Cina e armonia mondiale: alcune idee – Johan Galtung

1) Asia dell’Est. Con l’attuale regionalizzazione del mondo in cui anche i grandi stati troveranno una loro collocazione, una Comunità dell’Asia dell’Est delle due Cine, delle due Coree e dei tre Giapponi (con le isole Ryu Kyu, Okinawa e una regione Ainu tutte con elevati livelli di autonomia), è inevitabile. L’unione della Comunità Europea fu avviata attorno al carbone e all’acciaio, ESC; che cosa dire per una partenza con questioni difficili, come i diritti sulle isole Diaoyu (contese tra Cina, Giappone e Taiwan, ndt), dell’insieme di isolette e delle loro zone economiche nel mare dell’Asia dell’Est? Una East Asian Sea Authority potrebbe dichiarare una sovranità congiunta, e andare oltre verso iniziative comuni, sfruttando e proteggendo le risorse insieme, con costi e benefici distribuiti secondo una formula che rifletta gli usi tradizionali della zona. In Europa, la Commissione Danubio del 1856, con undici stati membri e quattro osservatori, ha svolto bene questo compito, sebbene non senza problemi. Così pure fece la ESC.

2) Shanghai Cooperation Organization (SCO). Con l’espansione della NATO verso Est, e del Trattato di Sicurezza USA-Giappone verso ovest, con la Corea del Sud e Taiwan e progetti di installazione in Giappone della SDF (Self Defence Force, forza di autodifesa), fu necessario costruire la SCO. E costretta a espandersi (attualmente comprende sei membri e cinque osservatori con Mongolia e Sri Lanka) e ad aprirsi al dialogo come insieme di paesi, riempiendo gradualmente il vuoto lasciato dalla mancata realizzazione di una Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Asia-Pacifico. La SCO si focalizza sullo sviluppo economico e sulla cooperazione nell’antiterrorismo (il China Daily News del 11-09-010 dà notizia di un incontro degli stati maggiori dei paesi membri ad Almaty, in Kazakistan); forse centrato in modo limitato sullo sviluppo economico come chiave per ridurre il terrorismo. Questioni relative all’autonomia politica e culturale, sinora gestite come argomento a sé, se non necessariamente come paesi indipendenti, potrebbero essere altrettanto o più importanti. E un potere culturale ed economico “mite” potrebbe essere persino più efficace del potere militare.

3) Afghanistan. La SCO vede la situazione in Afghanistan come una minaccia ai paesi confinanti, compresa la Cina, per l’esportazione di terrorismo, droga e criminalità; il rimedio risiede nello sviluppo. Con questa atroce guerra che si avvia lentamente verso la fine, con la prospettiva del ritiro degli USA, i paesi della SCO avranno un ruolo maggiore in Afghanistan, facilitando una più ampia autonomia per tutte le nazioni del paese; confini aperti per i loro connazionali nei paesi confinanti, eguale sviluppo per tutte le nazioni e per entrambi i generi, e peacekeeping (non peace enforcing, imposizione della pace). Per questo la SCO potrebbe cooperare con la ECO, Economic Cooperation Organization di Turchia, Iran e Pakistan, fondata nel 1985 (come successore della Regional Cooperation for Development del 1984-79) per aiutare la ripresa e lo sviluppo dell’Afghanistan sotto tutti gli aspetti. E, perché non espandere la ferrovia Cina-Kazakistan, legando Pechino ad Ankara-Istanbul attraverso un Afghanistan neutrale, essendosi quest’ultimo riunito al mondo attraverso i paesi confinanti della SCO-ECO?

4) Aggiornare la “Via della Seta”. Grosso modo tra il 500 e il 1500, il commercio tra la Cina e l’Africa Orientale (Somalia) attraverso l’Asia occidentale era la parte preponderante del commercio mondiale, con l’Europa ripiegata su se stessa, e gli oceani Atlantico e Pacifico non ancora utilizzati. Veniva commercializzato molto più della seta, e la “via” si sviluppava principalmente a partire dai mari dell’Asia Orientale e dell’Oceano Indiano. I commercianti erano buddhisti nell’Est e mussulmani all’Ovest, finché l’intero traffico non fu distrutto dai portoghesi, dagli inglesi e da altri, in nome dei loro re e delle loro compagnie aziendali. Fortunatamente, questa colonizzazione è scomparsa.
Come espandere questa “via” per beni, servizi, popoli, attraverso l’Africa e l’Atlantico, verso l’America Latina per strada-ferrovia da Dar es-Sala’am al porto di Kinshasa, risparmiando il viaggio attorno al Sud Africa, e aprendo l’Africa da est a Ovest e il mondo da Sud a Sud?
Senza sostituirsi al commercio Nord-Sud imposto dal colonialismo, ma completandolo? Intrecciando meglio il mondo in un insieme?

5) Costruire secondo il modello del villaggio Han Cun He. Il mondo sta andando verso una forte urbanizzazione e la Cina, superando le dicotomie, sta creando dei villaggi urbani (che hanno solo 580 case per 3.000 abitanti), che combinano l’agricoltura collettiva e la propretà della terra, con una azienda di costruzioni cooperativa per costruire a Pechino e ovunque, diretta da un amministratore con una esperienza di lavoro nel campo delle costruzioni. Il villaggio offre anche case per persone in pensione e per altre sistemazioni. Tale capacità immaginativa di superare le dicotomie è particolarmente necessaria ovunque nel mondo, come a Cuba alla ricerca di qualche forma di “capicomunismo”.

6) “Diritti umani e mondo armonioso”. In un notevole libro che porta questo stesso titolo, la China Society for Human Rights Studies (Pechino 2007), unisce creativamente le principali preoccupazioni relative ai livelli individuali e globali. Per un dialogo mondiale, tutte le parti dovrebbero accettare entrambe le convenzioni sui diritti politici-civili e sui diritti economici-sociali-culturali del 16 dicembre 1966, e pensare a modi per implementare la terza generazione di diritti umani per la pace, lo sviluppo e un ambiente pulito. Con una attenzione alla violazione dei diritti umani su scala internazionale, non solo locale.

7) Cina e Studi per la Pace. Bisognerebbe istituire in Cina programmi di studi accademici per la pace basati sulla ricca tradizione di armonia, e sui pilastri della pace del 1954-55 per la cooperazione con tutti nel beneficio mutuo ed eguale. Gli studi sulla riconciliazione, la mediazione e la costruzione della pace verrebbero arricchiti se si aprissero al pensiero cinese, e viceversa.

8) Come la Cina presenta se stessa. La Cina deve diventare più capace di prersentarsi, sia in un contesto occidentale di diritti umani-democrazia crescita-mercato, sia nel contesto cinese della dialettica “l’uno e l’altro”, yin-yang, sociale, di distribuzione e di armonia mondiale.
Una Davos orientale a Hong Kong in dialogo con quella occidentale; e una TV globale, più simile alla multiforme Al Jazeera che alla BBC-CNN, darebbe al mondo una voce cinese forte, non abrasiva. Con molto da dire che il mondo in generale, e l’Occidente in particolare, ha un gran bisogno di sentire.

27 settembre 2010
Traduzione a cura del Centro Sereno Regis
Titolo originale: China and World Harmony: Some Ideas

http://www.transcend.org/tms/2010/09/china-and-world-harmony-some-ideas/

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