Vittorio e l’attacco di Israele all’Intifada intellettuale

Lauren Booth

L’uccisione di Vittorio (Vik) Arrigoni a Gaza questa settimana segue (troppo) da vicino l’assassinio del pacifista pro-palestinese Juliano Mer Khamis in Cisgiordania. A Juliano, 52enne, hanno sparato a morte davanti al Teatro della Libertà nel Campo Profughi di Jenin in Cisgiordania il 4 aprile. Il suo documentario Arnas’s Children [I figli di Arna] esponeva in dettaglio il lavoro di questa madre nell’assistere i bambini palestinesi a gestire il trauma di vivere sotto l’occupazione mediante l’uso del dramma e dell’auto- espressione.

La fine prematura, sanguinosa, di Juliano era fra quelle che aveva previsto lui stesso tre anni fa alla televisione israeliana.

Vittorio Arrigoni è stato trovato, questa settimana, impiccato da ‘fanatici’ armati in un appartamento a Gaza. Una fine che non avrebbe mai e poi mai previsto.

C’è stata condanna in tutto il mondo per l’uccisione di entrambi.

Per gli amici di Vik, toccati per sempre dalla sua voce profonda e piena di sorriso, il dolore della sua perdita è acuito da due fattori. Il primo è la modalità brutale della sua morte, perché Vik era un gigante garbato: un Sansone di taglia e aspetto, con capelli neri ricci attorno a un viso dai lineamenti marcati, braccia muscolose, atte a raccogliere un bimbo che passava, o a sventolare la bandiera palestinese con brevi preavvisi in faccia ai cecchini israeliani che miravano ai contadini intenti nel loro raccolto, o sparavano ai pescatori nelle acque costiere di Gaza.

Che un uomo dedito alla resistenza nonviolenta morisse violentemente è davvero brutto.

Ma peggio ancora, ben peggio, è che i suoi nemici giurati, i ‘fascisti’ d’Israele (come lui chiamava il governo) cerchino vantaggi politici da una vita vissuta sfidandoli direttamente. Questo, tanto quanto la vista di quell’ultimo orrendo filmato che lo mostrava con gli occhi chiusi dal nastro e il viso ammaccato, è un coltello piantato nel cuore di chi lo amava o lo conosceva.

Il titolo ‘Pacifista italiano ucciso da estremisti palestinesi’ è un lugubre sogno dei propagandisti israeliani. Un dono potenzialmente grande nelle sue implicazioni politiche, come l’attuale inevitabile ritrattazione del rapporto Goldstone dell’ONU. Perché? Per due ragioni. Per prima cosa, se non si fa nulla, e alla svelta, Israele userà l’impulso offerto da questi due avvenimenti come pretesto per invadere nuovamente la Striscia di Gaza sollevando presunte questioni di ‘terrorismo e sicurezza’.

In secondo luogo, gli israeliani stanno cercando di porre fine alla crescente pressione del movimento che si oppone all’assedio e alla crescente attrazione esercitata dal Movimento di Solidarietà Internazionale (International Solidarity Movement, ISM).

Il che ci porta alla scelta dei tempi per i due assassinii, di Juliano e di Vittorio. Erano rispettati entrambi per il loro lavoro creativo. Juliano, per ispirare una nuova generazione di attori e scrittori a Jenin e per la sua filmografia sulla vita sotto l’occupazione.

Vik per i suoi apprezzati scritti e trasmissioni sulle sofferenze dei palestinesi a Gaza.

Entrambi facevano parte di una nuova rivolta, senza dubbio la più riuscita finora. La rivolta che tocca Israele dove fa più male – negli studi TV d’Europa e USA, parlando direttamente al mondo intellettuale. Il loro impatto sulla macchina dei ‘fascisti’ d’Israele era un fenomeno in espansione nei mondi di twitter e facebook. Avevano voci come nessun altro in questo movimento.

Più ancora, Vik faceva da perno nella ricostituzione del Gruppo ISM per Gaza, il team di resistenza nonviolenta messo in difficoltà dopo l’assassinio di due suoi membri da parte delle forze israeliane: Tom Hurndall e Rachel Corrie. Dopo queste uccisioni fu chiaro che i capi d’Israele avevano preso la decisione non solo di ignorare i diritti umani degli internazionali in Cisgiordania e a Gaza (mettendoli così alla pari con i palestinesi), ma di colpirli direttamente. La riflessione interna all’ISM, a Gaza, ha richiesto tempo per decidere se dovevano o meno incoraggiare giovani attivisti a unirsi anch’essi alla missione sempre più impegnativa di accompagnare i residenti di Gaza nelle loro attività quotidiane. Gli scudi umani funzionano. La morte di Tom Hurndall e Rachel Corrie faceva parte di uno specifico attacco di Israele all’opera sempre più incisiva dell’ISM.

Più recentemente, i comandanti delle Forze d’Occupazione Israeliane hanno concentrato l’attenzione sugli sforzi dei “Movimenti per Gaza Libera” per rompere l’assedio di Gaza dal mare.

Non è una banale coincidenza quindi che sia Juliano sia Vittorio siano stati uccisi nel giro di due settimane. Entrambi per mano di ‘cellule’ palestinesi sconosciute. Come si dice alla TV per bambini: diteci che cosa non va in quest’immagine?

I sostenitori d’Israele si sentiranno certo indignati dall’asserzione che Vittorio sia stato assassinato da qualcuno quasi certamente pagato dallo stato ebraico. Ma non possono liberarsene e ergersi al tempo setsso a loro vendicatori acuendo la repressione. Non questa volta. Troppi di noi hanno gli occhi aperti sulle oscene tattiche impiegate da Israele ogni qual volta subisce un attacco intellettuale. E non c’è dubbio che l’Apartheid israeliano stia perdendo presa oggigiorno.

Ancora dubbiosi su chi c’era dietro l’assassinio di Vittorio? Beh, quante volte la stampa israeliana ha lodato e applaudito le ‘operazioni segrete’ nei Territori Occupati? Serve qualche esempio? Bene. Nel 1952, agenti Shin Bet furono inviati in incognito a spiare nei villaggi palestinesi. Dieci ebrei assimilati nelle comunità arabe nei primi anni 1950 col matrimonio con donne locali e la formazione di nuove famiglie, nel frattempo erano al servizio del Shin Bet come “mistaarvim,” letteralmente camuffati. Tali uomini impararono il dialetto palestinese, studiarono il Corano e le tecniche di spionaggio in una base del Servizio Spionaggio presso Ramla. Con una storia particolareggiata per coprire la loro attività, furono inviati in villaggi e città palestinesi fingendo di essere profughi della Nakba di ritorno a casa.

Solo quest’anno, Israele ha eseguito un assassinio a Dubai di un membro di Hamas (ossia lo ‘scandalo dei passaporti’, come era noto nei media britannici). Agenti Mossad hanno rapito un ingegnere palestinese dall’Ucraina, che è ora illegalmente detenuto in un carcere israeliano.

E in quanto alla sadica coercizione cui sono stati assoggettati palestinesi con malattie croniche dallo Shin Bet? Nota a Gaza come tradimento per cura? Un paziente palestinese richiede un permesso al Dipartimento dei Legami Civili Israelo-Palestinesi per recarsi da Gaza alla Cisgiordania o in Israele per un’operazione. Dopo sforzi fiaccanti, lui e altri pazienti ricevono i permessi e vanno a Erez. Autorevoli centri sui diritti umani riferiscono che ufficiali Shin Bet allora cercano di coercire e intrappolare i pazienti, per fare lavori sporchi per conto dei servizi segreti nei loro villaggi e nelle loro città in cambio di un trattamento medico rapido o continuativo.

Sì, gente, spie-per-la-salute.

Israele allora ‘ha un contegno’ quando si tratta di mentire, assassinare e coercire, per i propri scopi.

Mentre Hamas individua gli autori di questo più recente crimine mortale, Gaza è tutta un ronzio di notizie secondo cui si riuscirà effettivamente a dimostrare che sono collaboratori israeliani.

Sono già state rilasciate dichiarazioni di smentita dai ‘salafiti’ accusati dell’assassinio, nonostante il fatto che i media occidentali insistano ancora con la storia della loro colpevolezza.

Ci sono state dichiarazioni di Tawid wal – Jihad e Ma’sadat al-Mujahedin. In una delle loro dichiarazioni affermano: “neghiamo decisamente qualsiasi responsabilità nel rapimento o connessa ad esso dell’italiano (Vittorio Arrigoni)… Le nostre dichiarazioni vengono distribuite esclusivamente mediante Shoumouk al–Islam, Attahadi Network e l’Ansar al-Mujahideen Network…Qualunque affermazione attribuitaci che non sia rilasciata mediante questi canali, non ha nulla a che fare con noi, anche se pubblicata sui siti web del Jihad…”

Quindi, a chi giova l’uccisione di Vittorio Arrigoni? E quale significato ha la scelta di questo specifico momento per il suo assassinio?

Sicuro, il video dei rapitori sembrava autentico a tutta prima. Aveva tutta la struttura abituale del tipo di video dei ‘jihadisti’ che tanto piacciono alla stampa tabloid: la bandiera nera dell’Islam, il versetto coranico nell’introduzione, una ripresa della vittima rapita. Ma un piccolo particolare sulla bandiera nera, sotto l’espressione preziosa, islamicamente intoccabile ‘Non c’è altro Dio che Dio’ solleva domande sull’autenticità della conoscenza del gruppo sull’Islam. Le parole in più suonano all’incirca “le Brigate di Muhammad Ibn Maslama”. Questo è stato difficile da verificare da parte degli esperti perché il video è stato sistematicamente tolto da YouTube. Ma una cosa è certa: gli ‘jihadisti’ non scrivono mai sulla bandiera NULL’ALTRO che La Ilaha Ila Allah.

Altrettanto insolita era la mancanza del logos abituale dei canali di distribuzione dei media jihadisti: Shoumoukh al-Islam, Ansar al-Mujahideen, Global Islamic Media Front, ecc. (vedi la dichiarazione di smentita qui sopra).

Ecco, adesso ne sapete quanto serve, a chi interessa?

Vik; amico, attivista della solidarietà, eroe, autore, è morto e il suo nemico sta traendo profitto dalla sua vita; una vita dedicata all’opposizione al fascismo israeliano.

Allora ciò che ora dev’essere al centro dell’attenzione è che cosa si può, si deve, fare. Non solo per i suoi amici ma per tutti quelli che sostengono la causa della giustizia per i palestinesi.

Fu nel 2008 che Vittorio arrivò a Gaza per la prima volta, come passeggero di Freegaza. Io ebbi il piacere di essere una delle attiviste in arrivo con lui quel giorno. Durante le settimane precedenti la riuscita traversata tutti i passeggeri avevano considerato le possibili tattiche d’Israele per impedire l’effettiva apertura di un canale marittimo. Due opzioni sembravano le più probabili.

La prima era quella di un abbordaggio violento delle navi, che avrebbe comportato vari morti e sarebbe servito da monito a non intraprendere una navigazione per altri potenziali viaggiatori.

La seconda opzione era quella che temevo di più: l’uso di collaboratori a terra che facessero il lavoro sporco per Israele, una rete di ‘cellule’ pagate che rapisse gli attivisti uno a uno nella Striscia di Gaza. Entrambe opzioni terrificanti per il movimento di solidarietà E tali da fornire a Israele qualche titolo vantaggioso, quanto mai necessario, del tipo visto appunto dopo la morte di Vik.

Conosciamo tutti anche troppo bene il sanguinoso massacro avvenuto l’anno scorso sulla Mavi Marmara, commesso dalle forze israeliane. Ora, mentre la seconda Armada prevede di seguirne la rotta in tale anniversario o intorno a quella data, Israele mette in atto tutti gli impedimenti di cui è in grado per fermare, impaurire, minacciare e dissuadere centinaia di altri attivisti dall’intraprendere un’azione contro il loro stato di Apartheid.

L’ambasciatore d’Israele in Turchia, Gaby Levy, ha appena chiesto al governo turco di aiutare a trattenere il movimento della flottiglia dicendo che la navigazione sarebbe una “provocazione”. A proposito di tale pressione, un funzionario del ministero degli esteri turco ha risposto alla Reuters: “Abbiamo ascoltato il messaggio trasmesso da parte israeliana e risposto che si tratta di un’iniziativa della società civile”.?I l funzionario non ha fatto altre valutazioni.

Primo colpo, per Israele. Ma gli sforzi sono continuati.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha fatto visita all’ambasciatore UE a Gerusalemme dicendo “Questa flottiglia bisogna fermarla”.

E c’è dell’altro: il 1° aprile l’ufficio di Netahyahu ha chiesto al segretario generale ONU Ban Ki-moon di impedire alla flottiglia di issare le vele, dicendogli che quella missione di navi era organizzata da (indovinate un po’) “estremisti islamici” intenti a far maturare una “fiammata”.

Poi, mercoledì scorso, il moralmente fallimentare Silvio Berlusconi ha detto a Radio Israele che avrebbe agito per impedire alla prossima flottiglia con destinazione Gaza di salpare. Berlusconi ha detto che un medio Oriente pacifico è ora più lontano dalla realtà che mai, non avendo Israele un valido interlocutore per la pace. Ha anche aggiunto che Israele è l’unico paese del Medio Oriente di cui l’Occidente possa fidarsi e che dovrebbe entrare nell’Unione Europea.

Il giorno dopo, Vik è stato rapito. La notte stessa, prima che potesse aver luogo qualunque negoziato realistico per il suo rilascio, Vik è stato assassinato.

Da sentirsi male, adesso? Anch’io.

Perché questo è stato un colpo, un colpo fatto per intimidire, per spaventare sino all’inerzia coloro che si sono già impegnati nella prossima flottiglia per Gaza e magari ci vanno per la prima volta, quelli che non conoscono l’eccezionale buona volontà e generosità della gente locale. Una buona volontà di cui Vik avrebbe avuto da raccontare se ci fosse ancora.

Non dobbiamo permettere ai ‘fascisti’ israeliani di riuscire nella loro ultima tattica terroristica. I primi segni sono che, con tutto il dolore causato dalla morte di Vik, tutte le lacrime sparse, noi del movimento di solidarietà cresceremo in determinazione, alla luce di questo crimine. L’ISM ha registrato dalla sua morte un significativo aumento di persone che vogliono andare in Palestina.

Frattanto un contatto del Movimento Freegaza mi dice che neppure uno dei partecipanti al prossimo convoglio, che comprenderà turchi, algerini, scozzesi, spagnoli, olandesi, irlandesi, italiani, svedesi, norvegesi, giordani, malesi, indonesiani, svizzeri, statunitensi, canadesi, britannici e francesi, si è tirato indietro per effetto della morte di Vik.

E ora arriva l’incredibile notizia: la madre di Vik stessa desidera salpare per Gaza con la prossima flottiglia. Egidia Arrigoni ha detto a fonti giornalistiche italiane: “Voglio vedere la Gaza che mio figlio amava e per cui si è sacrificato, voglio incontrare la brava gente che vive lì, di cui mio figlio Vik mi parlava sempre”.

La madre di Vittorio sapeva delle minacce di morte che Vittorio riceveva da un gruppo di destra USA sul loro sito web. Sapeva anche che lui amava la gente di Gaza con ogni particella della sua straordinaria forza, con ogni suo sorriso, e a ogni suo risveglio.

Ieri, organizzatori della flottiglia Free Gaza hanno annunciato che il prossimo viaggio a Gaza sarà chiamato “Flottiglia della Libertà – Restiamo umani” in onore del nostro amico ucciso, Vittorio Arrigoni.

Adesso è ora che i capi palestinesi rendano un tributo decente a questo grande uomo. No. Come non detto. Come direbbe Vik stesso, è ora che rendano un tributo decente a TUTTI i martiri palestinesi caduti.

Che gran giorno sarebbe se in giugno Egidia Arrigoni, la madre di Vittorio, arrivasse a Gaza accolta da un solo governo unito! Immaginalo, Vik: Abbas e Haniyeh fianco a fianco. Una Palestina, una voce. Un governo in grado di impedire a Israele d’infiltrarsi fra le sue fila per uccidere quelli che arrivano a portare speranza e solidarietà.

Come direbbe il mio caro, meraviglioso, forte, buffo amico Vik:

‘Dai, forza!’


TRANSCEND Media Service (In Focus)

Titolo originale: Vittorio and Israel’s Attack On the Intellectual Intifada

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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