In ricordo di Rosemary

Dalla protesta contro gli esperimenti locali alla disobbedienza civile: una religiosa francescana famosa in tutto il mondo per il suo impegno civile.

La suora francescana Rosemary Lynch, alfiere del pacifismo cattolico americano, è morta lo scorso 9 gennaio a Las Vegas, negli Stati Uniti, all’età di 94 anni. Era nata a Phoenix, in Arizona nel 1917 e aveva fatto la sua professione religiosa 76 anni fa. Aveva vissuto a Roma tutta la stagione del Concilio Vaticano II.

ALFIERE DELLA NONVIOLENZA – Poi era tornata negli Stati Uniti, vivendo francescanamente l’amore per i poveri e per la pace, diventando ben presto maestra di pace e di nonviolenza. Nel 1985 le edizioni Borla di Roma pubblicarono la sua autobiografia curata da Gianni Novelli, direttore del Cipax – Centro interconfessionale per la pace di Roma. E’ stato lo stesso Novelli a dare oggi la notizia della scomparsa. Fino a un paio di anni fa suor Lynch partecipava alle manifestazioni pacifiste nel deserto del Nevada, di fronte alle basi nucleari. Nella sua congregazione francescana suor Rosemary Lynch fu anni insegnante nel Montana. Nel 1960 il Capitolo generale della Congregazione la elesse consigliera generale cosicche’ dovette trasferirsi a Roma. Ebbe cosi’ occasione di conoscere le diverse esperienze delle comunita’ religiose in tutto il mondo. L’evento piu’ decisivo fu pero’ la partecipazione diretta alla stagione del Concilio Vaticano II e poi ai lavori della Commissione Justitia et Pax.

GLI ESPERIMENTI NUCLEARI – Dall’ottobre 1976 tornò negli Stati Uniti, in una piccola comunita’ francescana a Las Vegas.  Qui scopri’ nuovi mondi ignorati dalla maggior parte dei frequentatori della folle citta’ del gioco d’azzardo: gli esperimenti nucleari nel deserto del Nevada, con tutte le loro vittime umane e la distruzione della natura, ma anche le forme di opposizione pacifista. Dal mercoledi’ delle Ceneri del 1982 con un gruppo di frati, suore e laici inizio’ a passare la quaresima davanti all’ingresso del luogo degli esperimenti nucleari, il Nevada Test Site, in preghiera, digiuno e gesti disobbedienza civile. Sia suor Rosemary che altre decine di persone sono state arrestate e processate per questi ed altri gesti di disobbedienza civile. Nel 1983 la religiosa fu invitata a partecipare ad alcune attivita’ di donne per la pace a Comiso e a Catania. Da allora e’ tornata frequentemente in Italia dove e’ particolarmente amata la sua testimonianza di “francescana e pacifista”.

Ripubblichiamo l’intervista che Gabriella Caramore fece a Rosemary Lynch nella  trasmissione di Radio 3 “Uomini e profeti” del 28 marzo 2003 – Trascrizione a cura del Cipax (Centro interconfessionale per la pace) e pubblicata da «La Nonviolenza in cammino» n. 568 del 16 aprile 2003

– Gabriella Caramore: Adesso vorrei che ascoltassimo insieme agli ascoltatori la conversazione che abbiamo avuto con Rosemary Lynch, che e’ una donna di grande interesse. Ha 86 anni, ma e’ una donna freschissima, in giro per l’Italia in questo momento per raccontare appunto come si costruisce la pace. E’ stata presente due giorni fa al ricordo dell’arcivescovo di San Salvador Romero, che fu assassinato il 24 marzo 1980 mentre diceva la sua omelia e mentre diceva: “Ogni sforzo per migliorare una societa’ piena di ingiustizia e’ benedetto da Dio”. Ogni anno c’e’ questo ricordo di Romero, promosso dal Centro interconfessionale per la pace (Cipax), un movimento cristiano interconfessionale per la pace; e lo fa con una celebrazione, una preghiera e una giustizia. Ma andiamo a incontrare Rosemary Lynch. Rosemary Lynch buon giorno e tanti auguri per il suo compleanno. Ha compiuto ieri 86 anni. Avremmo dovuto comprarle una torta.

– Rosemary Lynch: Ho gia’ avuto una torta.

– Caramore: Credo che la torta l’avra’ avuta da Pax Christi e da Gianni Novelli, che sono le persone che l’hanno invitata qui per questa occasione di cui poi parleremo del ricordo di Oscar Romero. Intanto allora approfittiamo dei suoi 86 anni per chiederle un po’ la sua storia, la sua vita. Lei e’ una suora francescana americana, pacifista…

– Lynch: Provo ad essere pacifista.

– Caramore: Prova ad essere pacifista ed e’ una cosa molto difficile, soprattutto in questo momento. Poi parleremo anche di questa situazione di questi giorni, ma ora parliamo della sua storia: che cosa ha attraversato la sua vita?

– Lynch: Ho fatto molte cose durante questi anni. Ho avuto il privilegio di studiare anche prima di entrare nell’ordine. In modo naturale ho scelto l’ordine francescano. – Caramore: Se non lo diciamo noi forse lei non lo dice: ha partecipato a molte battaglie per i diritti civili, per la pace, contro i test nucleari. E’ vero?

– Lynch: E’ vero, ho avuto una sorta di conversione quando sono arrivata a Roma, dopo essere stata eletta consigliera generale della mia congregazione. Avevo, come molte persone negli Stati Uniti, la convinzione che il nostro paese fosse molto bello, grande, potente e sempre avevo aderito a tutto questo. Ma una volta venuta a Roma ho fatto, come consigliera della mia congregazione, molti viaggi: sono stata in Africa, in Indonesia, in Messico e in altri paesi, ho visto la miseria, la poverta’, la gente che soffriva tanto. Cosi’ e’ cambiata totalmente la mia idea anche sul mio paese: per la prima volta ho capito che siamo oppressori. Fare questa scoperta e’ stata per me un’esperienza molto amara.

– Caramore: E’ giusto, siamo oppressori, ma non solo il suo paese, in qualche misura tutti i paesi ricchi d’Occidente lo sono. Pero’ lei dice che l’America ha anche la grandezza di tenere in se’ culture, persone, situazioni molto diverse.

– Lynch: E’ vero, non voglio dire che non c’e’ niente di buono, perche’ non e’ vero. Pero’ quando sono tornata negli Stati Uniti dopo il mio periodo in Italia durante il quale ho fatto questi viaggi ho deciso di lavorare in qualsiasi modo per i diritti umani, per la gente povera, per la pace. Sono stata invitata a lavorare a Las Vegas, Nevada. Vicino a noi nel deserto c’era il grande “Nevada text site”. Io non sapevo che gli Stati Uniti facevano test di bombe nucleari, per me era una cosa terribile pensare a questo. Cosi’ abbiamo incominciato a fare delle veglie nel deserto. La prima volta abbiamo passato tutto il periodo della Quaresima fuori. Era un tempo bello. Io ho imparato molto. In quel periodo ho fatto la conoscenza del popolo indigeno del Nevada, gli Scioscioni.

– Caramore: Intende indiani d’America?

– Lynch: Si’, questa tribu’ in particolare abitava nello stato del Nevada e da loro ho imparato anche molto. Dicevo che abbiamo organizzato delle veglie vicino al text site.

– Caramore: Ma avete ottenuto poi qualcosa?

– Lynch: Io non posso dire che abbiamo visto molti risultati. La prima cosa era che per la prima volta tutte le persone della nazione hanno saputo qualcosa del Nevada text site. Non sapevano che il governo faceva continuamente questi esperimenti nel deserto.

– Caramore: Allora diciamo che un elemento della costruzione della pace e’ anche il far conoscere, il far sapere.

– Lynch: C’e’ assolutamente bisogno di sapere molto, perche’ e’ una tattica del governo quella di non dare informazioni alla gente. Cosi’ abbiamo scoperto molto. Abbiamo anche fatto la cosiddetta “disobbedienza civile”.

– Caramore: Lei, suora francescana, sente di seguire le indicazioni di Francesco in questa battaglia per la pace, in questa lotta per i diritti?

– Lynch: Si’, ma cerchiamo di evitare parole come “battaglia” e simili. Forse “campagna” e’ meglio.

– Caramore: Dobbiamo inventare nuove parole. Non si fa, lei dice, la lotta per la pace, ma si costruisce la pace.

– Lynch: Gia’ abbiamo una mentalita’ cosi’ militarizzata!

– Caramore: Quindi lei non direbbe mai di essere una “militante” pacifista.

– Lynch: Spero di no.

– Caramore: Allora diciamo una persona attiva per la pace, una costruttrice di pace. Lei sente di seguire le indicazioni di Francesco, in questo?

– Lynch: Proviamo a fare questo, anche in modo non molto adeguato. Questo e’ certamente il nostro ideale.

– Caramore: E’ bello questo “proviamo”. Senta, e’ inutile chiederle, ma glielo chiedo lo stesso, come sta vivendo lei, da americana, da pacifista, questi giorni di guerra tra America e Iraq, mondo islamico. Lei sente che stiamo vivendo una sconfitta (per usare un linguaggio militare) oppure ancora ha fiducia che qualcosa si puo’ fare?

– Lynch: Bisogna avere fiducia, bisogna continuare. Se perdiamo il coraggio loro hanno vinto. Mi pare che ci sono molte persone di buona volonta’, con questa guerra molti si sono un po’ svegliati e vogliono fare qualcosa. Scriviamo lettere, facciamo telefonate a persone nel parlamento nazionale, cerchiamo di farci amici di questa gente per persuaderli a fare in un altro modo, non la guerra.

– Caramore: Ma questo pacifismo non e’ un po’ ingenuo, secondo lei?

– Lynch: No no. Non e’ esattamente pacifismo. Io cerco la parola che descrive meglio questo atteggiamento. E’ certamente antiguerra, ma e’ molto attivo, mentre io penso che la parola pacifismo somiglia un po’ a passivita’, “aspettiamo…”.

– Caramore: E’ vero, e’ un po’ ideologica.

– Lynch: C’e’ bisogno di un’altra parola, perche’ e’ una cosa molto attiva, con molto entusiasmo, con molta convinzione: proviamo di tutto, non e’ che siamo pacifisti, facciamo la veglia… No…

– Caramore: Forse la cosa che dovrebbe proprio passare, quella sulla quale stiamo battendo da un po’ di tempo, e’ che la pace si deve “fare”, si deve “costruire”. Quindi bisognerebbe proprio dire che non basta gridare “io non voglio la guerra”, ma bisognerebbe fare tanti piccoli passi. Lei da dove comincerebbe?

– Lynch: Noi per esempio eravamo molto delusi quando le persone del Congresso hanno dato a George Bush – io non dico mai “presidente” perche’ credo che lui non e’ stato eletto – un potere che nessun presidente del nostro paese ha mai avuto. Cosi’ scriviamo, parliamo con loro, cerchiamo di visitare il loro ufficio…

– Caramore: E ci riuscite?

– Lynch: Si’, talvolta. Io conosco personalmente alcune di queste persone, ho parlato con loro. C’e’ un po’ un cambiamento anche fra di loro. E questo soltanto perche’ abbiamo fatto tante pressioni. La gente non vuole fare la guerra.

– Caramore: Lei e’ stata molte volte arrestata e anche processata per la sua disobbedienza civile. Dove la trova tutta questa forza?

– Lynch: Per me era facile. Per primo ho fatto amicizia con il giudice, con l’avvocato, con tutta questa gente. La prima volta quando il giudice ha detto: “Io devo fare una sentenza di tre giorni” ha pianto. Piu’ tardi ha detto: “Era mio dovere fare questo”.

– Caramore: Ma la forza per continuare, per lottare (mi lasci usare questa parola), dove la attinge?

– Lynch: Dalla fede che la pace veramente sia possibile. Io penso che non sia volonta’ di Dio che la famiglia umana faccia questa guerra; e’ un comandamento di Gesu’ di essere amici, di avere misericordia.

– Caramore: Quindi lei attinge alla sua fede. Beh, e’ davvero sorprendente la sua attivita’, Rosemary. Lei e’ appunto attivista nei movimenti per la pace, scompone un po’ gli schemi. Ma i suoi rapporti con la Chiesa ufficiale quali sono? Voi dipendete da una diocesi, no? Quali sono i rapporti, e’ ben visto questo movimento?

– Lynch: Alcuni anni fa, quando sono stata arrestata e processata per la prima volta, c’e’ stata un po’ di pubblicita’ sui giornali, perche’ non era mai capitato prima che una suora si trovasse in questa situazione, nonostante che in tutti gli Stati Uniti le suore abbiano fatto le stesse cose. Cosi’ la nostra attivita’ ha dato molta preoccupazione agli ufficiali diocesani, mi hanno detto che non possiamo lavorare per la Chiesa, perche’ quello che facciamo e’ un po’ una minaccia per l’aspetto finanziario.

– Caramore: Cioe’ siete considerate una minaccia per la Chiesa?

– Lynch: Si’, molte persone che danno denaro alla Chiesa lavorano per questo Nevada text site e forse a loro non piace questa mia attivita’. All’inizio per me era molto difficile pensare che ero una minaccia, non potevo crederlo. Io non ho raccontato niente a nessuna persona, ma alcuni giornalisti hanno saputo di questo, mi hanno fatto un’intervista e hanno scoperto che la Chiesa aveva un po’ paura che le persone che danno del denaro non volessero darlo piu’. Ma il giorno seguente le mie dimissioni ho ricevuto un assegno anonimo per 5.000 dollari, con una messaggio: “Per favore continuate”. Io sono andata alla banca per chiedere chi mi aveva mandato l’assegno, ma mi hanno detto: “No, lui non vuole dare il suo nome”. E’ stato per me un segno del cielo.

– Caramore: Visto che avete rapporti con tutti, anche con gli esponenti del governo, con i giudici eccetera, riuscite a dialogare con i “non pacifisti”, con quelli che sono favorevoli alla guerra? Riuscite ad avere un contatto, a convincerne qualcuno?

– Lynch: Si’, per me e’ molto importante parlare con loro. Mi ricordo sempre che Gandhi ha detto che negli ultimi dieci anni della sua vita non ha parlato mai con le persone che erano d’accordo con lui, non c’era il tempo. Cosi’ mi piace dialogare con le persone che non sono d’accordo con me. Io ho fatto l’esperienza che loro sono sempre gentili, loro vogliono il bene, per me le loro idee sono sbagliate su come possiamo arrivare a questo ideale della pace.

– Caramore: Lei dice che anche loro vogliono il bene. In che cosa sbagliano? Qual e’ il bene che vogliono?

– Lynch: Si’, molti sono molto nazionalisti, pensano che solo noi abbiamo il sistema buono. Amano molto la ricchezza, il comfort della vita, e pensano che tutto questo e’ minacciato… Sono vittime di molta propaganda, per cui gli altri sono cattivi, solo noi possiamo salvarli… e tutte queste stupidaggini. E cosi’ bisogna fare un dialogo.

– Caramore: Lei il 24 marzo, nella serata per cui e’ stata invitata qui, per ricordare l’arcivescovo di San Salvador Oscar Romero, che fu appunto martire per la giustizia e per la pace, ha tenuto una meditazione. Su che cosa ? Lei non ha conosciuto Romero.

– Lynch: No, non ho avuto questo privilegio. Io ho provato ad entrare un po’ nel cuore di monsignor Romero, a pensare un po’ come lui ha seguito il Vangelo, a come ha capito piano piano (come molti di noi capiamo molto lentamente) cosa doveva fare, e come ha svolto con tutta la persona – con il cuore, con l’intelligenza, con il coraggio – la sua missione di vescovo. Cosi’ noi dobbiamo fare anche la nostra attivita’, quale che sia, con altrettanta dedizione, con entusiasmo, con amore, con il cuore. Gesu’ ci ha dato questo comandamento di fare tutto con il cuore. Non ha parlato molto della volonta’, del coraggio, della battaglia… tutte queste parole non significano molto per me. Ma monsignor Romero ha preso alla lettera questo comandamento di Gesu’ e alla fine ha sacrificato la vita. E lui gia’ sapeva che sarebbe andata cosi’, eppure ha continuato a fare la cosa molto dal cuore. Per me e’ molto bello pensare a questo.

– Caramore: Quindi bisogna essere pronti a dare la vita per la pace.

– Lynch: Si’, Gesu’ ha detto che non possiamo avere un amore piu’ forte di questo. Romero e’ stato gia’ canonizzato dalle parole di Gesu’, non c’e’ bisogno di altre canonizzazioni.

– Caramore: Grazie molte, Rosemary Lynch, e auguri per la sua costruzione della pace. Non dico piu’ “battaglia”, va bene?

– Lynch: Grazie a lei, che ha avuto pazienza col mio povero italiano.

– Caramore: No, il suo italiano e’ molto bello. E poi e’ bello sentire queste parole da un’americana, in questo momento. Grazie tante, buona giornata.

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