Invece dell’«Isola dei famosi»… Recensione di Cinzia Picchioni

Franco Fichera, Le belle tasse, Einaudi, Torino 2011, pp. 90. € 12,00

…perché non si fa un reality con questa esperienza? Sto parlando del libro «Le belle tasse» dove si racconta l’esperienza vissuta in alcune scuole sul tema delle tasse.

Le scuole coinvolte – fra le altre – sono state la Niccolò Tommaseo e la Padre Gemelli di Torino. Qui l’autore è stato coinvolto in una serie di incontri per «spiegare le tasse ai bambini» e lui pensò bene di… distribuire dei cioccolatini! Perché ha pensato che il legame tra la parola «tassa» e l’aggettivo «bella» si perda sempre di più; ha pensato che bisognasse regalare un po’ di «realtà» a questo «mistero» delle tasse, che a tutti sembra insondabile, riducendosi solo a un pagamento senza saperne il perché; che bisognasse «fare» per imparare, usando i cioccolatini come soldini. Perché

«I bambini, così, vedranno che il sacrificio individuale (la tassazione) permette la realizzazione di obiettivi collettivi (le spese pubbliche). E coglieranno che la modalità attraverso cui ciò si realizza è quella dell’«altruismo imposto» o del «dovere di salidarietà» (p. 8)

Ecco allora che sono stati organizzati dei veri e propri Consigli Comunali (nelle aule vere e proprie dei Consigli, fatto che si è rivelato molto importante se non decisivo per ufficializzare l’evento), formati da bambini e bambine tra i nove e i dieci anni, n un numero non inferiore a cento. Questi sono gli unici vincoli del gioco (insieme a quello che il gioco si svolga senza la presenza di un pubblico): fra i nove e i dieci anni il gioco si prende sul serio, prima o dopo è più difficile che avvenga.

Il libro contiene il resoconto dell’esperienza, ma anche le istruzioni per organizzarlo di nuovo, con un capitolo intitolato proprio «Come si fa», con schemi di domande, moduli, note per i «governanti» e tutto quello che può servire durante lo svolgimento del gioco.

Giocando, i bambini

(…) si sono pronunciati a favore delle spesa per gli ospedali, per le scuole, per i poveri, per l’Abruzzo, per pulire le strade (…)

Giocando i bambini hanno scoperto

«La Costituzione dice che si ha diritto a ricvere certi servizi semplicemente perché si è una persona (…) quella spesa il govrno la deve prevedere, non la può eliminare» (p. 50)

Anche noi, quando andiamo in ospedale e non spendiamo neanche un euro per l’assistenza, ci pensiamo che è dovuto al fatto che altri – e noi stessi – abbiamo pagato «le tasse», magari quando il pensiero di finire in ospedale neanche ci sfiorava? «Sacrificio individuale» per «benessere collettivo», questa è l’equazione, per questo le tasse sono belle. Io ci credo, sono stata cresciuta con questo principio, per questo mi è piaciuto ricevere questo libro da recensire:

«un “testo” da cui trarre o ricostruire i significati (…) di un lessico giuridico e politico che a partire dalla tassazione è in grado di dar conto di nozioni quali: diritti e doveri, comunità, libertà, giustizia, ordinamento giuridico, costtuzione, legge, sanzione, governo, spesa pubblica, bene comune, pluralismo» (p. 10).

Insomma, tu paga le tasse, che prima o poi ti capiterà di aver bisogno di andare in ospedale, di trovare la strada pulita, di guidare senza rischiare la vita perché i semafori non funzionano e non ci sono i vigili, di chiamare i carabineri, di far portare via un mobile dal cortile, di guidare la bicicletta senza cadere in una buca sulla strada, di …?

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