La cultura offesa

Pietro Polito

Mercoledì pomeriggio 14 settembre 2011, consiglio regionale straordinario piemontese per approvare la politica culturale della giunta Cota/Coppola (Lega/PDL). Tra i 50 operatori culturali nella tribuna del pubblico (non ne contiene di più) ci sono anche io. Accanto a Marco Revelli e a Marco Brunazzi, che in città rappresentano l’uno il liberalismo rivoluzionario di Gobetti, l’altro il socialismo sanguigno di Salvemini. Fuori molte persone separate dal palazzo da un robusto cancello, forse in ferro battuto.

La rabbia, forte, nervosa, incontrollata è scoppiata quando il Consiglio ha bocciato un ordine del giorno congiunto di consiglieri della maggioranza e dell’opposizione, mirante (badate!) non a incrementare i fondi alla cultura ma a limitarne i già consistenti tagli. Alla rabbia legittima il palazzo ha risposto con l’espulsione del pubblico dall’aula dei rappresentanti del popolo e, continuando i suoi riti, sempre più oscuri e incompresi.

Come è andata a finire? L’ordine del giorno intelligente, gravido di futuro, che lega lo sviluppo della cultura allo sviluppo produttivo della regione, che è stato proposto dalla minoranza di sinistra più estrema, non è stato nemmeno preso in considerazione. La politica culturale della giunta Cota/Coppola è passata con il soccorso “responsabile” dell’UDC. L’opposizione di governo si è comportata da opposizione di governo.

Questi i fatti. Ma cosa è successo il 14 settembre 2011 nel rapporto tra il palazzo e la cultura? E’ stata scritta una pagina che resterà nella storia politica e culturale piemontese; nella memoria di chi c’era non si cancellerà l’immagine plastica del divorzio tra la cultura delusa, derisa, espulsa, presa a schiaffoni e la politica barricata nelle sue stanze segrete, una politica sorda, muta, cieca. Come altrimenti si può definire una politica che nega il nesso evidente tra il progresso culturale e lo sviluppo economico e che rigetta una proposta ragionevole e illuminata, proveniente da entrambi gli schieramenti per non “mettere sul lastrico” le associazioni, gli istituti, le compagnie, i soggetti che nella nostra comunità fanno vivere le biblioteche, gli archivi, i musei, il teatro, la musica, il cinema, l’arte?

Che fare? Non lo so. Proverei a ripartire da un momento della protesta di ieri. Sul far della sera ci siamo seduti per terra in cerchio di fronte al palazzo per discutere sul che fare. L’assessore alla cultura della Regione Piemonte, Michele Coppola, a un certo punto è uscito dal palazzo; mentre i suoi amici di partito e di coalizione sgattaiolavano via alla chetichella, rincorsi dalle grida: “Vergogna!Vergogna!Vergogna!”, l’assessore Coppola si è unito ai consiglieri di opposizione e non si è sottratto alla sfida della protesta. Non è scappato.

Riconosco all’assessore il coraggio della sua posizione. E’ impossibile un dialogo tra la nostra politica della cultura e la loro politica culturale? Si può immaginare una sede, uno spazio, un luogo in cui due visioni della cultura, distanti se non opposte, si confrontino in un pubblico dibattito?

 

Pietro Polito

Centro studi Piero Gobetti – Archivio Norberto Bobbio


 

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