La pedagogia della lumaca – Recensione di Cristiana Vaglio

La pedagogia della lumaca. Recensione di Cristiana Vaglio, insegnante elementare, Torino
a cura di Cinzia Picchioni

Non c’è solo la «saggezza della lumaca» secondo Serge Latouche, c’è anche la «pedagogia della lumaca» secondo Gianfranco Zavalloni, un libro rivolto agli/alle insegnanti «Per una scuola lenta e nonviolenta». Così l’ho passato ad un’amica, insegnante elementare, perché non ritenevo di essere la persona più adatta a scrivere una recensione (non vivendo «sul campo» la realtà scolastica). Ecco qua le riflessioni scaturite.

Interessante, molto. Concordo con molte idee espresse e in buona misura già mi appartengono; comunque mi induce a riflettere su quanto poi davvero le viva a scuola coni bambini – ad esempio il non mettere loro fretta, il saper leggere positivamente il loro eventuale «perdere tempo», vedendone, quando c’è, la ricchezza, come visione alternativa, come un’angolazione inusuale, come un pensiero e/o una modalità divergente. Sono capace di non dire troppo spesso «Non perdiamo tempo»?
Bella l’idea della «Bella giornata di pioggia» (p. 31): da ogni cosa della natura scaturisce emozione e poesia, e senso fisico di libertà. Un po’ come l’idea di guardare una strada seduti sul bordo (porsi fisicamente ai margini per avere un’esperienza e una visione meno stereotipata).
Sicuramente la scuola «alla Gelmini» è l’antitesi di questa proposta di avvicinamento, di creatività e di rispetto che promuove un «perdere tempo per ascoltare i bambini, per sperimentare vie circolari, …».
Ho trovato fondamentale l’idea di tante e diverse intelligenze da ascoltare, stimolare e aiutare a fiorire, ma per far questo penso che occorrano tempi più ampi per potersi permettere queste esperienze dai «tempi distesi» (mentre l’autore insiste sulla scuola di 24 ore settimanali) e contemporaneamente dare strumenti anche cognitivi di base. Bisogna tener presente che alcuni bambini hanno bisogno di aiuto per colmare lacune e svantaggi che altrimenti li penalizzerebbero e che altri ancora invece ricevono stimoli molto avanzati dal loro ambiente. Inoltre, la scuola ha nella tv e in internet grandi competitori con cui confrontarsi e la società e l’ambiente delle nostre città e famiglie non è più quello di 30-40 anni fa, quando noi andavamo a scuola solo al mattino.
Bellissima l’idea del Bonus scuola (p. 38) per quei ragazzi che – avendo abbandonato la scuola – si siano pentiti e vogliano utilizzarlo a 25 o 26 anni.
Non concordo su quella che sembra una contraddizione: da un lato promuovere l’idea di «prendere tempo/perdere tempo?» (inteso come modo migliore, se non unico per comprendere e imparare davvero, facendo vere esperienze e arricchendosi) e dall’altro sottolineare che la scuola dovrebbe occupare solo 24 ore settimanali (cioè per esempio solo le mattine). Anch’io, anni addietro, pensavo che il tempo dei bambini non dovesse essere fagocitato dalla scuola e che fosse fondamentale lasciar loro del tempo «vuoto», tempo libero dal controllo dell’adulto, tempo non organizzato, tempo per la scoperta, per la loro non guidata creatività, per la noia, magari anche per la natura… Ora però credo che i tempi siano mutati, che lo stile di vita della stragrande maggioranza delle famiglie non consentirebbe quella gestione del tempo (la tv, il computer, i videogiochi, le città, i genitori super-impegnati, la natura irraggiungibile, i coetanei irraggiungibili se non in altre realtà codificate, predisposte e controllate dagli adulti, non più campagna, non più cortili o giardinetti o strade da «scoprire» tra bambini…). In una scuola frequentata solo al mattino le alternative pomeridiane per troppi (non tutti ma troppi) bambini non sarebbero preferibili a una buona scuola che offra esperienze scelte e diversificate. A questo proposito condivido La ricerca, un metodo che ha bisogno di tempo (p. 52)… appunto!
Ho trovato ottimo «Il virtuale, la simulazione… ma il corpo e le mani dove sono?» (pp. 44-5) e  bella la citazione di p. 58, Rallentare è bello (da C. Baker, Elogio della dolcezza in J. Ramos e A. Binel (a cura di), Dissenso sul mondo, Terra Nuova, Roma 1992):
In tutte le esortazioni che l’autore fa a svolgere quelle attività che permettono di utilizzare appieno il nostro corpo (il lavoro manuale, la costruzione di oggetti, la bella scrittura, i lavori nell’orto, l’andare a piedi e/o in bicicletta…) a tratti sembra affiorare la nostalgia per la perdita di una dimensione conosciuta, travolta dal «nuovo». Ma prevale senz’altro la volontà e la rivendicazione di un’idea di umanità compiuta, integra, non disgiunta tra mente e corpo e il desiderio di recuperare quelle dimensioni che consentono esperienze sensoriali, psicologiche, profonde e anche estetiche, pienamente umane. Molto di rado oggi, infatti, i nostri ragazzi possono vivere quel «sentimento pieno della vita» (come recita la pubblicità di quell’amaro!) che l’infanzia vissuta a contatto con la natura poteva trasmettere (usare le proprie energie, correre a perdifiato nei prati, arrampicarsi sugli alberi…). Oggi troppi «schermi» si interpongono tra noi e il nostro corpo (dai mezzi di trasporto alle comodità in casa, all’avere tutto fatto e pronto …) mortificando così l’unità del nostro essere uomini, interrompendo l’insostituibile scambio tra le esperienze del corpo e la mente, e lo spirito. L’intelligenza è un’esperienza concreta.
Bello il capitolo 13 Apprendere attraverso le mani.
Sono fondamentalmente d’accordo con l’abolizione dei voti nella scuola elementare (pp. 65-6), almeno per i primi due-tre anni (poi penso che si debba gradualmente introdurre dei giudizi – a meno che non vengano aboliti i voti anche alle medie – altrimenti la scuola elementare diventerebbe un’isola felice da cui uscire sarebbe ancor più traumatico di quanto non sia ora: Sono uno di quei rari casi di insegnante che non dà voti fino alla seconda classe, poi – purtroppo – mi lascio costringere al compromesso da tutte le altre colleghe (e dai bambini stessi che, spinti dall’uso diffuso – li richiedono).
Commoventi le due Appendici Decalogo per una buona scuola (p. 144) e Il manifesto dei diritti naturali di bimbi e bimbe (p. 147) dove si legge che i/le bambini/e hanno diritto agli odori, a sporcarsi, al selvaggio, al silenzio, all’ozio. E infine interessante la Sitografia con siti dedicati al «vivere lento», ma anche al «bambolo» e agli «orti didattici».

L’autore, Gianfranco Zavalloni, ha fatto per 16 anni il maestro di scuola materna, ha steso il manifesto I diritti naturali di bimbi e bimbe e cura il sito www.scuolacreativa.it.

G. Zavalloni, La pedagogia della lumaca. Per una scuola lenta e nonviolenta,  EMI, Bologna 2008, pp. 158, € 12,00