Le donne e il XXI secolo

Johan Galtung

Cairo – Signore, e in particolare mia cara Nawal El Saadawi!

“ALTERNATIVE FEMMINISTE” è il sottotitolo di questa importante conferenza mondiale dove mi avete onorato come portavoce chiave. Recentemente ho partecipato, come unico straniero, a una conferenza cinese a Pechino sull’ immagine della Cina nel mondo, e ho ricevuto il Premio per la Pace DMZ (De -Militarized Zone) coreano, anche in questo caso come unico straniero. Sto quindi facendo progressi, da cinese e coreano onorario al coronamento come donna onoraria. Grazie, grazie ancora.

Sono profondamente convinto che il ruolo principale neI muovere sia pure di poco il mondo verso la pace e allontanarlo dalla violenza e dalla guerra venga svolto dalle donne, come nella lotta contro altri mali sociali quali la schiavitù, il colonialismo, la distruzione della natura, la segregazione, il patriarcato. Harriet Beecher Stowe, Bertha von Suttner, Rachel Carson, Rosa Parks, Betty Friedan, per citare alcune pioniere, hanno acceso la luce, illuminando il cammino da seguire, e molte, molte le hanno seguito, compresi molti uomini.

Che c’è di così buono nelle donne?  Carol Gilligan si focalizza sulla compassione che attraversa i confini dei conflitti. La mia esperienza con colleghe attiviste indica una capacità di pensiero olistico e dialettico, affine al taoismo, indicativa di una profonda alleanza fra le donne e l’Oriente; tre quarti dell’umanità.

Ma: l’olismo si perde facilmente con una formazione universitaria in una “disciplina” – si noti il doppio significato della parola: non andare fuori dal campo del proprio dottorato. Particolarmente pericoloso è specializzarsi nel diritto internazionale e nell’economia.

E in quanto alla dialettica: le donne hanno gestito conflitti super-complessi in famiglia. Ma i vantaggi comparativi delle donne sono condizionati, e le condizioni cambiano. La molteplicità di compiti e la gestione di conflitti complessi possono mutare con l’entrata delle donne in un pensiero unidisciplinare e con il ridursi delle dimensioni famigliari.

Il femminismo ha dato un formidabile contributo identificando il patriarcato come la struttura che sta alla base del capitalismo e del militarismo. Dall’angolo visuale della pace negativa il patriarcato è una combinazione particolarmente nefasta di violenza diretta, strutturale e culturale: nuocere e far male, uccidere-picchiare; ogni tipo di iniquità che conduce a tutte le forme di diseguaglianza; e giustificazioni, alcune prese da letture dure delle Sacre Scritture. Rendere visibile il patriarcato mediante una brillante articolazione femminista è un contributo trascendente, che evoca la focalizzazione del marxismo su un’altra struttura profonda, nascosta all’occhio non esperto: l’interfaccia tra i mezzi e i modi di produzione. Oppure quella di Lenin e altri sull’imperialismo, e di Gandhi e molti altri sul colonialismo, la razza. E la discriminazione tra generazioni: come quella che consiste nel mettere le persone oltre i 67 anni, ecc., in un ghetto chiamato pensione (o i bambini in ghetti chiamatì scuole?).

Mutamento mondiale, ma con tre pericoli nella sua scia.

Primo, un’articolazione superba della sofferenza cementa il vittimismo in uno status al quale attingere, depositando i traumi in una “banca per traumi”.

Secondo, un’attenzione esclusiva per la sofferenza femminile può escludere la sofferenza altrui, in modo molto simile all’idea ebraica che nessun’altra sofferenza nella storia umana è equiparabile alla shoah – errore che non ho mai sentito fare ai palestinesi con la naqba.

Terzo, l’assenza di pace positiva, di visioni di cooperazione per il beneficio reciproco e uguale fra i generi, ivi compresa l’idea taoista di soffrire le sofferenze, e godere delle gioie autentiche – quando non avvengano a spese di nessuno – dell’altro genere; fino alla fusione, inclusa l’assenza di genere, l’umanità condivisa. Convincendo gli spagnoli violenti dei pregi della parità rendendo le visioni concrete e irresistibili. Ricordiamoci, ci sono uomini – milioni, un miliardo? – che temono una cosa sola: che le donne al potere li trattino come gli uomini hanno trattato loro.

Gandhi distingueva fra il colonialismo e gli inglesi, fra l’antagonismo e gli antagonisti: combattendo i primi, non i secondi. Invitò gli inglesi a restare, in termini paritari. Molto persuasivo. Rimosse la paura, e la sostituì con la parità. Funzionò, eccetto che per i conservatori più duri, inconsapevoli dell’orrore provocato dall’essere posseduto da qualcun altro, per quanto talora benevolo.

Molti uomini sono altrettanto ignoranti. Non sanno come agisca uno stupro sul corpo, la mente e lo spirito, come trauma indelebile che soffoca la crescita spirituale. I governi umiliano l’altro versante conquistando le loro donne e seminando i loro semi bio-genetici come seminano geni socio-culturali con l’occupazione. La guerra come stupro. E molte donne sono oggi parti delle macchine da guerra governative.

Anche gli uomini vogliono amore, intimità, carezze, calore, cura e gentilezza, come le donne, i bambini, gli anziani e gli infermi. Ma tale visione d’affetto può essere oscurata dall’odio del patriarcato che molti uomini percepiscono solo come tale. Il “combattere il patriarcato, non gli uomini” di Gandhi – amate gli uomini, odiate il patriarcato – non sarà mai ripetuto abbastanza spesso.

I diritti umani si concentrano su coloro che sono privi dell’essenziale. Ma quelli che si trovano in un inaccettabile status quo sono anche umani e devono essere capiti se non si vuole rischiare che usino il loro potere per arrestare ogni progresso. I diritti umani contribuiscono a un buon patrocinio, ma non a una buona risoluzione di conflitti.

Così pure per la legge: i dualismi – colpevole o no, responsabile o no – sono troppo semplicistici. E questo vale anche per una attenzione focalizzata solo sulla crescita del PIL basata su produzione e commercio, e un capitalismo gestito male porta al potere il militarismo. Gli indicatori di sviluppo umano basati sulla sanità e l’istruzione implicano un’economia centrata sulla distribuzione – specialità femminile di lunga data presente ovunque nel mondo. La teoria della crescita economica che abbiamo è profondamente mascolina, un prodotto di gretti maschi competitivi di un’isola nebbiosa del Mare del Nord.

In breve, avete carte eccellenti nelle vostre mani. Giocatele bene.


20.12.10 – TRANSCEND Media Service

Titolo originale: Women and the 21st Century

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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