Sulla verità – Johan Galtung

L’idea di Verità è rilevante tanto per le arti quanto per le scienze. La verità è un attributo di una qualche articolazione simbolica – una tesi, un testo, un dipinto/una scultura, un brano musicale – quando lo mettiamo a confronto con la realtà: la riflette, concorda con ciò che consideriamo “realtà”? Alcuni negano l’esistenza di qualunque realtà al di fuori delle sue articolazioni. Sottoponiamolo al test buddhista per la vita senziente: influisce su di essa con dukkha-sofferenza, e/o sukha-felicità ? Si può, e si deve, criticare qualunque discorso su HIV-AIDS, ma tali lettere possono anche voler dire morte e non è ovvio che sia stato il discorso a uccidere.

La scienza divide il mondo fra osservato/inosservato e previsto/imprevisto con una tesi. La tesi è vera se quanto osservato è previsto e quanto imprevisto non osservato. Una serie di tesi può essere intessuta insieme in un testo. Per gli artisti si comincia di solito con il testo – scritto in parole, musica, colori e forme, qualunque cosa – concependolo come “realtà percepita attraverso un temperamento”, da parte di persone con grandi sensibilità, capacità di vedere il non visto e udire l’inaudibile, per riflettere la realtà non solo empirica ma anche potenziale, e un gran potere di articolazione. La differenza è di livello.

Quant’è vero!, possiamo esclamare quando il testo comincia a possederci. Ma laddove gli scienziati occidentali seguono Aristotele e Cartesio suddividendo la realtà in pezzetti da riflettersi uno alla volta, gli artisti sono più orientali, più olistici, riflettendo una certa totalità con le sue tensioni, come nei romanzi incredibilmente complessi che iniziano tale tradizione in Giappone, Storia di Genji di Murasaki Shikibu, (Einaudi, Torino 1980 e 1992) e in Cina, Il sogno della camera rossa di Tsao Hsueh-Chin (Rizzoli, Milano 2008), che ci fa percepire la Cina ora resa famosa dai libri incredibili di Gavin Menzies, 1421. La Cina scopre l’America (Carocci, Roma 2003) e 1434. The Year a Magnificent Chinese Fleet Sailed to Italy and Ignited the Renaissance, William Morrow, New York 2008).

Due nessi critici costruttivi per verità e letteratura: complessità della verità e creazione della verità. Né Marx né Freud, né la fenomenologia, il (post)strutturalismo o il femminismo – appoggiandosi a Jonathan Culler nella sua Teoria Letteraria (The Literary in Theory, Stanford University Press, Stanford 2006)– non meno importante nel nostro mondo globalizzante e profondamente agitato, col peggio ancora da venire.

In primo luogo, oggi viviamo le nostre vite a quattro livelli contemporanei, micro-meso-macro-mega: con quelli più vicini a noi; nella realtà sociale di generi, razza e classe; nelle relazioni con altri paesi vicini e distanti; e nei movimenti tettonici fra le massime configurazioni come Nord/Sud, Occidente/Resto del mondo, o Cristianità/Islam. Noi li viviamo ed essi vivono noi, ci piaccia o no. Non è solo, ad esempio, Freud per il microlivello e Marx per il meso; si aggiunga SunTzu-Clausewitz per gli stati, Gandhi per il Nord-Sud e Lewis-Huntington per le civiltà! Sono tutte in noi contemporaneamente, non micro qui e mega là. Ibsen combinò micro e meso in quanto a genere e ceto, ma gli altri erano assenti già solo dalla sua mappa del mondo.

Però sono presenti mentalmente a quasi tutti oggigiorno. Viviamo tuttora l’amore per i/le nostri/e partner e intratteniamo rapporti con nostra suocera, per così dire. Ma, che stanno combinando gli immigrati? Islamizzazione alla chetichella? Che succederà quando l’impero USA non solo in declino crollerà, crolleremo anche noi? I poveri del mondo si solleveranno contro di noi? Chi sono io, con chi sto, dalla parte giusta o da quella sbagliata? E mia suocera come ha programmato sua figlia per tutto ciò? Un mondo ultra-complesso. Sì, è compito della letteratura rifletterlo perché sia vero. Meno libri di Iris Murdoch, Una testa tagliata, (Feltrinelli, Milano 1976) o Melissa Bank, Worst Thing A Suburban Girl Could Imagine (Il peggio che una ragazza dei sobborghi potesse immaginare), con i loro mondi semplicistici. Più libri dell’indiano Pranav Kumar Vandyopadhyaya Passing Time in Biharipur (Passare il tempo a Biharipur), per non parlare di Karma Cola di Gita Mehta. Hanno visto prima di noi in Occidente. E’ ora di svegliarsi.

La seconda riflessione critica costruttiva è centrata sulla verità come qualcosa da creare, non solo su cui riflettere. Verità come corrispondenza fra previsto-imprevisto e perseguito-respinto, e infine anche osservato-inosservato. E la letteratura?

Aristotele ci lanciò su una pista infelice distinguendo fra tragedia e commedia. E così, pure col suo tertium non datur, non c’è una terza possibilità, siamo stati indotti a credere che l’espressione letteraria abbia o una brutta fine, infausta, o comica, da riderci su. Come nei media: realtà distorta comprimendola nelle due forme, del giornalismo della violenza, qualcosa di negativo-triste-cattivo; o dell’intrattenimento. Infotenimento. Niente soluzioni, niente ottimismo.

Ma qual è l’alternativa? Non sarebbe un “finale felice da Hollywood”? Per nulla. La musica spesso ci riesce meglio, come con Beethoven, magari particolarmente con qualcuno dei suoi quartetti. Impegnarsi, lottare esattamente per ottenere quella realtà dove l’armonia è tuttavia possibile, nel senso musicale di terminare sulle note toniche, nel senso della pace finendo con una soluzione, un trascendimento positivo del conflitto. C’è un senso di rilassamento, che può anche produrre il necessario recupero e ricostituzione per il successivo problema o conflitto. La musica che non produce tale senso ben difficilmente è una musica che contribuisce a creare pace.

Autori come Bernard Malamud, nel suo Una nuova vita (Minimum Fax, Roma 2007), hanno scritto romanzi commoventi i cui attori passano per enormi problemi e conflitti in ambienti molto degradati dai quali alla fine riescono a uscire in modo positivo, dando anche al lettore un profondo senso di liberazione e forza. Essi sono stati capaci di trascendere i loro problemi. Non tragedia, neppure commedia; “trascendia”? Così necessaria nei media, un po’ di luce, pur senza alcun timore di riferire sulla sofferenza.

Toccare il cielo con un dito, supponiamo a pagina 48, e usare tutto il resto del romanzo per cadere in basso non è sufficiente. Il mondo ha bisogno di trovare soluzioni e spesso le trova. Se siamo per la tragedia ci troviamo dalla parte sbagliata della storia.

26.05.09  – Norwegian Literature Festival, Lillehammer
Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis
Titolo originale: ON TRUTH
http://www.transcend.org/tms/article_detail.php?article_id=1293

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