Report sulle sessioni dell’ESF a Istanbul sul tema Palestina-Israele

Carla Biavati

Durante la prima giornata di forum ho partecipato al seminario dal titolo La Democrazia secolare nella prospettiva della soluzione di uno stato per due popoli e il diritto al ritorno per i rifugiati palestinesi, organizzato dalla Haifa Conference.

A condurlo erano Joav Bar, professore israeliano dell’associazione Abnaa el Balad (i ragazzi del villaggio) e Muhammed Kaial, palestinese israeliano, cofondatore della Haifa Conference.

Nel seminario si è parlato della storia della Palestina, del fallimento di ogni tipo di reale volontà per la costruzione di uno stato palestinese e anche della sua attuale nullificazione tramite lo sviluppo continuo di nuovi insediamenti che distruggono la continuità territoriale nella West Bank.

Si è parlato inoltre della sistematica distruzione della striscia di Gaza. La soluzione di uno stato aperto, non etnico e democratico, con la garanzia del ritorno per i rifugiati palestinesi è stata presentata come utopia possibile e quale per la teoria dell’uso del paradosso (Watzlawick) come unica via per attuare un reale cambiamento nell’immobilità delle attuali trattative.

Ho anche preso contatti e indirizzi per ulteriori sviluppi di un rapporto tra Berretti Bianchi e Haifa Conference. In serata abbiamo attraversato la città con un corteo pro Palestina, dall’università ai quartieri di lusso, fino alla centrale piazza di Taksim, molto trafficata e popolare. La popolazione osservava stupita ma più o meno favorevole e il nostro colorato corteo si è aggiudicato fischi e approvazione un po’ ovunque.

Venerdì due luglio è stata la giornata dedicata interamente ai seminari sulla Palestina; il primo seminario era intitolato Palestina oggi, cominciare a confrontarsi con l’inpunità di Israele, movimento società civile e istituzioni, coordinato da Alessandra Mecozzi di Action for Peace e European Coordination for Supporting Palestinian Cause.

Il primo relatore è stato il prof Karma Nabulsi, palestinese, esperto di relazioni internazionali e della situazione turca odierna. La Turchia usa la sua annosa posizione di amicizia verso Israele, per rinfacciargli la sua inpunità e ottenere un riconoscimento come portavoce di una nuova politica per il medio oriente, visto lo stallo relativo alla sua entrata in Europa e i gravi problemi di politica interna, legati alla questione kurda. La Turchia vuole iniziare a usare la sua voce come un ponte tra America ed Europa, che sono di fatto, con diverse responsabilità, i difensori dell’impunità di Israele, e il mondo arabo moderato sottraendo quindi all’Iran la leadership nelle proteste contro Israele e pro Palestina. Ma i diritti umani dei palestinesi equivalgono a quelli dei kurdi e degli armeni.

Il secondo relatore è stato Michel Warshansky, fondatore dell’Alternative Information Centre di Gerusalemme. Warshansky esprime la considerazione che gli USA, adottando la strategia della guerra globale, producono effetti disastrosi per l’economia occidentale. L’alleanza israelo-americana è reale, solida e indissolubile, destinata a durare, ma attualmente la visione della dirigenza democratica americana, diverge da quella dell’attuale dirigenza politica israeliana. Il Premier Netanyau dice: «la priorità è l’attacco all’Iran». Il presidente Obama dice: «Si è la priorità, ma prima dobbiamo costruire un fronte unito con i paesi arabi e quindi dobbiamo fare sforzi reali per costruire l’entità palestinese».

Per cambiare è importante riportare l’interesse delle popolazioni palestinesi e israeliane nell’ambito della politica di Israele che non ha più rappresentanti della sinistra in parlamento e si divide tra destra centrista ed estrema. Per ovviare alla nullificazione dell’azione civile dell’Israele odierno bisogna lavorare per costruire nei cittadini la consapevolezza delle strategie del proprio governo e quanto queste strategie impoveriscano e deprivino tutti i cittadini di Israele. L’azione deve articolarsi in campagne internazionali, come quella del BDS e in campagne interne come Boycot within. Con azioni concrete contro il blocco di Gaza si accresce la coscienza e il dissenso all’interno dello stato di Israele. L’azione condotta ai danni degli attivisti della Mavi Marmara del movimento Freedom Flotilla ha aperto uno squarcio nelle relazioni tra popolazione civile e governo israeliano.

Il terzo relatore è stato Muhammed Kaial, dell’Haifa Conference, il quale afferma che la politica di pulizia etnica dei palestinesi da parte del governo israeliano è riconosciuta soltanto oggi da parti importanti della società civile mondiale, ma gli interessi dei governi continuano a legittimare Israele e a garantirgli l’inpunità. L’attuale governo palestinese è stato scelto dalla politica internazionale con l’accordo israeliano, e persegue una politica di normalizzazione di una situazione umana e sociale insostenibile. Anche in Palestina l’unica politica attiva contro l’occupazione parte da movimenti popolari di base come la resistenza popolare dei villaggi e la campagna Boicotta Disinvesti e Sanziona. Anche qui il supporto e la partecipazione internazionale con la speranza di crescita dei movimenti di massa sono capitali per lo smascheramento delle politiche israeliane, e altesì importantissimi per una modifica di orientamento delle politiche interne a Israele e alla Palestina. Primo fra tutti una ripresa del dialogo con Hamas.

Il quarto relatore è stato Josè Luis Moragues di Stop Agrexo France, il quale sostiene che per cambiare l’egemonia economica americana in modo utile al raggiungimento dei diritti palestinesi bisogna svelarne le reali strategie. Purtroppo l’attuale panorama è desolante, l’aggressività della politica israelo-americana, l’asservimento dell’Europa, la frammentazione e l’inazione dei paesi arabi compongono il quadro che rappresenta il panorama politico di oggi. La crisi economica del sistema neoliberale fa crescere i bisogni di sicurezza dei cittadini e fa nascere governi di destra in tutto il mondo. Governi che rendono difficile ed emarginato il lavoro politico di quei soggetti che vorrebbero sviluppare progetti solidali, accoglienti, equi e distaccati dall’economia malata contemporanea. I movimenti soffrono anch’essi della crisi economica che frammenta i bisogni in sotto-localismi corporativi di auto protezione e marginalizzano le campagne unitarie forti, ma a dispetto di questa difficile e fluida situazione è proprio nel lavoro per la promozione di campagne nonviolente come il BDS e la nascita dei movimenti popolari, che si possono contrastare i disegni politici ed economici di oggi e costruire una nuova etica della partecipazione civile e responsabile. La perdita di potere egemone dell’economia occidentale aiuta i movimenti a costruire nuove collaborazioni con le società civili dei paesi emergenti, ultimamente coinvolte in processi di rinnovamento sociale come in Turchia.

Dopo una brevissima pausa pranzo, inizia la seconda sessione dal titolo BDS una campagna come nuova strategia di solidarietà con la Palestina, il caso Agrexco.

Il primo relatore è Michael Daes, coordinatore della campagna BDS-BNC Europea, il quale presenta la strategia della campagna.

Dopo il fallimento di ogni tentativo per costringere i governi occidentali a prendere una posizione coerente sulla Palestina nel 2005 è partita dai Palestinesi una campagna di richiesta ai sostenitori internazionali di impegnarsi per il lancio di boicottaggi sui prodotti israeliani, soprattutto quelli prodotti nei territori occupati, di disinvestimenti sulle industrie israeliane, e di sanzioni, soprattutto sugli accordi privilegiati con centri di ricerca, centri economici e miltari e università ritenuti i frutti di questa economia di rapina sulla regione occupata palestinese.

Oggi circa 610 organizzazioni convergono nella campagna BDS. Il boicottaggio come sopraddetto si intende sia sui prodotti che sugli accordi economici e comprende anche il boicottaggio accademico.

L’università di Haifa è il principale istituto per la specializzazione di membri dell’esercito e della difesa Israeliana.

Causa principale delle attuali politiche di occupazione della Palestina.

Per Disinvestimento, cita l’esempio della Deutsch Bank, che ha annunciato non investirà più in azioni connesse con la difesa israeliana. Mentre per Sanzioni si intende fare lobby sulla Comunità Europea perché smetta di privilegiare Israele sia a livello istituzionale sia nel suo sostegno circa permessi privilegiati di commercio e accordi sullo sviluppo.

Il secondo relatore è di nuovo il prof. Joav Bar dell‘università di Haifa, che con la sua associazione composta da ragazzi e studenti, da oltre 15 anni denuncia le discipline razziste ed i corsi di studi discriminanti della sua stessa università.

Tramite il comitato studentesco PACBI, si boicotta soprattutto l’istituto Tecnologico, che con i suoi studi forma i ricercatori in materia di tecnologie militari, che supportano le ricerche in materie sia strategiche che innovative circa l’armamento dell’esercito Israeliano e intrattiene scambi internazionali e accordi privilegiati con i poli d’eccellenza europei.

Il governo italiano ha siglato lo scorso anno un accordo circa studi congiunti sulle nanotecnologie che inizialmente si svolgono soprattutto in campo medico e grazie alla nuova collaborazione si svilupperanno anche in campo militare… sic!

Il prof. Bar spiega poi che alcune università Svedesi hanno aderito al PACBI.

Nel campo politico il partito comunista arabo israeliano ha rifiutato l’adesione mentre quello democratico ha aderito, insieme a quello islamico, incongruenze della politica!

Prosegue poi illustrando le molteplici discriminazioni nei confronti dei cittadini arabo-israeliani, laddove la costituzione di associazioni studentesche e la pubblicazione di dossier e documenti viene proibita, nonché agli studenti vengono proibite le loro iniziative pubbliche.

Sono posti ostacoli alle iscrizioni degli studenti cosiddetti arabi nelle università locali, costringendone moltissimi a iscriversi all’estero.

Durante i giorni del blocco della Freedom Fotilla una unità speciale di sicurezza ha impedito tutte le manifestazioni e ha picchiato e arrestato parecchi studenti.

Anche nei programmi universitari vengono inseriti messaggi razzisti e discriminatori, vi si parla di Bomba Demografica Araba (palestinesi) di predisposizione alla cultura dell’azione terroristica, della prevalenza di elementi sottoculturali nella società araba e così via.

Il Prof. Bar spera che il movimento a quale appartiene, ancora piccolo e formato prevalentemente da intellettuali, diventi popolare e sia sostenuto dai partiti politici. Suggerisce di connettere tutte le realtà di sostegno e le campagne internazionali così da costruire un movimento interno ed esterno che si muova compatto sulle campagne e sulle iniziative scelte.

Parla poi Mario Franssen della campagna belga su Dexia Bank. La Banca che è la terza del paese specializzata nel sostegno finanziario ai budget dei comuni.

Da 3 anni questa banca ha pesantemente investito in Bond Israeliani. 67 organizzazioni in Belgio tra cui le più impegnate NGO, le associazioni di donne etc.. sono coinvolte nel boicottaggio a Dexia.

Prosegue con alcune indicazioni pratiche studiate in sinergia per ottenere una buona campagna di boicottaggio. Messaggi brevi e chiari per il pubblico:

– Documentazione approfondita (meglio della Banca stessa!) sui prodotti finanziari in questione e la loro ricaduta sulla politica di occupazione;

– studiare e praticare la migliore strategia organizzativa, letteralmente: Organizzare! Organizzare! Organizzare!

Anche in Turchia la Denis Bank è al novanta percento a capitale Dexia ed è fondamentale nelle sue strategie di espansione per il Medio Oriente e quindi invita le organizzazioni turche a organizzarsi e a studiare boicottaggi e quant’altro.

Poi parla Jasmin Kan dell’NGO War on Want.

Si sofferma a illustrare il trentennale impegno della sua NGO nel sostegno della causa palestinese e nella storica campagna contro l’acquisto e vendita di armi da e per Israele.

Parla poi delle campagne sui prodotti venduti nei supermercati e indica il loro sito per trovare un dettagliato elenco di prodotti da boicottare e le azioni fatte, cosi’ da confrontarle con altre in preparazione etc..

Poi interviene Martina Pignatti di UNPONTE PER, che illustra la campagna BDS Italiana e STOP-AGREXCO.

Spiega che in Italia la campagna ha ottenuto l’adesione della FIOM, di alcuni gruppi politici, di numerose NGO e di diversi gruppi cattolici.

Informa circa la partneship privilegiata che il nostro paese ha siglato per la ricerca scientifica con Israele (secondo nel mondo!) soprattutto nel campo delle sopraddette nano-tecnologie.

Quindi informa che si sta lavorando per produrre linee guida comuni e condivise per attuare un reale boicottaggio accademico da presentare congiuntamente alle università e agli istituti di ricerca e ottenere le loro adesioni e fare quindi passi concreti.

Parla della campagna Stop-Agrexco spiega i passi fatti con la Coop, cita anche la Conad ed altri e aggiorna sui progetti di azioni congiunte nei porti di Vado Ligure, di Marsiglia e di Valencia.

Parla anche dell’aggressione subita a Roma durante la manifestazione circa la veglia per la liberazione dell’ostaggio a Gaza e delle distorsioni fraudolente sulla stampa nazionale circa gli avvenimenti. Raccomanda infine la creazione di un coordinamento efficace tra le campagne europee.

Iterviene Jacqueline Balvet di Attac France di Stop-Agrexco France.

Spiega che la campagna più attiva ha cercato di interrompere l’importazione di prodotti Agexco e a Marsiglia anche i lavoratori portuali hanno rifiutato di scaricare i prodotti in questione.

Si è inoltre protestato contro le facilitazioni e gli sgravi applicati sulle tariffe doganali per Israele, che danneggiano anche i produttori locali.

Stop-Agrexco si sta sviluppando in tutta Europa specialmente nei porti di attracco delle merci come già indicato, in Francia, Italia e Spagna, ma anche in Svizzera sta iniziando una protesta organizzata e diffusa.

Ha elencato per nome tutte le adesioni di associazioni reperibili sul sito Stop-Agrexco France.

E infine ha parlato delle discriminazioni e delle condizioni lavorative cui sono sottoposti i lavoratori Palestinesi in Israele e nei territori occupati ed ha riferito circa le campagne sindacali congiunte Francesi-Palestinesi, svolte sia in Francia che in Israele.

Ali, uno studente Turco ha parlato della campagna BDS in Turchia.

Ha detto che li’ la situazione politica è differente perché la Turchia è da sempre alleata strategica degli Stati Uniti e dal 1930 dello stato sionista di Israele, ma nel contempo sostiene la lotta contro l’occupazione dei palestinesi. Quindi è un paese con una doppia politica!

Negli anni la realtà del sostegno concreto alla Palestina è decaduto, ma oggi i partiti della sinistra hanno lavorato piu’ concretamente nei confronti delle istanze palestinesi.

Nell’anniversario della strage di Gaza vi e’ stata una marcia commemorativa cui hanno partecipato più di 800 mila persone.

L’associazione IHH, che raccoglie l’obolo dei musulmani turchi ha armato la nave Mavi Marmara che ha partecipato alla Freedom Flotilla pagando il tragico prezzo in vite umane che conosciamo.

Ha però denunciato che mentre attivisti soprattutto turchi e anche kurdi venivano aggrediti sulla nave, si siglavano accordi militari ed economici da parte del governo turco con Israele per la somma di due bilioni di dollari e veniva rinnovata una commessa per una nuova fornitura di aerei dalla ditta ENRON che produce gli apparecchi che hanno bombardato Gaza e che attualmente bombardano i villaggi kurdi, e l’Afganistan… sic!

E oggi, mentre si protesta in sedi internazionali circa l’attacco alla nave le forniture militari funzionano perfettamente, e il governo turco accusa gli attivisti kurdi di strumentalizzare questa campagna BDS a vantaggio della propria causa.

Ma la lotta continua con manifestazioni congiunte per i diritti dei due popoli kurdo e palestinese.

Interviene nuovamente il prof. Bar indicando strategie e boicottaggi. Bisogna parlare delle situazioni di discriminazione razziale in cui vive la Palestina. Cosa fare qui in Israele?

Boicottare le Istituzioni, boicottare le elezioni politiche, oggi con l’attuale campagna il 50% dei cittadinii arabi–israeliani le boicotta.

L’HI-TEC è il prodotto israeliano d’eccellenza; l’Intel ha investito cinque miliardi di dollari nello sviluppo tecnologico ma senza impiegare lavoratori arabo-israeliani, a causa delle gravissime discriminazioni razziali nelle assunzioni. Oggi sono questi enormi investimenti economici in settori di punta che permettono a questa economia razzista e liberticida di esistere. Suggerisco a un lavoratore europeo che vede investito il suo TFR in fondi o obbligazioni di queste aziende di ritirarli disarmando così, in modo pacifico, questo paese che è una bomba atomica nel mondo.

Dopo quest’ultima dichiarazione termina la seconda sessione. Ingurgitato in tutta fretta un caffè turco, partecipo all’ultima sessione sulla Palestina.

Il tema è Il Rapporto Goldstone, il Russel Tribunal e le responsabilità dell’Europa, coordina il professor Pierre Galan di ECCP Bruxelles.

Il primo a parlare è Mahmud Hassan, rappresentante palestinese dell’associazione Ad Dameer, che difende i diritti dei prigionieri politici palestinesi.

Esordisce dicendo che il problema di Abu Mazen è che ha manovrato contro una legittimazione ufficiale del rapporto Goldstone; è stato il ricatto degli israeliani circa gli accordi sulla telefonia. Poi si è ricreduto e ha fatto approvare anche dall’ANP il rapporto Goldstone, riuscendo a mantenere il pacchetto sulla telefonia. Israele ha cercato di insabbiare il rapporto Goldstone accusando la Turchia, che lo sosteneva per le violazioni causate dall’annosa questione kurda. Ma nonostante il riconoscimento delle Nazioni Unite, a oggi nessun militare israeliano è stato perseguito. L’estrema debolezza del potere politico palestinese si riconosce in questa emblematica vicenda, che è continuata anche riguardo all’istituzione di un tribunale internazionale sulla vicenda della Mavi Marmara in cui un’altra volta il potere politico palestinese ha manovrato contro il proprio interesse, alleggerendo il senso dell’inchiesta internazionale.

Interviene la scrittrice e giurista israeliana Lea Tzemel, la quale ci spiega che dal suo sessantacinquesimo compleanno riceve ottocento euro al mese come pensione dal governo Tedesco. Parla anche del sentimento europeo di considerazione per lo stato di Israele come soggetto da privilegiare per gli accordi politici ed economici, grazie alla Shoa. A dispetto di tutti i dettagliati rapporti sui crimini contro i diritti umani in Palestina, sulla situazione di Gerusalemme est, a Sheik Jarrah e Siluan come su tutti gli altri insediamenti illegali, è l’inerzia europea che garantisce loro l’impunità. Si deve lavorare sia da parte di gruppi di legali sia israeliani che internazionali per trascinare Israele davanti ad una Corte di Giustizia. Bisogna lavorare per la costruzione di un tribunale che si occupi dei crimini compiuti dall’esercito israeliano anche contro cittadini internazionali, come Rachel Corrie, Tristan Andersen, i nove turchi della Mavi Marmara eccetera. Attualmente l’esercito non paga nessuna compensazione per le vittime civili nemmeno per palesi errori compiuti dai suoi soldati, e racconta il caso dell dottor Salla a Nablus, il quale, durante un’incursione dell’esercito israeliano che ricercava, nello scantinato del suo palazzo, due presunti terroristi, è stato ucciso insieme a tutta la sua famiglia: Lea ha seguito questa causa al tribunale di Gerusalemme ma nessuna compensazione è stata concessa. Chiude ritornando sul tema della pensione tedesca che dovrebbe compensarla per la morte dei suoi parenti durante la seconda guerra mondiale. Afferma inoltre che l’istituzione di un tribunale per i crimini di Israele sarebbe estremamente utile per gli israeliani stessi perché non continuino a strumentalizzare l’olocausto considerandosi vittime, perché non lo sono più da oltre sessant’anni.

Ha preso poi la parola il professor Pierre Galand relatore per il Tribunale Russel. Ha brevemente raccontato l’impegno del Tribunale nelle precedenti sessioni, la prima sul Vietnam e sull’uso delle armi di distruzione di massa sulla popolazione civile, la seconda sull’America Latina e sui crimini perpetrati contro quelle popolazioni e la terza sulla guerra in Iraq, per finire con l’ultima sessione tenutasi a Barcellona sulla Palestina.

All’interno dei pronunciamenti del tribunale il professore ci ha riportato il riconoscimento e la legittimità del boicottaggio sui prodotti provenienti dagli insediamenti illegali nella West Bank. Ha spiegato inoltre il trucco del codice a barre che occulta la provenienza di questi prodotti e dell’approdo occulto a Cipro di navi cariche di beni ortofrutticoli che vengono poi rivenduti come prodotti ciprioti. In una visione di giustizia allargata il Tribunale Russel potrebbe diventare la cornice legale per le inchieste che scaturiscono dalla campagna BDS.

Ha denunciato inoltre che il personale dei posti di blocco all’interno dei territori occupati è fornito anche dalla ditta Eskat, una delle maggiori compagnie di sicurezza privata europee.

Sofi Zafari è intervenuta presentando il caso di due giornalisti francesi che, dopo aver pubblicato degli articoli sul boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni, sono stati accusati di antisemitismo e incarcerati. Ha poi proseguito spiegando che in Francia, a causa di una forte pressione della lobby ebraica, i sindacati non hanno aderito alla campagna BDS. Solo oggi dopo gli eventi della Freedom Flotilla si è potuto riaprire un confronto per rilanciare il loro coinvolgimento.

Infine a preso la parola il dottor Castagna della CGIL che ha espresso la necessità di un coinvolgimento dei sindacati per un sostegno più fattivo dei sindacati palestinesi.

Quando ho preso la parola, ho lanciato la proposta per l’istituzione di un osservatorio sul coinvolgimento delle mafie nell’economia israeliana, ho raccontato l’episodio del costruttore israeliano arrestato a Roma per aver costruito insediamenti illegali con denaro riciclato.

Carla Biavati

IPRI-RETECCP

Berretti Bianchi

Istanbul, VI European Social Forum (ESF) – 1-4 luglio 2010

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