È ora di farsi sentire per i diritti umani nello Sri Lanka, quanto meno

Jake Lynch

Qui in Australia, ‘la Settimana dello Sri Lanka’ si è ridotta a un lungo fine-settimana. La kermesse di commercio e investimenti ai Dockland di Melbourne doveva aver luogo già in giugno, ma venne revocata per lo scandalo dell’esercito dello Sri Lanka che martellava le zone tamil con una stima ONU di 20.000 morti. È poi tornata da venerdì a domenica, promettendo ai visitatori “l’opportunità di provare il gusto del paradiso”.

Invece dovremmo rammentare l’inferno vivente dove vengono detenute 300.000 persone contro la propria volontà – il gigantesco campo d’internamento di Menik Farm – in violazione dei loro diritti secondo il diritto internazionale e la legge dello Sri Lanka. Trapelano testimonianze oculari allarmanti, di scorte di viveri e acqua potabile disperatamente esili, condizioni luride e – per chi fosse tentato di protestare con l’occasionale visitatore straniero – la minaccia sempre presente di ‘sparizione’.

Questo è il destino toccato a migliaia lungo gli anni, nella sporca guerra dello Sri Lanka con le ribelli Tigri Tamil, conclusasi poco più di cinque mesi fa. Sono state costituite varie commissioni d’inchiesta, che non hanno portato un solo colpevole davanti ai giudici: una “buffonata” secondo Amnesty International. Sicché i bulli continuano in impunità, e l’impunità incentiva la ripetizione: ce la siamo cavata una volta, perché non ripetere?

La minaccia si diffonde, potenzialmente, ben oltre i lidi di questa piccola isola. Lo Sri Lanka ha sequestrato una sessione del Consiglio per i Diritti Umani ONU facendo in modo di far passare una risoluzione che si complimentava per la sua “vittoria”. Quanti altri governi stanno a guardare, calcolando di potere anch’essi permettersi di reprimere un qualsiasi gruppo armato non-statuale senza badare a quanti civili vengano massacrati, venendone fuori con poco più che una strizzatina di mani da parte della comunità internazionale?

Ora, tuttavia, il Dipartimento di stato USA ha emesso un rapporto autorevole, che contiene prove di crimini di guerra nei disperati mesi finali delle ostilità. E’ misurato nel linguaggio, e perfino equilibrato. Identifica varie occasioni in cui le Tigri presero ragazzi anche solo di 12 anni per farne bambini-soldato, e intercettarono civili in fuga dal pericolo per usarli come scudi umani.

Ma elenca rapporti credibili da fonti multiple su attacchi dell’esercito – o di para-militari collegati al governo – alle cosiddette ‘zone no-fire’ con armi pesanti che aprirono il fuoco su strutture sanitarie; che uccisero capi delle Tigri dopo che si erano arresi; che rapirono e uccisero un gran numero di uomini e ragazzi tamil.
“I punti di controllo e gli accampamenti IDP (Internally Displaced Persons, rifugiati interni, ndt) erano supposti zone particolarmente vulnerabili”, dice, “con una grossa presenza militare che impediva alle organizzazioni internazionali di effettuare un monitoraggio della protezione e interviste IDP confidenziali”.

Quest’ultimo punto è particolarmente importante. L’Alto Commissario per lo  Sri Lanka e sostenitori del suo governo in Australia hanno tenuto un incontro questa settimana a Canberra per informare i nostri rappresentanti e i loro funzionari. Ciò ha compreso una presentazione sulle condizioni nei campi sulla base di una visita resa da un ex-redattore di un quotidiano, Mahindapala Don, ora stabilitosi qui. Non ho motivo di dubitare della sincerità del sig. Don nel riferire quanto ha visto, ma ha ammesso lui stesso, rispondendo a una mia e-mail, che la visita era guidata dai militari. Il che non rispetta nessuna delle condizioni sul reportage professionale umanitario e sui diritti umani, e non può quindi venir considerata affidabile.

I parlamentari probabilmente sentiranno proteste che sono divenute famigliari a tutti quanti noi che ci siamo pronunciati sul deprecabile stato dei tamil. Autorevoli gruppi di monitoraggio come Human Rights Watch e Amnesty International starebbero diffondendo “propaganda avversa”. L’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani avrebbe frainteso tutto. La britannica Channel Four News ha mandato sugli schermi immagini scattate di nascosto che sembrano ritrarre detenuti tamil mentre vengono fucilati dai militari a sangue freddo, poi un video che rivela le spaventose condizioni dei campi – quindi i suoi giornalisti devono essere stati presi per il naso.

Resta da vedere se avranno il coraggio di asserire che anche il Dipartimento di Stato USA si è fatto buggerare, ma chiunque sia pronto ad appellarsi agli australiani perché vadano in vacanza nello Sri Lanka, dato tutto quel che è successo, deve avere davvero una pellaccia non male. In altre parole, sono sulla negativa.

Il quadro è offuscato ancor più dalla brutta storia dello Sri Lanka in quanto a libertà di stampa – 165° paese su 173 secondo Reporters Without Borders. Sia giornalisti che operatori delle ONG sono stati effettivamente intimiditi da anni di arresti arbitrari, angherie ed assassini fra le loro fila rimasti sempre irrisolti. Quando l’australiano James Elder, capo dell’UNICEF, si è pronunciato sulle sue preoccupazioni per la malnutrizione nei campi, è stato immediatamente espulso.

Il tentativo di distogliere l’attenzione dei nostri legislatori dalle vere tematiche dei diritti umani nello Sri Lanka arriva al momento in cui finalmente all’Aja s’avvia il processo contro Radovan Karadzic. Se lui può venir incriminato per la responsabilità di comando sul massacro di Srebrenica, qualcuno da qualche parte deve sicuramente essere ritenuto responsabile del sistematico bombardamento di zone civili documentato nel rapporto sullo Sri Lanka.

Fra gennaio e maggio di quest’anno il rapporto USA elenca almeno 158 distinti attacchi che potevano provenire solo dalla parte dell’esercito. Si tratta in quasi tutti i casi di bombardamento d’artiglieria indiscriminato, con l’uso occasionale di bombe a grappolo. E, ammonisce, questi sono solo quelli riferiti al mondo esterno: ce ne sono stati verosimilmente parecchi altri.

A un certo punto, annota il rapporto, il Ministro degli Esteri dello Sri Lanka Palitha Kohona ammise, alla tv Al Jazeera, che le truppe governative avevano in effetti bombardato la zona no-fire, nonostante precedenti smentite ufficiali. L’ammissione ci fu quando la tv mostrò immagini satellitari con analisi che documentavano i danni da artiglieria e bombe aeree sulla zona fra il 15 febbraio e il 19 aprile.

Kohona asserì che questo aveva avuto luogo prima che qualunque civile fosse effettivamente entrato nelle zone sicure, ma Al Jazeera mostrò allora riprese di un’intervista precedente con Kohona e il portavoce militare Udaya Nanayakkara, trasmessa il 19 aprile, lo stesso giorno della ripresa satellitare, in cui entrambi insistevano che il governo non stesse bombardando quelle zone per la presenza di civili – una posizione “incongruente con l’asserzione che il bombardamento fosse stato effettuato prima che in queste aree sopraggiungessero civili”.

Le norme che stabiliscono la protezione dei civili nelle operazioni belliche sono riportate nelle Convenzioni di Ginevra. Recentemente, il ministro degli Esteri australiano Stephen Smith e il Procuratore Generale Robert McClelland hanno accolto l’introduzione di un nuovo Protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni, che stabilisce un nuovo simbolo internazionalmente riconosciuto per operatori umanitari – il ‘Cristallo Rosso’, da aggiungere alla Croce Rossa e alla Mezzaluna Rossa.
Era un gradito segno dell’impegno del governo sui principi di Ginevra, ma proprio essi sono in gioco nello Sri Lanka oggigiorno, insieme a quelli della Dichiarazione Universale sui Diritti Umani, che assicura la libertà di movimento delle persone e il loro diritto a vivere in dignità. Finora ci sono state alcune parole di ‘preoccupazione’ da Canberra, ma nessun seguito. Si è data spesso l’impressione che l’Australia badi molto alle proprie relazioni commerciali e sia riluttante a intraprendere qualunque azione le possa compromettere.

Il mese prossimo il Primo ministro Kevin Rudd andrà nei Caraibi per un incontro dei capi di governo del Commonwealth a Trinidad and Tobago. In tale irripetibile occasione, il governo dello Sri Lanka deve essere chiamato a un rendiconto per i suoi gravi abusi dei diritti umani e del diritto umanitario. Sarà un’occasione molto pubblica perché l’Australia mostri una pur tardiva leadership insistendo su qualche miglioramento a breve, salvo debite conseguenze.


COMMENTARY ARCHIVES, 30 Oct 2009 Jake Lynch

Titolo originale: TIME TO STAND UP FOR HUMAN RIGHTS IN SRI LANKA – AT LAST

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Sereno Regis

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