiti, “la istruzione e la sperimentazione di una difesa civile non armata e nonviolenta”. Anche dopo la sospensione della leva, quando il Servizio civile è proseguito in forma volontaria, la sua legge istitutiva ha per prima finalità (L. 64/2001, art. 1, lett. a): “Concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari.” Quindi il progetto degli obiettori dava una chiara finalità pubblica al SC di Stato (pur lasciando spazio al SC delle Regioni per un SC rivolto al welfare). Questa finalità è stata ribadita dalla sent. Corte Cost. 228 del 2004; a seguito della quale lo Stato italiano, tra i primi al mondo, ha istituito (DPCM 18/2/2004) un “Comitato consultivo per la difesa civile non armata e nonviolenta”.

Ma da dieci anni il SC è stato privatizzato a beneficio degli Enti di SC, che ricevono manodopera gratis a spese dello Stato, che ne ricava una blanda politica giovanile e una scusante per la sua poca efficienza nel sociale. In più il suddetto non ha prodotto alcuna iniziativa sul campo (salvo, l’anno scorso, l’invio di sei SC.isti, ma in una zona neanche post-bellica: Albania).

Chiediamo che venga onorato il debito che lo Stato ha maturato con gli obiettori attraverso le leggi parlamentari della nostra Repubblica.

Non si dica che la prima finalità pubblica del SC, la difesa alternativa non ha proposte politiche adeguate. Nel primo periodo di neanche un anno, il Comitato aveva elaborato più di trenta proposte, poi bloccate con la successiva (lunghissima) presidenza del Comitato, la quale dal 2003 ha sostenuto, con argomentazioni giuridiche molto discutibili, che il SC è solo solidarietà sociale. Oggi basterebbero poche proposte per incominciare a ottemperare alla legge 64/01 art. lett. a e così riformare in maniera pubblica questo cruciale settore di nuova politica:

– Stipulare con i SC.isti un contratto (temporaneo) che ponga chiare finalità pubbliche e che pertanto non sia anomalo.

– Nominare dei professionisti come consulenti per la difesa alternativa. L’attuale Ufficio Nazionale ha ben 29 consulenti (rispetto ai circa 100 impiegati); perché non nominare alcuni consulenti per la difesa alternativa, invece di nominare ancora una volta un Comitato di consulenza che, da solo, si è rivelato una anticamera senza sbocchi?

– Se anche nominare ancora una volta un tale Comitato, farlo dopo una consultazione pubblica in materia, eventualmente con una apposita Conferenza nazionale, o per lo meno con un convegno a cui invitare tutti gli esperti in materia.

Sperimentare la difesa alternativa: con l’ONU. Perché cercare soluzioni provinciali, quando a livello internazionale da più di mezzo secolo l’ONU ha fatto esperienza di tutte le situazioni conflittuali nel mondo dove ha portato una autorevole proposta per la pace, anche senza armi? L’ONU prevede i Volontari dell’ONU, di livello inferiore rispetto al funzionariato. Il loro numero è limitato dalle scarse risorse assegnate all’ONU; ma il loro costo non è basso (40.mila $ l’anno per ciascun volontario ONU). In più la Carta dell’ONU richiede esplicitamente che tutti gli Stati gli forniscano parte delle loro truppe e del loro bilancio sulla difesa, senza che uno Stato l’abbia finora mai esaudita. Allora che l’UNSC incominci a versare all’ONU una somma specifica per un buon gruppo di Volontari dell’ONU, che inizino uno sperimentazione di difesa alternativa nel mondo assieme all’ONU. L’atto sarebbe molto significativo per incominciare per la prima volta al mondo a corrispondere alla richiesta della Carta dell’ONU, fornendo almeno personale non armato (quello che, si noti, gli è più connaturato); e nello stesso tempo, per iniziare ad attuare in concreto l’art. 11 della nostra Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra”). Allora anche il pakistano che, avendo ricorso per essere stato escluso dal bando 2012 per il SC perché non italiano, Syed, potrebbe partecipare a questo Corpo di Volontari ONU.

Il tutto richiede decisioni di natura amministrativa, senza necessità di dover aspettare nuove leggi. Inoltre i costi totali sono molto bassi (2 milioni di euro?) rispetto ai 68 del 2012.

Forse l’obiettivo politico di questa attuazione di legge appare troppo grosso allo Stato e alle forze politiche attuali? Ma allora si convochi democraticamente una Conferenza Nazionale che discuta pubblicamente sul tema.

Il Ministro Riccardi è un operatore di pace cattolico che è famoso nel mondo per aver compiuto, ancor prima del 1989, più di una mediazione cruciale per la pace in vari Paesi del mondo (ad esempio tra una guerriglia sanguinosissima e l’autorità statale pro-Occidente in Mozambico). Chiediamo di mantenere la sua direzione per la pace nel mondo operando conseguentemente anche in questa nuova e grande responsabilità statale.


Drago Antonino, via P.C. Benvenuti 3, Calci, 56011, tel. 050 937493

Pres. Comitato Difesa civile non armata e nonviolenta dal marzo 2004 al genn. 2005, e dall’a.a. 2001-2 docente di “Difesa civile non armata e nonviolenta” nel corso di laurea di “Scienze per la Pace” della Università di Pisa.

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