Vogliamo riprendere a fare politica?

Antonino Drago

Saluti e invito all’autocritica

Cari amici, mi fa piacere rivederci; ma, dopo quattro anni infelici, debbo dire parole un po’ crude. Sono passati quattro anni dal novembre 2005, quando ci fu l’assemblea nazionale rivolta a tutte le Associazioni sulla questione del Comitato Dcnanv, al fine di organizzare assieme una resistenza. Allora si consumò il secondo sbandamento della Campagna in un solo anno: a sorpresa si è cambiato l’obiettivo (formare un innocuo osservatorio su quel Comitato); cioè si scelse di fare i Ponzi Pilati, invece di fare politica. (Perché non si diffondono gli atti di quella assemblea, già preparati da Scaramellini?). E già in quell’anno, nella Assemblea OSM-DPN, si era giustificato il sostegno al Comitato (nonostante le dimissioni di Venditti, Minervino e mie) con la promessa solenne di una verifica dell’operato del Comitato nel giro di tre mesi; cosa mai avvenuta. In effetti quella verifica ormai è palese anche ai più speranzosi: c’è il blocco delle nostre iniziative politiche. Il tutto nel silenzio assordante delle Associazioni nonviolente.

Oggi il nostro primo problema è: quando impareremo a fare autocritica pubblica? O la nonviolenza è solo buona volontà, poi “chi ha avuto, ha avuto; e chi ha dato, ha dato? Scurdammoce d’ o passato, simme in Italia, paisà!”

Queste mie note sono personalismi? Fanno solo polemica? Ripondo che queste sono facili accuse di chi si risparmia una analisi politica della situazione. Troppo a lungo siamo stati infettati dal virus radicale, quello di personalizzare ogni problema politico come litigiosità personale. Ormai è evidente (se non altro dopo i contrasti pubblici Lotti-Zanotelli sulla ultima Marcia Perugia-Assisi) che le politiche per la pace in Italia sono più d’una; e che esse sono in gran parte incompatibili. E che qualcuno gioca con i personalismi per nascondere la propria politica.

Il virus ci ha infettato a tal punto che oggi, a forza di scambiare per personalismi le differenze politiche reali, le parole tra noi hanno perso senso, sono diventate equivoche o polivalenti; non abbiamo più nemmeno un linguaggio comune. Se prima il lavoro politico era quello di resistere, ora è quello di ricostruirci, dopo un periodo di distruzioni.

(E’ vero che a livello internazionale non si sta meglio: è la prima volta nella storia che non c’è più un trend positivo pr la nonviolenza. Ma prima noi avevamo dei grandi vantaggi sugli altri Paesi: grandi maestri di nonviolenza, un SC esemplare, la Campagna OSM-DPN più forte del mondo, le prime leggi sulla DPN e per il transarmo. In questi anni abbiamo perduto o bruciato ogni vantaggio; e ora ci troviamo sconfitti come tutti gli altri).
E’ con questo spirito, di ricostruire, che vengo alla Assemblea OSM-DPN, sperando di trovare in molti una corrispondenza nel voler cambiare rispetto il passato.

Analisi della situazione: siamo solo volontariato?

Quale è la nostra situazione politica attuale? Siamo stati ridotti a generico volontariato!

Già nel 1995 incominciò Libera a tagliarci la strada con un accordo politico bipartisan (destra e sinistra unite) che riuscì a raccogliere tutte le associazioni di base su una “non politica”; subito i suoi aderenti vennero qualificati come “volontari” rispetto alle persone serie, come i magistrati, i poliziotti e i politici. Poi nel 2001 una legge ha abolito tutti quelli che con la loro scelta personale già facevano politica dalla parte nostra: gli obiettori di coscienza. La seguente legge 64/2001, sul SC volontario finalizzato alla DPN, fu poi distorta dalle Associazioni per creare tanti bravi volontari che li aiutassero a guadagnare una grossa fetta del Terzo settore.

L’UNSC, la prima istituzione di difesa alternativa al mondo, nei cinque anni dalla nascita non ha riconosciuto nulla di concreto del lavoro degli 800 mila obiettori al servizio militare e della preparazione di una DPN in Italia (neanche nella formazione dei SC.isti). Infine, l’anno scorso l’IPRI-CCP, che è riuscito ad ottenere un riconoscimento quasi politico dal MAE (finanziamento da 230 mila euro per la formazione in Italia), ora l’ha presentato con un dépliant dal titolo “Ruolo del volontario…”; mentre i militari si laureano tutti all’Università (magari per il solo essere stati qualche mese in Iraq), l’IPRI-CCP ancora continua con la formazione ai ragazzotti, quelli che solo tra alcuni anni potranno fare una esperienza di interposizione, non gli studenti universitari, che invece possono partire anche la prossima estate, e che farebbero interagire con la docenza universitaria. Non parliamo poi del Comitato Dcnanv, che ci vede come volonterosi senza alcun peso; e questo anche dopo un secondo tentativo (2008), di grande buona volontà, per rivolgerlo alla nostra politica. Più volontariato di così!

Come mai siamo arrivati a ciò? Collateralismo, burocrazia

Certo, i militari, che prima del 1989 ci ignoravano considerandoci “abiettori”, dopo le liberazioni nonviolente nel mondo hanno reagito. Allora sono passati al contrattacco duro: sospensione della leva, esercito professionale docile ai loro obiettivi politici, integrazione con l’esercito USA e strategia nucleare da primo colpo, missioni all’estero (dove la concorrenza dei nonviolenti può essere solo minima), il CIMIC per gestire i civili sul terreno bellico. Certo i militari hanno avuto dalla loro parte tutte le istituzioni e tutti i partiti. Ma che cosa abbiamo detto noi in proposito? Addirittura sul punto che ci riguardava direttamente, l’obiezione di coscienza, Az. Nonv., marzo 1999 ha inneggiato alla “fine della naja”!

La nostra storia collettiva è nata con la l. 772 del 1972 e il conseguente SC. Ma solo il MIR ha sostenuto il SC, per alcuni anni. Poi quando nel 1980 il SC si è ingrossato, per fortuna la Caritas ci ha tolto le castagne dal fuoco pr gestire il SC in grande. Ma così ci siamo abituati a non fare politica nel sociale: da allora le associazioni nonviolente si sono abituate a campare sugli iscritti e sulla politica delle iniziative altrui (ad es. la Campagna OSM-DPN).

Negli anni ’80 e ’90, quando comunque avevamo una forte base sociale negli obiettori militari e negli obiettori fiscali, abbiamo rimediato al poco lavoro nella società, dandoci almeno una strategia (anche se era controversa, fino a quasi essere combattuta da alcuni gruppi di nonviolenti): la DPN. E gloriosamente abbiamo vinto la battaglia politica per ottenere la legge apposita. Ma, ancora una volta, non abbiamo saputo affrontare la battaglia reale: quella per fare applicare la legge. Era finito il tempo di stare solo a chiedere ad altri, facendo anticamera nel Parlamento; occorreva lavorare (con una stampa a frequenza maggiore dei mensili) nella politica degli EE.LL, con le associazioni (almeno quelle del SC), sugli avvenimenti quotidiani per indirizzarli verso gli obiettivi tattici della strategia ormai legalizzata. Infatti dopo la legge 64/01, c’è stata una inattività, che ha lasciato campo aperto alle Associazioni di SC; che allora hanno voltato le spalle a noi e alla DPN.

Prima del 2001, quando c’erano gli obiettori, rappresentavamo già un’ipotesi politica; dopo, senza più le obiezioni, siamo diventati dei clienti politici generici. Ci siamo cullati nell’idea di avere comunque una nostra politica: il collateralismo a qualche partito (Verdi, PRC, DS, ecc.); tanto che pochissima attenzione è tata rivolta alle vicende del Comitato Dcnanv; come se esso non fosse la chiave per organizzare decine di migliaia di SC.isti, che, per legge, dovevano iniziare una difesa statale alternativa; invece è stato trattato come fosse una cosa per pochi specialisti, avventuratisi nel palazzo del governo. Su questo tema cruciale per la politica di 35 anni di lotta politica in Italia, quanti articoli avete letto sulla nostra stampa? Due, forse tre… Eppure abbiamo almeno tre riviste mensili.
Dopo aver sperato invano nel “governo amico”, naturalmente alle elezioni del 2008, poiché non avevamo più una base nel sociale, siamo crollati assieme ai partiti della sinistra ai quali ci eravamo appesi. E ora non sappiamo più come fare politica. Dobbiamo ricominciare daccapo!

Tre strategie nel Movimento per la Pace italiano

Allora per prima cosa domandiamoci chi siamo. Per rispondere, ormai non possiamo fare a meno di tener conto delle divisioni che segnano anche il campo della pace e dell’antimilitarismo. Oggi il problema non è più quello di distinguersi solo da Pannella, come è stato dal 1975 (quando rifiutò di sostenere il SC); ora c’è da capire che Flavio Lotti segue una politica diversa da quella di Zanotelli, che quasi nessun Ente Locale ha voglia di parlare di intervento nonviolento all’estero, che Papisca pensa all’ONU e ai diritti e basta, che contro la mafia Ciotti vuole che la società civile faccia solo la tifosa per lo Stato che arresta mafiosi e sequestra beni. (v. figura)

Gli ultimi avvenimenti sono stati:

1) la strategia dei MDS blu e rosso ha scoperto le carte: la Marcia Perugia-Assisi si fa solo per i diritti e per la riforma dell’ONU, non per la Pace e tanto meno per la nonviolenza dei CCP o la DPN.
2) Nel MDS verde la strategia europea ha dovuto ritirarsi dall’obiettivo speranzoso (CCP uropei) ed è ricaduta a livello nazionale, ottenendo almeno un riconoscimento finanziario (ma purtroppo rischia di buttarlo al vento, per averlo rivolto agli studenti dei licei). Intanto si è costituito l’ICP con la pretesa di essere l’unico che fa sul serio (nonviolentemente?).
3) La vittoriosa strategia della DPN è stata bloccata (niente: iniziative di DPN, interposizione dei SC.isti all’estero, convegni DPN) dal Comitato Dcnanv. I suoi seguaci, tornando a lavorare alla base, si sono associati al movimento per le interposizioni nonviolente; cosicché oggi l’IPRI-CCP raccoglie tutto il movimento di base che intese la difesa alternativa in senso ampio.
Ma verso che cosa? La strategia è chiara: realizzare la nonviolenza sia nella difesa alternativa, anche statale, intesa sia come difesa all’invasione nazionale, sia per la interposizione nelle crisi internazionali, sia contro la mafia). Ma è chiaro anche che oggi siamo in pochi, perché gli EE.LL. ci sono tutti lontani (salvo eccezioni); e oggi col 5 per mille le Associazioni, anche le più piccole, si interessano di ben altro che di progetti politici di servizio e di sacrificio. E’ chiaro anche che ora, senza più la politica della obiezione, dobbiamo compiere azioni collettive importanti pe riuscire a superare la soglia (alta) di una minima incidenza politica. E’ anche chiaro che disponiamo di poche energie, in termini di uomini e di risorse finanziarie.
In definitiva, o siamo saggi a  trovare una intesa collettiva rapidamente, su pochi ma chiari punti praticabili, oppure resteremo in balia delle onde di una politica (quella delle Associazioni di SC, degli EE.LL. del Comitato Dcnanv, dei Partiti, dei militari, degli USA, dell’ONU) che ci svaluta come volontariato generico.

Proposte minime per intenderci e per ricominciare una politica comune

1) Ricostituire il soggetto della politica dell’obiezione nonviolenta:

•  [riconoscersi] rilanciare la obiezione fiscale come: 1) contribuzione volontaria (meglio se con il 5 per mille) alle sole Associazioni che fanno interposizione (IPRI-CCP, Op. Colomba, PBI, Un Ponte per.., ecc.); 2) più versamento dell’8 per mille alla Chiesa cattolica (per la Caritas che fa DPN) e alla Chiesa Valdese (che finanzia le PBI) e lettera all’UNSC per essere iscritti all’albo degli obiettori;
• [ritrovare l’unità politica delle Associazioni] ogni Associazione, che si dichiara nonviolenta, versa una quota del suo bilancio per realizzare l’obiettivo politico comune dell’interposizione nonviolenta; con questi versamenti costituire un fondo comune per finanziare i progetti comuni di interposizioni nonviolente, da decidere in assemblea nazionale annuale.
• [farsi riconoscere giuridicamente] puntare sulla istituzione presso l’UNSC (che è obbligato per legge a farlo) di un albo pubblico di tutti gli italiani che si dichiarano obiettori alla guerra (costo per l’UNSC: zero); su questo obiettivo chiedere la solidarietà a livello nazionale e finalizzare tutta una Campagna fino ad ottenerlo.

2) Darsi tre obiettivi tattici immediati:

a)• [resistenza] per mantenere quella finalità 1a) della legge 64/01 sul SC per cui il SC, facendo difesa alternativa, è di competenza dello Stato (più che delle Regioni); almeno una lettera a Giovanardi contro la sua riforma del SC che va contro quella finalità;;
b)• [chiudere le finalità della vecchia Campagna OSM-DPN] ottenere per gravi motivi di coscienza la opzione fiscale attraverso il 5 per mille per la voce DPN del bilancio UNSC;
c)• [prima iniziativa di DPN operativa] lettera e pressione su Giovanardi per ottenere un percorso di attuazione di quella Dcnanvn che è prescritta dalle leggi italiane: finanziare corsi universitari a contratto su DPN e CCP (500-1000 euro l’uno); nominare consulenti dell’UNSC sulla DPN (solo in subordine, accettare il rinnovo del Comitato Dcnanv e sulle nomine nuove dobbiamo avere voce in capitolo), una prima iniziativa operativa.


Intervento all’Assemblea IPRI-Rete CCP – Torino, 18-19 aprile 2009