Spiare per gli USA… e per la Pace

Johan Galtung

Il Washington Post ha pubblicato il 19 luglio u.s. un articolo di Dana Priest e William Arkin sull’enorme “impresa di sicurezza nazionale” USA. E il 26 luglio è arrivata la tanto attesa “massima indiscrezione nella storia militare USA” – sul Guardian con il titolo: “Afghanistan-I registri della guerra”, sull’International Herald Tribune: “La guerra afghana, senza abbellimenti”, e su Der Spiegel: “Protocollo di una guerra“ – ”Gli spifferatori (whistleblowers): le notizie filtrate Wiki sono una benedizione o una maledizione per la democrazia?” Spiare per gli USA – e/o per la Pace? – dal sito web wikileaks.org.

854.000 americani hanno accesso autorizzato a nozioni top secret, un complimento dubbio in uno stato assassino. 2.000 enti privati + 1.270 pubblici in 10.000 luoghi raccolgono informazioni; conoscono a mala pena loro stessi i numeri coinvolti, e qualunque coincidenza con la verità sarebbe appunto solo una coincidenza, per questa patologia sociale cancerosa.

Arkin e Priest dubitano della capacità di questi servizi di elaborare gli innumerevoli milioni di singoli dati informativi che si producono da un tale meccanismo. Io punterei il dito sulla teoria retrostante, non solo sulla sua carenza ma sulla sua eccezionale invalidità, visto l’elenco di importanti avvenimenti che non sono riusciti a predire (lo Sputnik, il muro di Berlino, la crisi del petrolio, la caduta del muro di Berlino, la fine della guerra fredda, la debacle di Wall Street, e così via).

E ciò mi ricorda di quanto sentii a Tehran nel 1976 da qualcuno altolocato in quel sistema, nel contro-spionaggio.

Le spie americane badavano al materiale militare, gli si poteva fare affidamento sulla registrazione precisa di posizione, velocità e capacità di qualunque cosa si muovesse; ma erano molto deboli nello spionaggio umano (humint).

I sovietici badavano al “socint” (spionaggio sociale, ndt), registrando scioperi e conflitti in generale per predire meglio l’inevitabile crollo del capitalismo.

E i cinesi? Ritagliavano giornali per seguire le contraddizioni in una società nel nome del zoroastrismo e del capitalismo occidentale, ed erano numerosi. Sicché l’hanno azzeccata loro, e a bassissimo costo.

Non può esser facile per qualunque agente segreto approssimarsi quanto basta alle motivazioni di veri e propri “taliban” intenzionati a dare la vita per l’islam contro il secolarismo, contro Kabul-Karzai, e contro qualunque invasione straniera, da parte di chicchessia. Combattono con i mezzi a loro disposizione, ma credendo alla propria lotta, a differenza di molti soldati americani, che si suicidano, disertano, spifferano segreti, per qualche ragione, forse piuttosto che morire in una guerra per le basi, gli oleodotti e i minerali per un impero morente, aggrappato all’assurdità di Halford Mackinder (fondatore della geopolitica e della teoria del “grande gioco”, ndt) di dominare il mondo dall’Asia Centrale. Un tragico complimento per loro?

Come può farsi strada qualunque verità fra stupidità come “11 settembre dovuto all’invidia per la libertà e la democrazia USA”? Può darsi che la guerra abbia dato loro un assaggio di tale “libertà”, di uccidere, e “democrazia”, il nascondere? Al punto da preferire che l’Afghanistan non venga clonato dagli USA?

Julian Assange, il Daniel Ellsberg della guerra d’Afghanistan, e i suoi collaboratori trovano una strada verso una qualche verità. Ci sono differenze fra le guerre, ma modeste, come ha fatto notare Dan alla CNN nel Larry King dal vivo del 27 luglio. Ovviamente, far uscire di soppiatto 92.000 documenti – solo un campo base rispetto alla montagna di spifferate, secondo il collega tedesco di Julian, Daniel Schmitt – sminuisce la fotocopiatrice di Ellsberg. Il problema è come separare il grano dalla pula, come i falsi impiantati da CIA-Pentagono come trappole. Ma Julian sembra avere quest’aspetto sotto controllo, stando all’intervista su Der Spiegel.

Finora la risposta dal Pentagono e da Obama è “nulla di nuovo” e “può esporre a rischio le forze alleate”. Il secondo punto indica che qualcosa di nuovo c’è, nei particolari, pur evitando scrupolosamente i nomi concreti. Il problema non è chi è stato, bensì che cosa. E l’impressione è di una guerra con un massiccio spargimento di sangue solo da una parte, dall’altra un rivoletto, dato che gli alleati combattono da codardi ben protetti, e da nove anni per ora, lontani più che mai da qualunque “vittoria”, senza sapere neppure che aspetto potrebbe avere una vittoria.

Qual è lo stato di quello stragonfio apparato di sicurezza USA se è possibile una tale dimensione d’indiscrezioni? Il paese è in grado di combattere quella guerra, o una guerra pur che sia? Ha qualche senso essere un alleato di tale incompetenza al comando supremo, responsabile dell’esecuzione e della catena di dati confidenziali? Quanto dev’essere ingenuo o uniformato un paese per impegnarsi in un esercizio del genere? Vi sareste coinvolti, se si fosse trattato d’affari, con un amministratore delegato o un consiglio aziendale di tale dubbia qualità?

Saranno queste le questioni sussurrate nei ministeri della guerra della coalizione dei volonterosi, mentre cercano i documenti su qualcosa che hanno nascosto alla stessa propria gente, in nervosa attesa del prossimo rilascio d’informazioni.

L’impatto più grosso sarà sull’opinione pubblica dei paesi belligeranti. Sentire e leggere di “assassinii collaterali” fa sembrare tutta quanta l’ISAF, o la NATO in quanto a ciò, un’Anonima Assassini (Murder.Inc). Il che non fermerà immediatamente la guerra, anche se Obama potrebbe essere assurto alla fama perpetua se avesse cancellato quel massacro sfrenato adesso invece di continuarne l’intensificazione. Ma è un presidente di guerra, che dà alle Special Operations il permesso di agire in 75 paesi anziché 60 come all’inizio dell’anno scorso. “Intendono [alla Casa Bianca] diventare aggressivi molto più in fretta [che col governo precedente]” dice con approvazione un funzionario militare. Proprio da vincitore di premio Nobel per la Pace. Il potente segretario del comitato d’assegnazione del Nobel dovrebbe dimettersi.

Per studiare un impero demoralizzante, si studi un generale che la canta chiara in una rivista di musica, e le centinaia o migliaia di persone dietro alle spifferate, ma non siamo ancora al fondo, e possono accadere cose peggiori anche se dovesse aumentare la velocità con cui gli alleati abbandonano la nave che affonda.

Frattanto si annoti un’importante nuova istituzione: Leaks, Inc. [Spifferate s.p.a.], come pubblico servizio, disponibile gratuitamente al consumatore, forse con qualche rischio per il produttore. Più si è numerosi, meno è il rischio.

TRANSCEND continuerà col proprio approccio positivo, orientato alle soluzioni. Ma esporre i crimini di guerra che s’addobbano da “segreti” è un servizio per la pace. Ellsberg ricevette il Premio Nobel per la Pace alternativo. E così l’avrà pure Assange.


02.08.10 TRANSCEND Media Service

Titolo originale: Spying for the USA-And for Peace

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

1 commento
  1. federico fioretto
    federico fioretto dice:

    There is only a logical answer to the question "had it been a business issue…" Of course no one would have anything to do with CEO's of this poor kind. But I think that having poor quality in the façade driving seat allows the grey guys at the real command to do with the resources of the population all that is good for their private interests.

    Until the people, one by one, don't wake up and take responsibility of democracy in their own hands (see Vinoba Bhave's "democratic values") there is little hope.

    It lies in Trascend and the many of the like who try and try.

    Therefore thanks! Let's keep up.

    Rispondi

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