Dieci tendenze di giustizia sociale che cambiano il mondo – Johan Galtung

La parola “giustizia” ha quattro significati molto diversi: entro la giustizia giudiziaria, c’è la giustizia punitiva ma anche quella restaurativa; ed entro la giustizia sociale, c’è la giustizia distributiva ma anche quella equitativa. Nella seconda, è automatica, incorporata, un’interazione per costi e benefici mutui e uguali

La parola “potere” sembra avere anch’essa quattro diversi significati: potere economico e militare basato su carote e bastoni, e potere culturale e politico basato su valori e decisioni.

Sedici tipi di potere giusto. I portavoce di destra spesso si concentrano sul potere militare-punitivo; sulla forza con punizione incorporata dei colpevoli, come una guerra dove l’Altro malvagio perde. I portavoce di sinistra si concentrano di più sul potere economico-equitativo, sulle società senza classi dopo una rivoluzione, o sulla parità d’interazione, come nel matrimonio post-patriarcato. E i socialdemocratici di centro sul potere economico distributivo, culturale e politico. Conviene tenerli presenti tutti.

Seguono alcuni brevi commenti su tendenze che stanno dispiegandosi proprio ora, sotto i nostri occhi. Cinque di loro sono nello spazio globale, fra regioni e stati; cinque nello spazio sociale, fra gruppi:

Tendenze globali:
[1]  Declino e caduta dell’Impero USA
[2]  Declino dell’Occidente
[3]  Declino degli stati e ascesa delle Regioni
[4]  Ascesa del resto del mondo
[5]  Ascesa della Cina

Tendenze sociai:
[6]  Ascesa delle nazioni
[7]  Ascesa della società civile
[8]  Ascesa dei giovani
[9]  Ascesa delle donne
[10] Ascesa della disuguaglianza e delle rivolte

La somma è della stessa magnitudine delle trasformazioni dall’antichità greco-romana al Medio Evo e all’Era Moderna nella fase iniziale e poi alla Modernità (1789) in Occidente. Esse si svolsero sotto cristianità globalizzanti; quelle attuali sotto un capitalismo globalizzante e il riscaldamento globale.

Le cinque tendenze globali possono assomigliare alla validazione di una teoria dei vasi comunicanti: quando uno cala, l’altro sale; l’Occidente giù e il Resto su, USA giù e Cina su. Ci può essere spazio limitato in cima. Queste tendenze possono però anche essere considerate – meglio così, forse – come cinque fenomeni non correlati entro le rispettive logiche sociali.  Così, la tendenza [1] riguarda un impero, non necessariamente gli USA stessi – salvo per quanto coinvolto nella tendenza [2] poiché fa parte di un Occidente che non può permettersi uno sviluppo sostenibile. Un paese in via di sottosviluppo, che muta il sogno americano nell’incubo americano.

Tuttavia, il declino e la caduta terminale di un impero è un procedimento diverso, correlato a una logica apparentemente inevitabile di nascita-crescita-maturazione-invecchiamento-morte degli imperi come organismi. Se ben strutturato, con ampie ricompense alle élite cooperanti della Periferia, il Centro può estrarre molta dipendenza economica, paura della forza, identità con il Centro, e obbedienza. Solo fino a un certo punto, però: l’impero diventa vittima del suo stesso successo, si estende troppo e/o sottovaluta il potere contrapposto. L’espansione giunge al termine e inizia un (lungo) periodo di status quo, che mantiene l’uso molto ingiusto in tutti i quattro sensi d’ingiustizia di tutte e quattro le forme di potere.

Un impero è un archetipo di potere ingiusto, che estrae dipendenza, paura, falsa identità e obbedienza impiantando delle élite cooperative. Occasionalmente la Periferia si fonde con il Centro, un procedimento cui ci si riferisce come sorgere di nazioni allorché geograficamente contigue, come in Spagna, Francia, Gran Bretagna, Germania, Russia, Cina.

Quando non funzionano più, come successo di recente agli imperi inglese, francese, ad altri europei occidentali e a quello sovietico, gli USA devono produrre e non campare sul commercio iniquo e sul conio di una “valuta mondiale”– la morte del dollaro a favore di una mescolanza [di valute] è imminente – contrarsi dalle basi e dalle guerre in giro per il mondo alla difesa nazionale, entrare in dialogo con altre culture, e negoziare, non imporre, accordi politici.

Comunque, pur in presenza di guerre sempre più perse, altre culture (islamica, giapponese, cinese) altrettanto ispiranti, l’obbedienza sempre più rara, lo sfruttamento economico può continuare per qualche tempo, essendo incorporato in strutture commerciali inique che rendono le risorse e la mano d’opera a prezzi stracciati entro e fra i paesi. Ci sarà una qualche giustizia distributiva come gli aiuti allo sviluppo che celano i trasferimenti in direzione opposta a causa dello sfruttamento, della fuga dei capitali, della corruzione. Inoltre l’economismo nasconde l’effetto sociologico molto più importante dell’assistenza occidentale allo sviluppo basata sulle borse di studio alle persone promettenti che poi costituiscono un’élite post-coloniale, e altri trasferimenti sono predestinati a loro beneficio. Kwame Nkrumah (rivoluzionario e politico ghanese, ndt) si riferiva propriamente a questo schema come neo-colonialismo.

Un instabile equilibrio, mantenibile solo se l’Occidente ha il monopolio su alti livelli del processo industriale. Il Giappone fu il primo sfidante non-europeo, seguito da quattro piccoli “draghi”, seguiti da cinque paesi giganti – i BRICS [Brasile, Russia, India, Cina, SudAfrica], che hanno infranto l’antico equilibrio, come uno dei fattori chiave del declino dell’Occidente. Il resto del Resto seguirà, producendo almeno per le proprie élite se non per l’esportazione.

Tuttavia, potrebbe esserci anche una domanda globale in aumento a sostegno di questa offerta globale in aumento, non fosse per l’ineguaglianza crescente in Occidente, che lascia il 30-50-70% più in basso con un potere d’acquisto troppo ridotto per accedere a prodotti ad alto valore aggiunto. Vi si aggiunga che la liquidità anomala fatta fluire in alto dalla disuguaglianza lascia anche coloro che stanno più in alto nella scala socio-economica con poca scelta oltre la speculazione. Li attende una frotta di nuovi prodotti finanziari, derivati, sostanzialmente una modalità di scommessa, per una compra-vendita ad alta velocità. Risultato: Economia finanziaria in ebollizione + Economia reale congelata = Crollo; facilitato da economisti incapaci o non disposti a prevedere e dirlo. Se il Resto, e la Cina, cadono in queste trappole, come sta facendo l’India, la loro ascesa si interromperà, com’è stato per il Giappone.

Il rimedio per l’Occidente è tanto ovvio quanto irrealizzabile: non riscattare le banche troppo incompetenti per sopravvivere, regolare l’economia finanziaria, e poi stimolare la gente, cominciando dalla più bisognosa, incoraggiando mini-società per cooperative agricole, policlinici con medicinali generici per le malattie comuni della gente comune, scuole per ambo i generi e tutti i gruppi d’età. Ciononostante, in Occidente le classi al potere proteggeranno i banchieri anziché la gente comune. La formula “capit-comunista” cinese, sollevare chi è socialmente in basso per alleviarne le sofferenze e farli partecipare all’economia reale, potrebbe far miracoli in Occidente. Ma inciamperebbe sui ripidi pendii di classe, e non solo in USA.  Tuttavia: [10].

Se una chiave essenziale al progresso è un maggiore potere d’acquisto in basso, sempre più paesi, compresa l’India, imiteranno la Cina. Ciò avrà anche un grave impatto sul’auto-stima occidentale portando a maggiori turbe mentali in Occidente, non dissimili dall’epidemia di suicidi all’inizio del declino dell’Impero Asburgico.

Il motivo per la tendenza [3] – il declino dello stato e l’ascesa della Regione – è tanto semplice quanto irreversibile. Marx scrisse sui mezzi di produzione ma non di comunicazione e trasporto. Con la co-esistenza a livello mondiale in tempo reale, come con gli SMS [Short Message Service], e il trasporto ridotto a ore, la gran parte degli stati diventa molto piccola. Solo i più grandi – BRICS, USA e qualche altro – sopravviveranno, il resto verrà sempre più assorbito in regioni definite dalla prossimità geografica e dall’ affinità culturale. Il che risulta in un’Unione Europea cristiano-secolare, un’Unione Africana mista, una SAARC [Associazione di Cooperazione Regionale Sud-Asiatica] hindu-musulmana, un’ASEAN [Associazione delle Nazioni Sud-Est-Asiatiche] mista, una America Latina cattolico-secolare, una OIC [Organizzazione di Cooperazione Islamica] musulmana dal Marocco alle Filippine, un’Est-Asia confuciano-buddhista, e un’Unione Russa ortodossa-secolare con altrettanta autonomia per la Cecenia quanto per i Paesi Bassi nell’Unione Europea.

E le Regioni Unite, RU; come probabile successore delle Nazioni Unite, NU.

E ora, le tendenze sociali. Uno stato è una porzione di territorio con il potere concentrato in un’omonima organizzazione, lo “stato”. Invece le nazioni sono gruppi culturali con quattro caratteristiche: (nel complesso) lingua e religione-ideologia condivise; percezioni di tempo – cioè (miti della) storia, passato, presente, futuro – e spazio – attaccamento a certe porzioni di territorio, alla geografia – condivise. Con circa 200 stati, 20 dei quali stati-nazione con sostanzialmente una sola nazione, e 2000 nazioni, solo quattro dei circa 180 stati multi-nazionali sono pari-nazionali, nel senso che nessuna delle loro nazioni è dominante. Essi sono: in Europa la Svizzera – madre della pari-nazionalità – il Belgio, con però dei problemi, e, in Asia, l’India federale linguistica e la Malaysia. Per il resto si può ragionevolmente contare su lotte, spesso violente, per il venire in luce di nazioni in ombra, sia come stati indipendenti, come parti autonome di una federazione, o altri tipi di sovranità.

La nazione è in ascesa da molto tempo, e il trucco francese di definire le nazionalità come cittadinanze – dello stesso stato – convince solo quei pochi. La linea di faglia che mobilita oggi a uccidere ed essere uccisi è non tanto quella fra stato e stato quanto quella fra nazione e nazione, fra religioni, lingue, territori.  La natura della guerra sta mutando, ma la formula “da inter-statale a intra-statale” è sciatta; molte nazioni possono essere multi-statali quanto degli stati possono essere multi-nazionali. Moltissime, e molto diverse, (con-)federazioni ne risulteranno. Cionondimeno, le Regioni possono servire da ospitali organizzazioni-ombrello via via che un maggior flusso libero di persone attraverso i confini di stati e nazioni smorza le contraddizioni.

Gli stati sono erosi da grandi forze dall’alto – il regionalismo e il capitalismo globalizzante delle multinazionali (Trans National Corporations, TNC) e delle banche – e dal basso – il nazionalismo e le società civili non-statuali né assoggettate al capitale, che ispirano identità e solidarietà: famiglie estese, clan, tribù, sindacati, villaggi, città, metropoli, gruppi religiosi, organizzazioni guerrigliere. Gli stati sono schiacciati, ma saranno con noi ancora qualche tempo

C’è semplicemente tanto di più al mondo che gli stati, che con le carte geografiche e i loro confini a (4) colori diversi per i vari stati ci danno una guida molto inadeguata alla realtà. Eppure gli USA sono ipnotizzati da quella guida e si aggrappano irrazionalmente a una realtà che gli sta svanendo sotto gli occhi.

E c’è altro, parecchio altro. Forse il proletariato nell’analisi marxista ha perso fiato con la social-democrazia e con il crollo del socialismo di stile sovietico-est-europeo; ma la società ha altre linee di faglia oltre a quella fra acquirenti e venditori di forza-lavoro. Età, genere, razza, e nazione/alità in ampio senso culturale inclusivo di lingua e religione. Concentrandosi sull’età risultano quattro categorie: infanzia, adolescenza-istruzione, età adulta – lavoro, pensionamento. La rivolta studentesca-giovanile cominciata in America Latina nel 1963, passata in Europa nel 1968, è ora arrivata al NordAfrica-MedioOriente, alla Spagna come movimento M15, agli USA con OccupyWallStreet, e si sposterà in qualunque continente e paese del mondo, sospinta dalla disoccupazione e dall’elevata istruzione in un contesto di decisioni insensate, di autocrazia e cleptocrazia (compresa, in realtà, la corruzione).

Con una popolazione in invecchiamento (e quindi meno fertile) vista come problema anziché come risorsa di esperienza e perfino di saggezza, stiamo procedendo non solo verso altre rivolte giovanili, ma anche verso la rivolta dei pensionati. Qualcuno lamenterà fondi pensionistici persi nella speculazione; altri rivendicheranno il diritto di essere socialmente utili con il lavoro, senza sottomettersi alla dittatura di quelli di età media che gli dicono “vattene!”.

Come le persone, così i paesi; anche per loro vale il ciclo dell’età. Con gli anni 1960 nacquero un numero di paesi infanti in cerca d’identità; circondati da paesi adolescenti d’identità negativa, fatta di proteste- contestazioni. E poi ci sono paesi adulti che irraggiano progetti – i BRICS ne sono un buon esempio – e paesi pensionati il cui maggior progetto è lo status quo, restar vivi. La Cina è un ex-paese pensionato, ora nell’iter dall’infanzia all’adolescenza alla maturità.

Si aggiunga a questo l’ascesa delle donne, una tendenza rivoluzionaria, epica; una rivoluzione con base USA degli anni 1970-80, con il suo contraccolpo. La risorsa di potere per le donne è culturale, l’istruzione, dove battono facilmente i maschi indolenti per negligenza. La rivolta si estende a tutti i paesi, sfasciando la famiglia patriarcale (solo 1/5 dei nuclei famigliari USA sono costituiti da coppie sposate con figli), pretendendo il 50% di tutti i posti di lavoro.

E ciò ci porta all’ultima tendenza [10]. Le iniquità producono ineguaglianze che danno adito a rivolte – che riescano poi come rivoluzioni, sovvertendo effettivamente gli ordini sociali, è altra faccenda. Le enormi diseguaglianze – come l’1% in USA che controlla il 40% della ricchezza, e la bassa mobilità inter-generazionale – vengono sentite entro e fra i vari paesi. Qualche anno fa la crescita del PIL era attorno al 2.8%, e la crescita della disuguaglianza – il rapporto di potere d’acquisto fra il vertice sociale e il 20% in fondo – era circa il 3.2%. La crescita non compensava il destino del quintile in basso, e ora il fondo di quel fondo sta morendo al tasso di circa 125.000 al giorno; 25.000 di fame e 100.000 di malattie evitabili-curabili se si dispone del denaro necessario. Un mondo malvagio, per come lo vivono miliardi di persone.

Ci sono divari simili per il potere militare, culturale e politico? E in quanto a disuguaglianza di forze,non c’è una sola superpotenza, spacciata per il paese più potente sopra tutti gli impotenti? Beh, perché allora gli USA non riescono a vincere una guerra dopo l’altra: Vietnam, Iraq, Afghanistan, e giusto adesso Somalia, Yemen, Libia? A causa di forze diverse contrapposte, come la guerriglia, il terrorismo e la nonviolenza. Attaccare una potenza imperiale globale come gli USA o una potenza imperiale regionale come Israele con le loro stesse armi – i carrarmati di Saddam Hussein nel 1990-91 contro gli USA e i razzi di Hamas contro Israele – è una tattica stupida; perciò le altre. Sembra più facile stabilire un equilibrio di forze che un equilibrio di ricchezza. L’Asia del Sud Est ha mostrato come fare per il secondo, ma l’equilibrio di forze è più rapido.

E in quanto alla disuguaglianza culturale? Il baratro fra la luce radiante sulle nazioni e l’essere buchi neri nell’universo senza radiazione, al più con un assorbimento? La risposta è che la luce di quelle stelle sembra affievolirsi, come quando quattro dei paesi G8 – USA, Gran Bretagna, Italia e Giappone – che predicano i propri vangeli culturali al mondo si trovano in corso di de-sviluppo. Per di più, quei buchi neri possono avere vita interiore attinta alle proprie ricche risorse culturali, compresa la loro conoscenza dell’Occidente, nel bene e nel male. Infatti, possono emettere luce da millenni, ma su lunghezze d’onda non osservabili da occhi occidentali. Finché improvvisamente un modello di sviluppo giapponese esplode in faccia all’Occidente all’inizio del secolo scorso – da distruggere, e il Giappone contribuì a tale distruzione – seguito da un modello cinese simile a quello giapponese, da parte di un paese troppo grosso da battere. E altrettanto in grado di catturare le menti altrui.

E in quanto alla disuguaglianza politica? Ecco la democrazia, che pone in contrasto le maggioranze popolari con le minoranze d’élite, sempre che queste non riescano a cambiare il gioco, per esempio da un assetto di una persona-un voto a un dollaro (o un migliaio) un voto. Particolarmente gli anglo-sassoni e altri paesi NATO restano al potere nell’ONU resistendo a istituzioni democratiche ONU come Uniting for Peace – come per il riconoscimento della Palestina, qualcosa che sarebbe comunque già dovuto avvenire molto tempo fa. Per l’ONU l’opzione è ora tra democrazia o morte.

Quando si sabota la democrazia, le persone o gli stati trovano una via d’uscita, nella cooperazione fra popoli, Sud-Sud, ecc. Ridurranno la dipendenza economica, costruiranno le proprie alleanze come la SCO [Organizzazione di Cooperazione di Shanghai], si ispireranno reciprocamente – pur senza respingere le idee migliori dell’Occidente – e prenderanno le proprie decisioni. In altre parole, un’autonomia basata sullo sganciamento da gente e paesi anti-democratici – molti dei quali nella fase del pensionamento – alla Gandhi, mediante l’autosufficienza, l’impavidità, l’identità, e lo swaraj, l’autogestione.

Cerchiamo ora di riassumere con qualche riflessione sull’ovvia questione: dove ci condurrà tutto questo nei prossimi anni?

Non presumiamo alcuna primazia per le tendenze globali, né per quelle sociali: interagiscono fra loro. Sicché, la “Primavera Araba” del Nord Africa-Medio Oriente è ovviamente una rivolta contro una enorme diseguaglianza politica ed economica, fondamentalmente sostenuta dall’ascesa dei giovani e delle donne, ed essa stessa elemento promotore della loro ascesa a forze sociali primarie. Ma la rivolta è anche contro quella coppia imperiale, USA-Israele – che si considerano eletti da Dio – che formano élite dappertutto per il governo dei loro imperi mediante dittatori corrotti. La primavera araba indebolisce tali élite e gli imperi già erosi da dinamiche di lungo periodo, il che li induce a una violenza sproporzionata che a sua volta causa rivolte proporzionate.

Gli imperi USA e israeliano probabilmente crolleranno prima del 2020, ma gli USA e Israele stessi non crolleranno se avranno la saggezza di contrarsi. Un Israele vicino ai confini del 1967 potrebbe trovare casa in una Comunità del Medio Oriente con i suoi cinque vicini arabi, come fece la Germania nell’ambito del Trattato di Roma del 1958. Inoltre degli USA che escludessero guerre, interventi, basi, e diktat, potrebbero trovare casa in una Comunità NordAmericana con Messico e Canada, una MEC o MEXUSCAN. Gli attuali presidenti aumenteranno l’infamia usando molta forza e poca saggezza, aggrappandosi a imperi morenti; e così i loro successori (Lieberman? Palin?). Però i successori dei loro successori potrebbero essere realisti.

Con i due talloni d’Achille della struttura occidentale guariti, l’Occidente potrebbe effettivamente cominciare a riprendersi sotto gli aspetti economico e sociale, non essendo più vincolato a politiche estere disperate, senza futuro. A quel punto, l’ascesa del Resto e della Cina può essere andata già troppo lontano per offrire loro qualcosa come lo spazio mondiale cui sarebbero abituati. Il colossale territorio della Russia (di una Unione Russa) sarà in fioritura, probabilmente aiutata da una Primavera Russa non dissimile da quella araba. I giovani e le donne avranno ruoli primari, potendo perfino inventare un comunismo migliore. Nel 2017?

Qualcosa di analogo può capitare alla Cina; ma molto è già avvenuto, all’interno del partito. E il dinamismo sembra sostenibile, sia per la crescita – 26% annualmente per 30 anni nella zona economica dove cominciò Deng nel 1980, suscitando immense diseguaglianze per ricchezza, potere e nei confronti della natura – sia per l’ “apertura”, con 30 milioni di emigrati di ritorno annualmente verso una sempre maggiore libertà.

Più problematica è l’India con l’enorme onere delle caste nelle zone rurali, dove vive tuttora metà della popolazione. I Naxaliti sono probabilmente solo un segno premonitore della guerriglia, del terrorismo e della nonviolenza a venire. Può darsi che un giorno la Cina, con il suo problema delle nazionalità, possa imparare il federalismo linguistico dall’India, e che l’India, con il suo problema di caste/classi, possa imparare il capit-comunismo dalla Cina? Che i due paesi più popolosi al mondo si liberino l’un l’altro?

L’Africa, patria di oltre un miliardo di persone, è probabilmente coinvolta con gigantesche rivolte contro le élite allevate dall’Occidente. La Libia è appoggiata a un mare sotterraneo d’acqua dolce che potrebbe irrigare buona parte del Sahara, e l’Africa a sud del Sahara ha abbastanza ricchezze, comprese terre fertili, da alimentarsi alla grande, con le donne incaricate della distribuzione. L’America Latina sta sperimentando economie orientate ai bisogni fondamentali, come lo scambio di carne contro energia contro servizi sanitari. Interessante.

Queste rivolte arriveranno anche in Occidente; significative sono già M15 in Spagna, e Occupy negli USA, purché sappiano evitare l’errore di esigere il cambiamento dalle classi dominanti asserragliate in difesa dello status quo. Potrebbero costruire società di base come quelle succitate, con casse di risparmio cooperative che investano nell’economia reale anziché speculare nell’economia finanziaria, dati gli alti livelli di istruzione e di sanità. E data l’abbondanza di pensionati che potrebbero contribuire con esperienza e saggezza con l’incombente rivolta dei pensionati. Entro il 2015?

C’è molto potere giusto in tali tendenze. E molte forze ingiuste in agguato nell’ombra. Possa prevalere il primo.

 

41° Simposio di St Gallen-Svizzera, 11-13 maggio 2011: Potere giusto
Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis

Titolo originale: Ten Social Justice Trends Changing the World

http://www.transcend.org/tms/2012/01/ten-social-justice-trends-changing-the-world/

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