L’Occidente ha una teoria sulla pace… balorda

Johan Galtung

Da Vonnas, in Francia, fra Bourg-en-Bresse e Macon, patria di ristoranti *** della Guida Michelin, del Georges Blanc, che servono cose come Coeur de Carré de Veau Elevé sous la Mère–Mijoté aux Petits Oignons, le Ris Doré et un Méli-Mélo estival, le Jus Nourru de Pistou, Roquette et Citronnelle. Divino. Il padrone ha fatto il suo giro fra gli ospiti ed è stato debitamente servito, a sua volta: “se il ministero degli Esteri francese avesse la sua creatività a tre stelle – non solo la normale convenzionalità dell’École normale – la sua politica estera potrebbe decollare, andando oltre al piatto offerto alla Libia: patatine fritte. Persino inzuppate d’olio. Come ha ordinato quel “filosofo”, Bernard-Henri Lévy. Lasciando perdere anche i piatti tipici USA: hamburger, frankfurter fritti. E berliner, dresdner – dove stanno allestendo un museo della storia delle guerre così come furono vissute dalle vittime – le varie Tokyo, Hiroshima, Nagasaki.

Ma lasciamo perdere tutto ciò e mettiamo da parte quanto sappiamo su Gli effetti dei bombardamenti strategici sul morale giapponese e tedesco (giugno 1947, un membro della squadra era J. Kenneth Galbraith) e il ben più profondo Der Brand: Deutschland im Bombenkrieg 1940-1945, (München, 2002) [traduzione italiana: Joerg Friedrich, La Germania bombardata, Mondadori, Milano 2004] . E concentriamoci sulla teoria occidentale della pace, su quanto si vuole conseguire per costruire un mondo più pacifico. Sarebbero i primi a dire che i bombardamenti sono solo un deprecabile, ma necessario, primo passo. Ce ne sono molti tuttavia. Zoltan Grossman ha aggiornato il suo elenco per includervi la Libia 2011-? ( in effetti, sì; vedi: http://academic.evergreen.edu/g/grossmaz/interventions.html, ndt), e come per la fine dell’Impero Romano (d’Occidente) il numero sta aumentando mentre si va verso l’inevitabile crollo.

Secondo uno studio della Brown University “i costi totali delle guerre USA in Iraq e Afghanistan, più le operazioni militari correlate in Pakistan, sono avviati a superare i 4 trilioni di dollari – oltre tre volte quanto finora autorizzato dal Congress nel decennio iniziato con gli attacchi dell’11 settembre” (http://costsofwar.org ) E: “A 4 trilioni e passa il loro costo complessivo sta uguagliando quello della seconda guerra mondiale, valutato intorno a 4.1 trilioni di dollari”.

Denaro a prestito, dato il deficit del bilancio federale ai 1,5 trilioni di dollari.

La teoria occidentale della pace si basa su tre caratteristiche statali: lo stato di diritto, i diritti umani, e la democrazia. La pecca logica è chiara: queste sono caratteristiche degli stati, non delle relazioni fra di essi –come equo-orizzontale rispetto a iniquo-verticale. Una relazione nelle organizzazioni multilaterali è come all’ONU. Comprende il controllo delle grandi potenze? Risposta: No. Garantisce le deliberazioni votate con maggioranza qualificata all’Assemblea Generale Uniti per la Pace? Risposta: No. Garantisce che i cittadini di qualunque paese accusati di crimini contro la pace, l’umanità e – di recente – la natura, possano essere perseguiti? Risposta: No.

Tuttavia, se queste tre caratteristiche fossero cinonostante così intensamente correlate alla pace da poter cominciare a parlare di relazioni causali, la differenza fra caratteristica e relazione rimarrebbe, ma più in teoria che nell’effettiva realtà. Ma, come è stato fatto notare molte volte da queste colonne, i primi quattro paesi belligeranti per il numero di guerre a cui hanno partecipato, diviso per il numero di anni da quando esistono, sono gli USA, Israele, l’Impero Ottomano e il Regno Unito; con i numeri 1, 2, 4 (e l’aggiunta d’Italia e Francia) a occupare il declinante, anzi cadente, n° 3. Tutti e tre sono considerati in alto rispetto ai tre pilastri della pace. Eppure!

L’obiezione sarebbe che anche altri dovrebbero essere ben piazzati nella classifica sulle tre caratteristiche per la pace per essere inclusi; di conseguenza, una condotta bellica può essere giustificata in quanto azione difensiva contro stati con il dominio di un singolo uomo, niente diritti umani civili e politici, e un’autocrazia. Per poi, a vittoria avvenuta, cambiare tali ordinamenti affinché incorporino lo stato di diritto, i diritti umani e la democrazia. La partecipazione alla guerra è necessaria per sopravvivere, e sufficiente per la pace. La Germania e il Giappone, rispettivamente dopo il maggio e l’ agosto 1945 sono esempi chiave.

Ma la Germania e il Giappone erano democratici prima delle loro autocrazie anti-occidentali – contro il Trattato di Versailles in Europa, e il colonialismo in Asia – e dopo la guerra ottennero effettivamente ciò per cui avevano combattuto: lo statuto di membri nel circolo degli stati privilegiati. Ma pur così, partecipare alle guerre condotte dagli USA è ben lungi da ragionevoli concetti di pace.

Evidentemente, ci sono intoppi, oltre a qualche verità, nella teoria.

Quelle tre caratteristiche possono forse essere condizioni sufficienti, seppur non necessarie, alla pace interna. Dico forse perché:

– lo stato di diritto occidentale esclude atti illegali di commissione, ma non quelli estremamente illegittimi di omissione quali non fare nulla per flagranti diseguaglianze che uccidono persone ovunque;

– i diritti umani di concezione occidentale sono quelli individuali di una cultura dell’io, non quelli collettivi delle culture del noi; e

– la democrazia d’ispirazione occidentale – basata in linea di principio su una persona un voto e sul governo della maggioranza – può funzionare bene in società omogenee come i paesi Nordici, la Germania e il Giappone, ma non in paesi profondamente divisi per nazionalità in generale e per religione in particolare, o separati da radicate strutture sociali come i clan.

La teoria può funzionare per la violenza diretta e una pace basata su atti di commissione, ma non per superare la violenza strutturale – l’iniquità – basata su atti di omissione; i diritti umani individuali possono funzionare in società amorfe di individui senza reciproche relazioni ma non per popoli con forti nazionalità; e il conteggio dei voti individuali può funzionare nelle culture dell’io ma non nelle culture del noi che praticano il dialogo in vista di un consenso.

Tutti e tre i problemi riguardano la Libia. Imporre una legge indifferente alla struttura sociale e una cultura dell’io cristiana attribuirebbe alla Legge, ai Diritti Umani e alla Democrazia accezioni negative, e l’Occidente non conosce altri percorsi oltre al proprio. La cultura del noi dell’Islam, dei clan dell’Iraq e della Libia, e le nazionalità dell’Afghanistan condannano al fallimento l’approccio occidentale ancor prima delle tre invasioni. Stando alle condizioni occidentali, questo approccio può funzionare. Ma molto, molto meglio e molto più universale sarebbe l’equità come strada per la pace.

L’occidentalizzazione del resto del mondo condurrà a infiniti problemi e alla guerra. E se l’Occidente dovesse pur riuscire, la clonazione produrrebbe economie in declino, in eclisse, anziché emergenti, e a post-modernità con disturbi mentali e crimine nella sua scia. E ancor più guerre, combattute per la pace.

Meglio lasciare le patatine fritte, e cominciare a scalare per raggiungere le tre stelle.


11 luglio 2011 – TRANSCEND Media Service

Titolo originale: The West Has a Peace Theory – And a Bad One

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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