Il mondo arabo: un discorso sui discorsi

Johan Galtung

Alla George Mason University – Fairfax, VA, USA:

Signore e Signori,

E’ penoso osservare i media prevalenti USA fuorviare e venire fuorviati dal loro limitato discorso su quanto accade. E il discorso, attraverso le lenti e le parole con le quali lo si segue, plasma l’azione.

C’è un discorso semplice, lineare, sentito e risentito più volte. Tutto è cominciato in Tunisia il 17 dicembre 2010 quando Mohammed Boazizi si diede fuoco. E la rivolta si è propagata da un paese all’altro, come pezzi di un domino, grazie ai media sociali. Il tema comune è l’autocrazia, i deficit di diritti politici, la polizia segreta, la tortura, le uccisioni, e la questione essenziale è chi sia il prossimo della fila, procedendo dal Nord-Africa al Medio-Oriente (MONA) e dove si concluderà.

Il discorso non è sbagliato, ma gravemente incompleto nella sua limitatezza di tempo e di spazio.  Espandiamo spazio e tempo in un discorso più ampio, per una comprensione più profonda e una migliore base d’azione.

Espandiamo il tempo per capire la situazione araba. Secoli sotto gli Ottomani, ma il dominio musulmano finì con la prima rivolta araba, tradita da Sykes e Picot, ministri degli esteri britannico e francese, che li colonizzarono (Palestina-Iraq, Siria-Libano) invece della libertà promessa per essersi sollevati contro la Turchia. L’Italia ebbe la sua parte, in Libia, con il terrorismo di stato del bombardamento aereo sulle oasi nel 1911.

Inizia la seconda rivolta araba, contro il colonialismo e il secolarismo occidentale in Nord Africa e in Medio Oriente, sull’onda della decolonizzazione. L’Egitto gioca un ruolo di guida sotto Naguib-Nasser, nazionalizzando il Canale di Suez nel 1956, poi l’attacco franco-inglese-israeliano il 29 ottobre 1956, quando l’Ungheria era in fiamme, per riconquistare il canale; e dopo la guerra persa contro Israele nel giugno 1967, un’unione fallita con la Siria e il successo del Movimento dei Non Allineati.

Intervengono gli USA sotto Eisenhower-Dulles, i quali tolgono il sostegno a Israele e criticano Inghilterra e Francia, che si ritirano. Perché?

Perché il confronto con l’URSS per l’Ungheria aveva la massima priorità NATO, e per un autentico anti-colonialismo verso l’Inghilterra, che rammentava loro la guerra d’Indipendenza del 1775-1812, e per prenderne il posto, espandendo l’impero USA. E ci rimasero, in Medio Oriente più che in Nord Africa, fino a oggi.

Inizia la terza rivolta araba, essenzialmente contro gli USA e gli alleati locali, più che altro uno scià installato dall’Occidente –CIA-MI6 – nel 1953, e altri re ed emiri da loro sostenuti. Nel 1969 Gheddafi seguiva Nasser, come lui rovesciando un regno corrotto, volgendosi contro Israele e l’ Occidente, ma allora fu neutralizzato dalle alleanze Occidente-re/emiri.  Dieci anni dopo ci provò l’Iran, che gli USA sostituirono con l’Egitto. E la Palestina, che combatte un nemico possente e crede, contro l’evidenza, negli USA come intermediario onesto, mentre l’OLP viene corrotta da Israele come mostrano le indiscrezioni di Al Jazeera.

Quel che adesso accade può assomigliare a uno tsunami politico esploso in Tunisia, ma sta riempiendo delle lacune, buttando giù regimi corrotti.

Espandiamo lo spazio, per capire il “dove”. Non solo la regione MONA ma gran parte dell’Asia era stata colonizzata-modernizzata-secolarizzata, con l’Islam lasciato in ombra. Quindi gli USA hanno a che fare non con 22 paesi arabi e 350 milioni d’abitanti bensì con 57 paesi musulmani e 1560 milioni di persone. L’ambasciata USA a Baghdad pagava Saddam Hussein e il suo partito laico Ba’ath, sosteneva la dittatura militare laica in Turchia e una dittatura occidental-zoroastriana in Iran. Così Khomeini, l’AKP, Al Qaeda, Hezbollah, i Taliban hanno tutti, in comune, Rispetto per l’Islam!, Morte contro la secolarizzazione, fuori dall’ombra. Nulla di nuovo.

Come agiscono gli USA e Israele? Lasciando la repressione e lo sfruttamento alle élite arabe-musulmane sempreché obbediscano; la corruzione è una piccola parte dell’iceberg. Ben Ali fu utile agli USA come collegamento fra la CIA e Solidarnosc in qualità d’ambasciatore; e Gamal Mubarak era rappresentante della Bank of America. Due esempi fra moltissimi.

In molti paesi, per la gente comune gli USA e Israele sono lontani, ma la repressione e lo sfruttamento massicci sono vicini. Quindi la rivolta nelle strade arabe, nelle piazze arabe!, è anzitutto contro gli autocrati e la disuguaglianza-miseria. Il discorso svolto dai media prevalenti evidenzia i diritti politici in modo da farci percepire un solo fattore e non i diritti economici né gli imperi, globale-USA e regionale-Israele.

Da questo discorso più ampio possiamo trarre due conclusioni.

Primo, le rivolte saranno più intense nei paesi in ritardo su tutte e tre le questioni; Tunisia, Egitto, regni-emirati arabi (non il Qatar) e altri; questi sono sommersi o lo saranno. Monarchie costituzionali? La Libia ha avuto una rivoluzione sicché la rivolta non riuscirà. Se Nasser o il suo spirito fossero vivi nessuno sarebbe fuggito neppure dall’Egitto autocratico; né dalla Siria (il Libano tasta il terreno), dalla Turchia, dall’Iran, eccetto da Iraq-Pakistan-Afghanistan. L’ONU dovrebbe mediare, rispettando la rivoluzione del 1969 della Libia, sebbene non l’autocrazia.

Secondo, gli imperi esplorano posizioni di ripiego, sacrificando figure di vertice, lasciando intatto l’organismo oppressivo, con il tradimento della Palestina di Camp David e lo strangolamento congiunto di Gaza. La democrazia senza gli “islamisti”, col “codice democratico” di Tzipi Livni che Israele sarebbe il primo a non rispettare, è un’altra variante. Ma è più probabile una penetrazione economica USA mediante investimenti in ricerche petrolifere, per assicurarsi le forniture, battere la Cina, e procurarsi soldi quanto mai necessari. Gli USA potrebbero volere per sé i 70 miliardi di dollari di profitto di Mubarak asserendo che la democrazia è più efficiente che l’autocrazia statale.

Il discorso prevalente è sorretto dagli interessi e dalle consuete anomalie dei media.  Il centro d’attenzione è sugli avvenimenti, non su fattori permanenti, nessun senso storico-geografico, e una filosofia di causa-effetto, non di dialettica entro sistemi complessi. Nessuno smantellamento di imperi né un venire a patti con l’islam, ma meschina politica per un paese alla volta. E gli USA non dal lato della storia, ma fuori dalla realtà.


14.03.2011

Titolo originale: The Arab World: A Discourse about Discourses

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis

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