La nonviolenza degli studenti romani

Mao Valpiana

I giovani liceali e universitari che oggi hanno manifestato a Roma per contrastare la cosiddetta “riforma Gelmini”, hanno offerto una bella lezione di pratiche nonviolente. Bravi davvero. La zona rossa del centro cittadino era presidiata dalla polizia, il salotto buono di Roma blindato e deserto, mentre loro sono andati a sfilare nelle periferie, lungo le tangenziali, lontani dai luoghi del potere, e hanno ricevuto gli applausi dei passanti (chissà se sono consapevoli di aver dato corpo alla visione capitiniana: “perché da una periferia onesta, pulita, nonviolenta, avverrà la resurrezione del mondo”).

Le forze dell’ordine erano in assetto antisommossa, con caschi e manganelli, mentre gli studenti manifestavano a mani nude e imbiancate, visi sorridenti e scoperti, e hanno portato doni e fiori da offrire ai cittadini (e mi piace pensare che anche in questo abbiano voluto rifarsi a Capitini: “un tempo aperto per vivere la festa che è la celebrazione della compresenza di tutti alla nostra vita, al nostro animo”).

Una gioiosa diciottenne, con il simbolo della pace dipinto sul volto, ha dato la risposta più bella ai giornalisti: “Cosa chiedete al Governo?”, “al Governo non chiediamo niente, solo che se ne vada”. C’è molta saggezza in questa idea, la nonviolenza non aspetta la conquista dei palazzi del potere, ma esercita la sua influenza anche senza stare al governo. Non penso che questa giovanissima abbia letto “Il potere di tutti” di Capitini, ma so che ne ha colto il senso profondo:

“Ognuno deve imparare che ha in mano una parte di potere, e sta a lui usarla bene, nel vantaggio di tutti; deve imparare che non c’è bisogno di ammanettare nessuno, ma che cooperando o non cooperando, egli ha in mano l’arma del consenso e del dissenso. E questo potere lo ha ognuno, anche i lontani, le donne, i giovanissimi, i deboli, purché siano coraggiosi e si muovano cercando e facendo”.

Il Presidente della Repubblica ha fatto sapere della sua disponibilità a ricevere una delegazione degli studenti. Un’apertura indubbiamente positiva. Un giovane ha raccolto e rilanciato: “invitiamo il Presidente alla nostra assemblea alla Sapienza”. L’eco del pensiero nonviolento è per me assolutamente evidente: noi, scrive Capitini, amiamo l’assemblea come una parte visibile della compresenza. Per Capitini l’assemblea è  quella che più di ogni altra cosa somiglia alla realtà di tutti:

“Essa  ha, perciò, qualcosa di sacro, di commovente, è una molteplicità che  porta in sé l’unità, e perciò è il primum, la presenza del potere. Sull’assemblea passa il soffio della compresenza, quella convocata dal “Discorso della montagna”, l’assemblea degli esclusi, degli innocenti,  dei nonviolenti”.

Oggi i giovani liceali e universitari romani hanno scritto una pagina magistrale, che può aprire un capitolo nuovo e certamente offre motivi  di speranza per il loro futuro.

Nei giorni scorsi qualcuno aveva scritto dell’inefficacia della nonviolenza. Risposta migliore non poteva esserci. Gli scontri con la polizia avvenuti in qualche altra città, appaiono ora in tutta la loro grottesca insensatezza. L’immagine del giovane rabbioso che impugna la spranga per rompere i finestrini della camionetta della polizia,  sbiadisce e lascia il posto ad una ragazzina sorridente, con in mano un fiore e sullo sfondo lo striscione “la vostra cultura è la forza, la nostra forza è la cultura”. Le vie della nonviolenza sono infinite.


 

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