Un mondo di regioni: quale ruolo dell’UE?

Johan Galtung

L’Impero USA sta lasciando un certo vuoto economico-militare-politico, la Cina non sta cimentandosi, e neppure l’UE con la propria recente esperienza su come crolla il colonialismo. Anche il sistema statale sta svanendo – esclusi gli stati più grossi – mentre aumenta sempre più un sistema orientato su regioni. L’UE è la più matura, ma UA (Unione Africana), SAARC (South Asian Association for Regional Cooperation) e ASEAN (Association of South-Asian Nations) stanno crescendo. Tre nuove regioni sono in formazione: America Latina-Caribe (LA, Latin America), Islamica dal Marocco a Mindanao (OIC, Organisation of the Islamic Countries)), e la Shanghai Cooperation Organization (SCO), in eventuale competizione con una comunità dell’ Asia Orientale.

Quale potrebbe essere la reazione della Comissione Europea alla sfida di essere un attore principale di pace in un mondo di regioni? Un salto ottimistico nel prossimo futuro?

Primo, l’UE avrà status e influenza imponenti come regione modello, avendo raggiunto un elevato livello di pace al suo interno, direttamente, strutturalmente e culturalmente. Gli altri si stanno tutti allineando per imparare i trucchi, chiedendo all’UE di aprire gli archivi che documentano successi e fallimenti. Dato che il mondo è stato colonizzato in tempi piuttosto recenti da 11 dei 27 paesi membri UE, molti nelle altre regioni parlano lingue coloniali europee, con proprio gran vantaggio visto che i colonizzatori non si sono mai preoccupati di imparare le altre.

Secondo, l’UE potrebbe essere un modello utile in sub-regioni in crisi, come potrebbero esserlo anche la Comunità Nordica e l’ASEAN, una comunità:

  • del Medio Oriente, che riunisca l’Israele del 1967 e i 5 stati arabi suoi vicini: Libano, Siria, Giordania, Palestina riconosciuta secondo il diritto internazionale, Egitto.
  • Centro-Asiatica, che riunisca l’Afghanistan e i suoi 8 confinanti, tutti musulmani, assorbendo parecchio della SCO.
  • dell’Asia Occidentale, Turchia-Iran-Pakistan-Afghanistan, tutti musulmani, con Iraq-Iran-Armenia-Azerbaijan che fungono da ponte fra l’Islam e l’Occidente, con la Turchia che sia o meno membro UE.
  • Caucasica, Georgia-Armenia-Azerbaijan, con uno status per Abkhazia, Ossezia del Sud, Nagorno Karabagh, e una camera di rappresentanti minore per le (26?) nazioni della regione.

Tale funzione modello della UE, inter-statale e inter-funzionale, si basa su 5 fattori positivi di pace: simbiosi ed equità, omologia (somiglianza strutturale) ed entropia (cooperazione in ogni direzione) e una organizzazione congiunta.

Terzo, il punto cruciale sarebbe però come l’UE si rapporta alle altre 6 organizzazioni regionali. E qui il modello a 5-punti si potrebbe usare di nuovo, per le regioni anziché gli stati.

Tuttavia, affinché l’UE abbia un ruolo benevolo di peace-building, non dovrebbe provocare paura ma essere al meglio non-allineata, basando la propria sicurezza su una difesa difensiva, “sicurezza interna” anziché, supponiamo, su Forze di Rapido Intervento (RDF, Rapid Deployment Force), lasciando tale compito a un livello superiore, a qualcosa di più globale. L’UE dovrebbe abbandonare sia la violenza diretta interventista, sia quella strutturale (ODA, Official Deployment Assistance), dell’estrazione di risorse.

L’UE dovrebbe fare quello verso cui la Cina pare dirigersi: l’autosufficienza nelle risorse, per esempio diventando meno dipendente da petrolio e gas, cosa comunque quasi obbligatoria, data la necessità di ridurre le emissioni di CO2. E l’UE deve rendersi utile ad altri, cosa agevole per una regione così ricca di risorse che mediante il colonialismo ha stimolato la domanda per le proprie considerevoli risorse culturali, scientifiche e tecniche.

La grande questione è come rapportarsi a vantaggio sia reciproco (simbiosi) sia uguale (equità). Si dovrebbe abbandonare qualunque sforzo di spremere risorse dalle 5 Regioni del Terzo Mondo – LA, UA, OIC, SAARC e ASEAN –a favore di uno scambio di pari livello di elaborazione, rinunciando a tutte le tariffe protettive contro i prodotti provenienti dal Terzo Mondo. L’UE dovrà adeguarsi a un ruolo calante nel commercio mondiale totale; lo scambio Sud-Sud – fra le 5 regioni citate – è destinato ad aumentare in valore relativo, come già avviene per esempio entro l’ASEAN+3.

E lo stesso vale per la cultura: un sistema regionale basato su vantaggi reciproci e uguali esigerebbe dialogo, rispetto e curiosità reciproci, non a senso unico. L’UE è pronta a imparare dal pensiero e da lingue altre, non-occidentali?

In quanto all’omologia e all’entropia, potrebbero essere trasferite in un mondo regionalizzato? Uno dei doni del modello UE alle altre regioni e sub-regioni è la divisione fra un Consiglio per gli Stati – territoriale – e una Commissione per i Dipartimenti – funzionale; col che si soddisfa una condizione per l’omologia inter-regionale, mediante sette Commissioni che lavorano per la pace con mezzi pacifici. Un sogno che val la pena di sognare; e su cui agire: civilizzare i propri residui del sistema statale, i Consigli.

E con la rapida crescita della società civile regionalmente e globalmente, altre regioni si stanno avvicinando alla condizione di “sottobosco” così proficua allorché sorse la CEE. ONG africane, latino-americane e asiatiche sono già gruppi attivi a Bruxelles, così come le ONG europee nell’Africa dell’Est e ad Addis Abeba. Non c’è nulla di utopico in queste proposte. Anzi, è sorprendente quanto in fretta il mondo stia evolvendo.

Ma una prova chiave è il quinto fattore: un’organizzazione multilaterale congiunta al centro di un mondo regionale: una ORU, Organizzazione delle Regioni Unite? Perché no; con nessun potere di veto a qualche regione, ma piuttosto decisioni consensuali per cominciare. Ci sarebbe un’Assemblea dei Popoli delle Regioni Unite, che potrebbe essere basata su parlamenti regionali là dove esistono, e in futuro su elezioni dirette. E la segreteria potrebbe ruotare da una regione all’altra, come avviene con successo nell’Unione Europea. Non c’è davvero bisogno di ripetere gli errori ONU come il veto, nessun mandato popolare e sede permanente in un ambiente molto prevenuto.

Queste sono le sfide. La reazione sarà creativa?


05.04.10, TRANSCEND Media Service

Titolo originale: A WORLD OF REGIONS–AND THE EU ROLE?

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Sereno Regis

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