Lettera ad Aldo Capitini

Caro Aldo,

quest’anno ogni mese ci siamo riuniti in amicizia per ricordare alcuni maestri della pace e della nonviolenza e certo non potevamo dimenticarti, anche perché ricorre il 50° anniversario della prima Marcia della Pace Perugia-Assisi, da te promossa, che segnò per l’Italia una data fondamentale sulla via maestra della nonviolenza e che fece conoscere a un intero popolo la tua vita e il tuo pensiero.

Molti di noi non ti hanno conosciuto di persona né ti potevano conoscere perché sei morto nel 1968, ma tu continui a vivere con noi, per noi, in noi. Proprio per questo pensiamo che questa lettera ti arriverà.

D’altra parte tu stesso hai scritto in occasione della perdita di un amico:

A te che sei oggi davanti a noi come morto, porgiamo un saluto di gratitudine per tutto ciò che hai dato da vivo e per tutto ciò che continuerai a darci in eterno… E un giorno sarai visibile, non perché ritornerai da una lontananza, ma perché finirà questa realtà che ci impedisce di vedere…Intanto attuando valori saremo insieme e sempre più uniti. Noi ti parliamo a nome di tutti…e più saremo certi che tu nella compresenza di tutti ci dai un aiuto, più sarà per noi una festa”.

Tanti sono i motivi per ringraziarti, a cominciare appunto dalla tua non accettazione della paura della morte.

Hai fondato addirittura una teoria filosofica, definita come ‘La compresenza dei morti e dei viventi’, quasi una resurrezione avvenuta fin da principio, che accomuna tutti gli esseri, e che possiamo sperimentare se entriamo nella dimensione rivoluzionaria della verità infinita della nonviolenza.

Tu hai raccontato che questa verità, che pure avevi in te stesso, l’hai scoperta pian piano, facendoti all’inizio discepolo di Gandhi, l’apostolo dell’India, che nella sua vita era riuscito a coniugare insieme verità e nonviolenza, religione e politica.

Tu hai accolto da lui quella lezione di liberazione sociale e umana, e hai cercato di trasferirla in Italia aggiungendo a quella prassi di verità, una teoria che si colora con gli accenti propri della cultura occidentale.

Sei diventato anche tu un maestro, ma un maestro-profeta. A questo proposito hai scritto una pagina bellissima:

L’educazione moderna si svolge non soltanto lungo la linea del passaggio dall’educatore all’educando, ma anche lungo quella dell’educarsi insieme…Mai come in questi decenni l’umanità è stata una scuola reciproca, un educarsi insieme… E il principio dell’educazione è messo in rapporto con una coscienza cosmopolitica e democratica, che rifiuta autorità trascendenti e sovranità autoritarie… Ma proprio nel punto in cui si è raggiunta la sostituzione della ragionevolezza alla forza, della persuasione all’autorità, dell’apertura all’esclusivismo e all’intolleranza, dell’orizzonte mondiale al nazionalismo, e la dimensione orizzontale si estende da ogni lato, sorge l’altra dimensione, per così dire verticale, che si può chiamare del ‘profeta’, il quale è nella comunità, ma porta una dimensione singolare, annunciando una verità che si pone in aperta polemica con la realtà circostante, e sollecita questa diffidenza verso il presente e apertura al futuro e s’incentra nella tensione, che è caratteristica della religione verso la liberazione…”.

Hai racchiuso in questa pagina molte delle tue idee-forza, alle quali ti sei sempre inspirato nella tua vita spesa per la nonviolenza, fin da quando ti opponesti alla dittatura fascista, perdendo il posto alla Normale di Pisa; poi all’autoritarismo cattolico che ti impedì per anni di avere la cattedra di Pedagogia all’università di Perugia. Ti opponesti alla Chiesa concordataria prima, e poi a quella che non riconosceva i diritti civili; ma anche ai partiti che non si aprivano alla partecipazione dei cittadini. Sognavi dei centri religiosi e sociali attraverso i quali si potesse rinsaldare una democrazia dimidiata e anemica e si affermasse una religione aperta senza paura al nuovo, all’inedito, all’infinito.

Sei stato per questo definito un eretico della religione e della politica. Per noi sei stato invece un profeta che voleva aprire queste due dimensioni fondamentali della vita alla verità dell’incontro con tutti, anche e soprattutto con i poveri, gli sfruttati, i malati, i derelitti, i pazzi, i morenti: solo così la democrazia si invera e la religione si rivela come vicinanza intima con Dio.

Ma per giungere a ciò occorre intraprendere la via della nonviolenza, che dicevi essere “il parto di questi anni” e che “ non è come cambiar posto a una sedia sulla scena”. Scrivevi ancora:

Della nonviolenza si può dare una definizione molto semplice: essa è una scelta di un modo di pensare e di agire che non sia oppressione o distruzione di qualsiasi essere vivente, in particolare di essere umani”.

Con la nonviolenza, che definivi anche in maniera positiva come “attiva apertura all’esistenza, alla libertà, allo sviluppo, alla compresenza di tutti gli esseri”, tutto è destinato a mutare. Con la nonviolenza si aprono orizzonti infiniti.

Ma qual è il primo passo da compiere? E’ il rifiuto della guerra. E infatti sostenevi che attraverso l’obiezione di coscienza al servizio militare e alle spese militari si può far sparire la guerra dalla faccia della terra.

Noi grazie al tuo insegnamento, alla tua lezione di vita, desideriamo incamminarci su questa via.

Per questo il prossimo 25 settembre speriamo di venire alla tua Marcia della Pace Perugia-Assisi, per far festa con tanti e per vivere nel tuo vivo ricordo il valore dell’amore nonviolento che ci accomuna e ci fa sognare ad occhi aperti traguardi luminosi e inaspettati.

Noi ancora una volta ti diciamo grazie e ti inviamo il nostro più sincero, affettuoso, fraterno saluto.

Roma, 8 giugno 2011

 

Le amiche e gli amici del Cipax e di tante altre associazioni che aspirano alla pace e alla nonviolenza

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