Il risveglio interiore. Scritti sull’uomo, la religione, la società

Cinzia Picchioni

L. Tolstoj, Il risveglio interiore. Scritti sull’uomo, la religione, la società, Incontri Editrice, Sassuolo 2010, pp. 224, € 12,00

Qual è l’unico mezzo?

Il risveglio interioreSarà perché faccio l’insegnante di yoga che mi è subito interessato il titolo del libro che segnalo: Il risveglio interiore. Sì, risveglio, perché dormiamo immersi in un mondo illusorio (maya in sanscrito; matrix in cinematese). Non ci decidiamo a svegliarci e capire che cosa dovremmo fare davvero. Tolstoj ce lo spiega molto chiaramente e senza mezzi termini verso la fine del libro (p. 173), nel capitolo Legge della violenza e legge dell’amore:

«Qualunque posizione tu occupi, zar, giudice, artigiano, mendicante, pensaci, abbi pietà di te stesso, abbi pietà della tua anima… Benché tu sia annebbiato e reso ottuso dal tuo regno, dal tuo potere, dalle tue ricchezze […] Basta che tu capisca chi sei e, se da una parte ciò che tu chiami te stesso, il tuo corpo, è misero, com’è immensamente grande ciò che tu sai essere veramente te stesso: la tua essenza spirituale. […]

Comincia a vivere, in ogni momento della tua vita, non per scopi esteriori, ma per adempiere il tuo vero destino, quello che ti è stato rivelato dai saggi di tutte le epoche e dalla dottrina di Cristo; comincia a vivere secondo la tua propria coscienza […] e quelle condizioni esteriori, di cui tanto ti preoccupi […] sia che cambino, sia che restino immutate, cesseranno di essere ostacoli […]

E se sei infelice – e so che tu lo sei – pensa a ciò che ti è stato proposto qui, pensa che questo non è stato inventato da me, ma è frutto degli sforzi spirituali di tutti i cuori e tutte le menti più elevate e più buone dell’umanità, pensa che questo è l’unico mezzo di liberazione dalla tua infelicità ed il raggiungimento del supremo bene accessibile all’uomo in questa vita.Proprio questo io volevo dire ai miei fratelli, prima di morire».

Tolstoj scriveva (o forse diceva e qualcuno ha trascritto) due anni prima di morire. Era il 2 luglio 1908 a Jasnaia Poiana, dove lo scrittore ha trascorso gli ultimi anni della sua vita. Tutti gli scritti proposti in questo libro sono di quel periodo.

Sarà perché per me vivere vuol dire camminare sulla strada del risveglio spirituale.

Sarà perché sono cristiana e cerco di vivere secondo il Vangelo che leggere il percorso di Tolstoj, alle pp. 10-11 mi ha confermata nel mio cammino spirituale. Anche io, come Tolstoj, «avevo una vaga idea che nel Vangelo si trovasse la risposta alla mia domanda»; anche io, da un po’ di tempo, mi sono concentrata su certe letture: «Feci l’ultimo tentativo, gettai via tutti i commentari, mi misi a leggere il Vangelo e ad approfondirne il senso»; anch’io non mi sento sola nella ricerca: «Non mi trovai solo nella conoscenza della verità scoperta nel Vangelo, mi trovai invece insieme a tutti i migliori uomini del presente e del passato. Mi confermai dunque in questa verità e mi calmai».

Be’, in effetti io, contrariamente a Tolstoj, non mi sono sentita così disperata da pensare di suicidarmi. Tolstoj narra invece: «[…] mi chiesi: “a che scopo tutto ciò?” Non trovai la risposta e caddi nella disperazione. La mia disperazione era così grande che pensai di suicidarmi. Ma ecco giunge a me la salvezza», e riscoprì il Vangelo e il suo messaggio.

E non smise mai di trasmettere il suo, di messaggio, le verità che lo avevano illuminato: il vegetarismo, l’interesse per l’Oriente, l’antimilitarismo e l’obiezione al servizio militare, la condanna del lusso e dello sfruttamento delle masse contadine e operaie, l’esaltazione della civiltà agricola…

Nel libro c’è filosofia ma anche molta «pratica», e a questo proposito un capitolo ha attirato la mia assoluta attenzione: L’unico mezzo. Vuoi vedere, ho pensato, che Tolstoj ha trovato un modo giusto per vivere nel mondo esterno e contemporaneamente occuparsi del risveglio interiore (come d’altra parte recita il sottotitolo: Scritti sull’uomo, la religione, la società)? Poi, leggendo attentamente il capitolo, mi è sembrato di capire che l’«unico mezzo» non sia altro che uno dei comandamenti, anzi – per quanto mi riguarda – l’unico comandamento, quello che basta da solo e da cui originano tutti gli altri che conosciamo. Non ammazzare.

Pensiamoci, guidati anche dalle parole di Tolstoj: basterebbe osservare quello, e persino una scelta come quella del nucleare sarebbe facile da fare (insieme a Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, che renderebbe inutili indicazioni come «Non desiderare la roba e la donna degli altri» no?) Siccome a nessuno piace ricevere un colpo di arma da fuoco, tutti sapremmo di non doverlo fare neanche agli altri… Semplice? Sì, non semplicistico. Leggiamo che ne pensava Tolstoj:

«Se Mosè non avesse scritto sulle Tavole, come sola legge di Dio, che queste due parole: “non ammazzare” […] Se soltanto gli uomini considerassero questa legge come la principale e unica legge di Dio […] allora muterebbe tutta la vita umana: non sarebbero possibili né le guerre, né la schiavitù, né il carpire la terra ai poveri da parte dei ricchi, né l’accaparramento del prodotto del lavoro altrui, perché tutto questo non si fa se non colla possibilità o la minaccia dell’assassinio».

Mi piace pensare all’immagine di un’onda anomala, che per una volta non distrugge, ma accarezza tutti quanti, prima o poi, come un manto benefico: se io mi comporto con te come vorrei che tu ti comportassi con me, e tu a tua volta ti stai comportando (o ti comporterai) con altri come vorresti che altri si comportassero con te (e anche con me e io anche con te…), ecco fatto! Alla fine tutti si comporterebbero nel miglior modo possibile per sé e per gli altri (ed ecco l’inevitabile riferimento cinematografico: Un sogno per domani, di Mimi Leder, con Kevin Spacey, 2000).

E poi, sarà sempre perché faccio l’insegnante di yoga che sono stata così contenta nel trovare riferimenti alla prima e più importante fra le indicazioni della millenaria disciplina spirituale: la ahimsa. Quelle fra virgolette sono parole di Gandhi.

«La vita di Tolstoj, con il suo amore grande come l’oceano, dovrebbe servire da faro e da inesauribile fonte di ispirazione. E anche per inculcare in noi questo vero e più alto tipo di ahimsa». Questa data, 1894, e questo incontro tra Tolstoj e Gandhi segnano l’inizio di tutta la nonviolenza moderna. L’Occidente si incontrò con l’Oriente, la non resistenza evangelica con la ahimsa induista. […] Le sue pagine contro la guerra e il servizio militare sono forse le più belle che siano state scritte in assoluto sull’argomento. Egli denuncia l’insanabile contraddizione fra la coscienza cristiana, la coscienza civile evoluta e la guerra.

Insanabile. Mi piace la scelta di questa parola, proprio in questi giorni di guerra…

Ed è «per questi giorni» (di festa per l’Unità d’Italia) anche la scoperta che ho fatto riguardo a Mazzini e alla fede, che anche per lui, come per Tolstoj, era un mezzo, forse l’unico, per «trovare la via d’uscita dal fango dell’egoismo, del dubbio, della negazione […] è la fede, una fede per la quale le nostre anime potrebbero cessare di vagare in cerca di obbiettivi personali, potrebbero procedere tutte insieme, riconoscendo un’origine, una legge, uno scopo comune. […] L’umanità ripete con diverse formule e in diversi gradi le parole della preghiera di Gesù: Venga il tuo regno sulla terra, come nei cieli» (Mazzini, p. 113).

Tutto il libro è un invito alla vita cristiana1 al «banchetto cristiano» apparecchiato da 20 secoli, a cui nessuno partecipa perché siamo impegnati – dice Tolstoj – chi a prendere moglie, chi a comperare i buoi, chi a costruire una ferrovia o una fabbrica, chi perché lavora al parlamento o alla sua opera artistica. L’invito attraverso tutte le pagine è a guardarci intorno, a chiederci chi siamo, a cercare lo scopo del proprio lavoro. Perché – afferma Tolstoj – «se gli uomini impiegassero una centesima parte di quella energia che oggi impiegano in tutte le occupazioni materiali contrarie alla loro coscienza, per chiarificare invece, quanto più è possibile, i contenuti di questa loro coscienza, […]gli uomini otterrebbero il bene che Gesù prometteva loro con la sua buona novella: “Cercate il regno dei cieli e tutto il resto vi sarà accordato”». Era il1893.

Attuale è invece la trattazione del tema dell’obiezione di coscienza. L’autore la compie con alcuni brani di altri scrittori e con la cronaca di una seduta del tribunale militare. Non perdetevela, da p. 126 a p. 132 del libro, che è già disponibile presso la Biblioteca del Centro Studi Sereno Regis (o comprando il libro, realizzato anche grazie al lavoro degli Amici di Tolstoj, un gruppo di ricerca che si occupa dello studio, della traduzione e della pubblicazione degli scritti filosofico-religiosi di Tolstoj. Grazie a Gloria Gazzeri (che conobbi, seeeeecoli fa!, chissà se si ricorda?) e Gianfranco Giorni.


Nota

1 Pur con tutto il fastidio, per nulla celato, nei confronti dl «paolismo» (in russo Pavlovstvo, termine coniato da Tolstoj) che «ha nascosto a noi la dottrina di Cristo. [che…] non è la dottrina di Cristo, ma è ad essa del tutto contraria» (p. 80).


 

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