La mia sinistra. Rigenerare la speranza – Recensione di Giuseppe Fumarco

Edgar Morin, La mia sinistra. Rigenerare la speranza, Erickson, Trento 2011, pp. 256

Premessa: è assai difficile commentare questo recente volume di Morin in quanto è una raccolta di interviste, articoli, saggi brevi, ecc.. usciti in un arco temporale abbastanza ampio che va dal 1988 (prima della caduta del muro di Berlino!) al 2009; il testo è diviso in due parti, la prima Troviamo, sparsi nel volume, i concetti cardine del “morin-pensiero” più direttamente sociologico e politologico: la “riforma del pensiero” per una “democrazia cognitiva”; la costruzione di una “società-mondo” basata sulla ‘confederazione delle nazioni’; la consapevolezza (che l’umanità dovrebbe acquisire..) di essere una “comunità di destino” legata a questa Arca che è la nostra “Terra-Patria” dispersa nell’immensità cosmica; il superamento concettuale della falsa-idea del Progresso (oggi regressivo); la crisi dello Stato-Nazione e la caduta nei particolarismi localistici e, contestualmente, l’incapacità di legare dialetticamente locale e globale insieme; il nodo gordiano della democrazia (“il sistema politico più civilizzato”, secondo l’Autore) che fa fatica ad affermarsi e a permanere nel tempo poiché è continuamente esposta ai danni del pensiero frammentato, impoverito e riduzionista, nonché all’implosione della politica nell’economia (‘econocrati’ e ‘tecnocrati’ che si sostituiscono impropriamente a politici incapaci e fallimentari, tra i quali spiccano anche quelli della cosiddetta ‘sinistra’); l’ambivalenza, se non l’ambiguità, della “tecno-scienza” che se da un lato può liberare l’umanità dalla fatica del lavoro, dal dolore fisico, dalla decadenza dell’invecchiamento precoce, ecc.. dall’altro crea incessantemente nuovi sofisticati strumenti di morte (capaci di provocare l’annientamento della specie umana) e consente, attraverso la manipolazione genetica e/o quella neurocerebrale, di deformare le menti dei cittadini al fine di renderli ‘normali’ e ‘sottomessi’; l’incapacità, della destra come della sinistra, di riflettere criticamente sul meccanismo di azione, reazione, inter-retroazione che si sono messi in moto nel corso di tutto il ‘900 scatenando i totalitarismi, le guerre e i genocidi, ecc..

Occorre e si può essere oggi consapevoli dei principi dell’”ecologia dell’azione” in base ai quali una certa azione politica può produrre delle reazioni a catena nelle quali gli effetti retroagiscono sulle cause, modificandole, così che la successiva sequenza causale diventa incontrollabile e può generare effetti opposti a quelli previsti e/o progettati.

E ancora: la “diseuropa (la mancata costruzione di una vera Europa), la storia planetaria dell’umanità con le sue diverse ‘diaspore’, il passaggio dalle società arcaiche alle civiltà antiche della Storia con tutto ciò che ne è conseguito (anche in negativo) e, infine, l’impellente necessità di civilizzare i rapporti internazionali attuali (“civilizzare la Terra”) che all’oggi costituiscono una ‘contemporaneità’ che è definita da Morin “età del ferro dell’umanità”.

E ora veniamo agli spunti che hanno dato origine al titolo del volume: “La mia sinistra”.

Il concetto di “SINISTRA” in Edgar Morin è certo assai più vicino al rapidamente dimenticato “Solidarnosc” polacco di Walesa ed ai Movimenti “new global” che non a quello delle pseudo-sinistre “Socialista” o “Democratica” istituzionalizzate e oggi rappresentate in Europa dalle ‘sinistre’ ufficiali: da quelle ex-comuniste come in Italia, a quelle da sempre ‘socialiste’ come in Francia e nella maggior parte dei paesi europei; o, ancora, a quelle ‘socialdemocratiche’ del nordeuropa.

Per Morin la parola stessa ‘socialismo’ “è diventata vuota”. Essa si è fragorosamente degradata nelle esperienze del “socialismo reale” di stampo sovietico, ma si è anche inaridita nella socialdemocrazia che, dovunque abbia governato, è “rimasta senza fiato”.

I partiti socialisti non fanno che ripetere stanche litanie obbedendo ad un pragmatismo alla giornata… un’insalata capricciosa di luoghi comuni sulla modernità, l’economia, la società,..un gretto gestionarismo che rende evidente l’incapacità di affrontare i problemi più stridenti e di rianimare la minima speranza. La politica è sprofondata nell’economia e la consultazione permanente dei sondaggi funge da bussola….Il grande progetto è sparito”.

Ora, osserva Morin, una società non può progredire in complessità se non progredisce in solidarietà; ma l’antropologia post-moderna spinge verso l’atomizzazione degli individui, così che oggi avvertiamo il male della civiltà in mille sfumature psicosomatiche (inerzie, torpori, depressioni, nevrosi, miserie e disperazioni..); questo “disagio della civiltà” diventa invisibile e incoglibile.

Viviamo una fase di grande regressione che vede la congiunzione di tre crisi:

  1. la prima è la crisi del futuro; dalla metà degli anni ’70 il mondo ha perso la fede nel carattere necessario e ineluttabile del Progresso, mentre l’Avvenire diventa sempre più incerto e inquietante;

  2. la seconda crisi viene dall’accelerazione e dall’amplificazione della transizione della mondializzazione tecnico-economica (quasi-recessione, disoccupazione, miseria morale, ecc… e la trasformazione di un adattamento al mercato mondiale in uno stato di caos);

  3. la terza è la crisi della civiltà che si allarga e si approfondisce attraverso lo sviluppo dei mali che ci hanno fatto conoscere il lato oscuro dell’individualizzazione, il rovescio della medaglia della tecnicizzazione, della monetizzazione, della crescita.

Questi “rovesci della medaglia” sono da Morin così elencati: l’individualismo rivela il dilatarsi delle solitudini e la perdita delle solidarietà tradizionali; la monetarizzazione ha il suo rovescio nella necessità di disporre di somme crescenti di denaro a puri fini speculativi (mentre si riducono le logiche della gratuità, del dono, dell’amicizia e della fraternità); il rovescio della tecnicizzazione è l’invadenza delle macchine artificiali con la ‘loro’ logica meccanica, specializzata, cronometrata, ecc… che sostituiscono le relazioni umane con l’anonimato; il rovescio dell’industrializzazione è il degrado ecologico e il rovescio della crescita economica è il deterioramento della qualità della vita e di tutto ciò che non obbedisce alla logica della competizione.

E’ questa congiunzione di perdita di futuro, di mondializzazione accelerata e di crisi di civiltà che ha fatto fermentare tante angosce nei sottosuoli mentali e sociali.

Le sinistre europee sono del tutto impreparate ad affrontare questa crisi multipla poiché sono ancora vittime (unitamente ai liberisti) dei miti della crescita illimitata del PIL, del Progresso scientifico e tecnologico, dell’inevitabilità del capitalismo mondializzato e finanziarizzato rispetto al quale credono di potersi limitare a contenere i danni sociali più dirompenti.

Non esiste un pensiero alternativo e il pensiero in crisi è incapace di pensare la crisi.

Ma non tutto è spento e atomizzato: “Nelle nostre società esiste un 10% di popolazione che avverte la pulsione militante di dedicarsi agli altri.. una minoranza disponibile ad azioni solidali concrete… c’è dunque un vivaio molto ricco di buone volontà…si tratterebbe di favorirne il risveglio là dove sono dormienti e di contribuire al loro sviluppo là dove si manifestano”.

La “pulsione fraternitaria” è sempre presente, almeno in potenza, ma è attualmente inibita o atrofizzata.

Poi occorrerebbe, sempre per Morin e a proposito del rilancio della solidarietà, costituire un grande “Ministero della Solidarietà”, altrettanto importante di quelli della Difesa e dell’Istruzione; esso potrebbe essere integrato, a livello locale, dalle “Case della Solidarietà” che offrono servizi di solidarietà multipli e multiformi sul modello dei “Crisis center californiani o delle “SOS Amitié” francesi.

Certo questi sono solo alcuni, limitati, esempi: Morin ha sviluppato le proposte alternative alla crisi delle sinistre ‘tradizionali’ in una altro successivo volume (l’ultimo, se non andiamo errati) di cui conosciamo solo l’edizione francese: “La voie. Pour l’avenir de l’humanité”, Fayard, Parigi 2011. A questo ulteriore contributo rinviamo il lettore che volesse approfondire l’argomento delle ‘vie alternative’ sia al capitalismo selvaggio globalizzato che alla latitanza e all’impotenza progettuale e ideale delle sinistre ‘ufficiali’.

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