I conti con il nemico. Scritti di Nuto e su Nuto Revelli – Recensione di Nanni Salio

Nuto Revelli, I conti con il nemico. Scritti di Nuto e su Nuto Revelli, a cura di Luigi Bonanate, Aragno, Torino 2011, pp. 150

L’aforisma di Erasmo da Rotterdam, “chi ama la guerra, non l’ha vista in faccia” (dulce bellum inexpertis), torna immediatamente in mente leggendo questa raccolta di contributi a cura di Luigi Bonanate su Nuto Revelli e di Nuto Revelli.

I traumi profondi della guerra segnano per una vita intera, anche se non vengono quasi mai “contabilizzati” nelle aride statistiche che si limitano al conteggio dei morti. E Nuto Revelli ha impiegato gran parte della sua vita, sino a quando ha incontrato il “disperso di Marburg”, nel rielaborare le sue ferite interiori e soprattutto il suo rapporto “con il nemico”.

In questa sua ricerca, non mi risulta che Nuto si sia accostato in modo esplicito alla cultura della nonviolenza, come d’altronde è avvenuto per la maggior parte di coloro che hanno partecipato alla resistenza armata contro il nazifascismo. E’ un capitolo della sua storia forse ancora aperto e da esplorare, perché per fare i conti sino in fondo con il nemico, occorre entrare nel vivo della trasformazione nonviolenta del conflitto, cominciando col sostituire la parola nemico con quella meno cruenta di avversario.

Ha ragione Bonanate nell’osservare, con onestà intellettuale, che “un tempo, pensavo, snobisticamente, che quella parte della letteratura di guerra che chiamiamo, in prima approssimazione, memorialistica, fosse, pur nella nobiltà della sua sincerità, un sottoprodotto assolutamente incapace di arricchire le analisi scientifiche sulla guerra…” (p. VII). Certo, non tutta questa letteratura è di buon livello, ma autori come Nuto e altri, tra quelli ricordati da Bonanate, quali Emilio Lussu e Mario Rigoni Stern, hanno certamente contribuito a fornire elementi preziosi su cui riflettere.

In una mostra su “ItaliaEuropa: lavoro e pace in 150 anni”, che abbiamo curato con Renzo Dutto della comunità di Mambre (Busca) presso Palazzo Samone, a Cuneo, abbiamo dedicato ampio spazio agli episodi, spesso poco conosciuti, di resistenza civile non armata (o nonviolenta). E c’è anche un ricordo di Nuto Revelli, visto più come studioso del “mondo dei vinti” che come resistente.

La resistenza civile non armata è il ponte necessario su cui continuare a lavorare per superare le diffidenze che ancora serpeggiano tra le fila di coloro che hanno partecipato alla resistenza armata, nei confronti della nonviolenza.

Come non ricordare, a tale proposito, la straordinaria e geniale opera di Nelson Mandela ricostruita da John Carlin nel libro “Ama il tuo nemico. Nelson Mandela e la partita di rugby che ha fatto nascere una nazione” (Sperling & Kupfer, Milano 2009). E anche la testimonianza di Enrico Peyretti su Carl Schiffer, il “tedesco buono” (http://www.ildialogo.org/testimoni/Lutti_1295257866.htm).

Il libro raccoglie gli interventi di numerosi autori a partire dal “disperso di Marburg” e, dopo l’introduzione di Bonanate, si apre con la prolusione di Nuto, letta in occasione del conferimento della laurea honiris causa all’Università di Torino, sinora inedita, intitolata giustamente e provocatoriamente ”sull’ignoranza”. Da sola, questa sua riflessione riassume gran parte della tragedia vissuta in quegli anni: “Eh l’ignoranza! Eh la retorica patriottarda che mascherava malamente quell’insipienza, quei misfatti.”

Che direbbe, oggi, Nuto di fronte ad altri misfatti mascherati anch’essi, in modo più subdolo, come “guerre umanitarie” (Kossovo, Libia) o come lotta al terrorismo (Iraq, Afghanistan)?

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