Le tre questioni nucleari – Johan Galtung

Washington – Le tre questioni sono: disarmo-proliferazione, uso militare e uso teologico delle armi nucleari. Tutte piuttosto intrattabili. Ma c’è il rimedio universale: risolviamo i conflitti soggiacenti, per favore. Più facile a dirsi che a farsi? Al contrario.

Il possibile trattato USA-Russia per rottamare le bombe nucleari strategiche (da genocidio) invecchiate fra le 23.000 che si dice esistano; il “vertice nucleare” di 46 paesi indetto da Obama a Washington per mettere in sicurezza il materiale fissile (negli USA?); la conferenza sul disarmo nucleare di 60 paesi indetta da Ahmadinejad a Tehran per la distruzione di tutte le armi atomiche cominciando con l’arsenale USA; e l’incontro NATO in Estonia sulle 240 bombe “tattiche” stazionate in Europa, hanno posto in agenda la prima questione. Nulla di più, finora. Ci si rivede la prossima volta, al prossimo vertice, in Corea nel 2012.

La triade nucleare USA (con sistemi basati a terra, in mare sui sottomarini e in aria sugli aerei) non è stata toccata, né le armi nucleari tattiche in Europa, né soprattutto l’uso effettivo di armi nucleari da parte dell’unico paese che abbia mai sganciato sia bombe nucleari sia bombe all’ uranio impoverito – quanto mai letale. E che morte atroce, made in USA.

Che sia giunta l’ora di riciclare qualche vecchia arma mostruosa è chiaro, vale per tutti i prodotti; chiamarlo disarmo significa fare pubbliche relazioni. Sì, lo scudo per la riduzione unilaterale della vulnerabilità così come originariamente previsto è stato cancellato, ma è poi rispuntato sul versante polacco dell’ex-Prussia orientale, vicino a Kaliningrad. Ed è problematico l’uranio allo stato libero, dati i molti luoghi in cui viene estratto. Conservarlo negli USA, la volpe nel pollaio, neppure sotto supervisione ONU-IAEA, sa di scherzo di pessimo gusto.

L’abbiamo già vissuto in passato: proprio come l’Afghanistan è una replica del Vietnam, questa è una replica, non un azzeramento, delle forme più spettacolari della Guerra Fredda. Obama sicuramente ha fatto delle letture su queste vicende, ma non le ha vissute.

La seconda questione nucleare è catastrofica. Nel 1967 pubblicai un saggio, originariamente per Pugwash, dove prevedevo un possibile ruolo per bombe trasportate in valigia, eventualmente messe nel deposito bagagli, o nascoste sotto un bersaglio cruciale, con fili d’innesco o telecomandi, e ricatti – resi pubblici o meno – con specifiche richieste (1). Un modo ovvio di trasportarle, senza l’impiego di un apparato missilistico costoso e poco agile. Nel frattempo non si usano più i depositi bagagli, gli scanner potrebbero scovare una bomba o due. Ma ci sono sempre altri posti. Il che ci porta al problema cruciale del mittente, presumibilmente l’incubo del Pentagono, secondo il mezzo d’informazione di gran lunga migliore degli USA, la National Public Radio (NPR, Radio Nazionale Pubblica).

Allora, chi è il mittente, soprattutto se fra i sospetti ci sono attori non-statali – molti, ben più dei circa 200 stati – di tali lettere anonime? Si può anche non rispondere, sperando che sia un bluff, come forse ce ne sono già stati. ma supponiamo che non lo sia. Avviene improvvisamente un’esplosione nucleare; e poi? C’è qualcosa denominata “prova legale nucleare”, che cerca tracce per risalire alla firma, nel fall-out. Una faccenda che va per le lunghe, soprattutto se non funzionassero più i laboratori. Inoltre, dopo una tale esplosione, ci possono essere ben altre preoccupazioni, anche dopo un allarme, con il pubblico disperato che intasa le strade.

Tali lettere potrebbero anche indicare che ci sono altre bombe programmate allo scoppio se le richieste restano insoddisfatte.

Il 15° anniversario dell’attentato in Oklahoma ci ricorda che gli “esperti” avevano subodorato chiare firme mediorientali, ma di quale paese?. L’origine risultò però del Midwest USA anziché del Medio Oriente (nell’originale inglese, c’è una sottile ironia tra Midwest e Middle East, ndt). Timothy McVeigh aveva imparato tecniche di violenza estrema come soldato USA nel massacro della guerra del Golfo del 1991, ed era quanto mai sconvolto per la strage di Waco di due anni prima. Fu condannato a morte nel 2001. Come ammonimento per altri attentatori suicidi? In giro ci sono molti McVeigh.

E allora? Ci si mette a lanciare bombe un po’ dappertutto per dare una mano all’apocalisse?

A tutto questo si aggiunga il problema della divinità. Dio usa una forza estrema, causando desertificazione, per punire i pagani. E così fanno le bombe nucleari, tra simili vanno insieme. Possono essere usate per punire i giapponesi (che si erano arresi) per chiarire di chi è il Dio più forte. Servono a confermare la divinità ai loro possessori; civiltà, non stati e certo non entità non-statali. Il potere divino per loro è peggio che la proliferazione. E’ profanazione. Meglio gli USA da soli, come seconda opzione meglio una madrepatria condivisa nella divinità. Evangelica e anglicana o cattolica-laica che sia, è sempre in famiglia; così pure una bomba giudaica, con un trattino come nella tradizione giudaico-cristiana. Con la sparizione del bolscevismo passerebbe anche una bomba cristiano-ortodossa, se ammansita da un trattato e un qualche scudo.

E una confuciana? Uhm. Un arnese hindu del 1971, una bomba nel1998, nome in codice “Il Buddha ha sorriso”. Uhm. Una “bomba buddhista” è un ossimoro, ma una shintoista? Anch’essa problematica, e se fossero vendicativi?

Ma il vero problema in un Occidente incapace di rispettare l’islam è la bomba islamica. Ed ecco, l’Iran potrebbe persino vedersi come civiltà persiana? Sì, e sarebbe più vecchia di quasi ogni altra. E un’entità islamica non-statale, addirittura una che pretendesse di essere prossima al divino quanto ogni altro, la base, Al Qaeda? Anch’essa procliva alla protezione del sacro a La Mecca-Medina-Gerusalemme e a punire gli intrusi infedeli magari decapitando qualche edificio, come l’11 settembre fatidico, sventolando la bandiera saudita, la shahada, intorno alla spada del boia. La prossima volta?

Rinunciare allo status nucleare è rinunciare alla divinità. Che il ristretto club nucleare debba farlo multilateralmente è una sfida alla razionalità.

Qualche via d’uscita? Contorta come la strada seguita dalle donne inglesi per uscire dalla schiavitù e dal colonialismo: quella Madre Patria. Un certo unilateralismo inglese potrebbe sollevare la Figlia alla maturità, e se essa nutre seri dubbi, potrebbero cominciare a cadere dei domino. Signore d’Inghilterra, unite le forze con quel dono, il liberale Nicholas Clegg che ha perfino messo in discussione il Trident genocida! Per favore, per favore: rifatelo!!

Note

(1) “Two Approaches to Disarmament”, capitolo 3 in Peace, War and Defense, Copenhagen: Ejlers, 1976, pp. 54-93; vedere www.transcend.org/tup

26 aprile 2010

TRANSCEND Media Service

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis

Titolo originale: The Three Nuclear Issues

http://www.transcend.org/tms/2010/04/the-three-nuclear-issues/

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