Come funziona la relazione speciale – Jake Lynch

“Nel costruire un equilibrio di potere che favorisca la libertà, gli Stati Uniti sono guidati dalla convinzione che tutte le nazioni abbiano importanti responsabilità”. Così dice la National Security Strategy (Strategia di Sicurezza Nazionale) USA, nella versione del 2002 in questo caso, ed è solo un’ulteriore iterazione di una posizione strategica affermata da tempo: la cosiddetta dottrina del “mozzo e raggio” (hub and spoke) della politica estera americana.

I paesi vengono definiti secondo la loro relazione con gli USA, non reciproca; e sanno dove devono arrivare, per ricevere gli ordini: “Le nazioni che godono di libertà devono attivamente combattere il terrorismo. Le nazioni che dipendono dalla stabilità internazionale devono aiutare a prevenire la diffusione di armi di distruzione di massa. Le nazioni che cercano aiuto internazionale devono governarsi saggiamente, in modo che l’aiuto sia ben speso. Perché prosperi la libertà, si deve presupporre ed esigere responsabilità”.

La relazione speciale è un’espressione consueta transpartitica nella classe politica della Gran Bretagna, ma il concetto vale pure per molti altri paesi, anche se sotto altro nome. Domanda: come funziona? Come si esige la “responsabilità”? Che cosa ha indotto Tony Blair, ad esempio, a dilapidare il suo capitale politico e avvelenare la sua eredità seguendo non uno spirito ideologicamente affine come Bill Clinton ma una figura ovviamente tossica della destra, George W. Bush, nel limbo extragiudiziale di Guantanamo Bay e nell’invasione illegale dell’Iraq?

The Ghost [Lo spettro], il più recente giallo politico dell’ex-giornalista Robert Harris, segue uno scrittore arruolato per assistere nella stesura delle memorie di un primo ministro britannico di recente pensionamento, Adam Lang – una versione appena dissimulata di Blair – minacciato da accuse di crimini di guerra. Non svelerò la trama, specialmente dato che Roman Polanski ne sta ora dirigendo il film: basti dire, per quanto ci prefiggiamo in questo momento, che il narratore comincia a legare i fili di una cospirazione quando qualcuno gli chiede se riesce a pensare a qualcosa, anche di modesto, fatto da Lang/Blair nel suo mandato che sia stato anche solo di lieve imbarazzo per gli USA.

Alcuni legami nascosti fra Londra e Washington sono stati esposti recentemente con una sentenza straordinaria in un tribunale britannico per un caso addotto da un residente britannico, Binyam Mohamed, rapito e tenuto senza comunicazioni di sorta all’esterno in Pakistan nel 2002 prima di essere segretamente trasferito in Marocco per essere torturato. Fu poi portato in Afghanistan prima di essere deportato a Guantanamo Bay. Mohamed denuncia che il servizio di sicurezza britannico, MI5, ne era a conoscenza, ma le prove addotte, contenute in documenti consegnati al ministro degli esteri britannico, David Miliband, furono mantenute indisponibili, decisione contestata dai legali di Mohamed.

L’ordinanza del giudice lord Thomas e del giudice Lloyd Jones, che le prove non dovessero essere prodotte a porte aperte fu emessa dopo esplicite minacce che altrimenti gli USA avrebbero smesso di condividere la loro attività spionistica con la Gran Bretagna e una dichiarazione di Miliband che ciò avrebbe danneggiato la sicurezza del paese.

La notizia è stata pubblicata perché l’ordinanza della corte e una forte dichiarazione parlamentare fatta da un eminente esponente del partito Conservatore all’opposizione, David Davis, sono servite a sottolineare che questi aspetti della relazione sono ora motivo di “discordia d’élite”. Il ricercatore dei media americano Daniel Hallin – in The Uncensored War (La guerra incensurata), il suo studio classico di reportage sul Vietnam e della sua influenza sull’opinione pubblica – identificava ciò come la chiave di quando il sentimento anti-bellico travalica il confine fra il ‘deviante’ e il ‘legittimamente controverso’.

Menwith Hill

In un mio tentativo di portare tale dissenso nell’ambito delle notizie, riferii una volta per Sky TV sull’opposizione in Gran Bretagna alla base spionistica di Menwith Hill vicino Harrogate nel Nord Yorkshire. Ufficialmente parte della Royal Air Force, Menwith Hill è, in pratica, una fetta di territorio USA, affittatagli in permanenza nel 1954. Si presume che sia la maggiore stazione d’ascolto sulla Terra e un componente chiave del sistema di monitoraggio globale Echelon.

Una relazione per il Parlamento Europeo, il cui rilascio fu l’appiglio per il mio articolo, descriveva come Echelon fosse stato impiantato dalla National Security Agency (NSA) USA per intercettare conversazioni telefoniche e scambi di e.mail – ogni comunicazone elettronica, in effetti – e filtrarle secondo certe parole ed espressioni chiave. Ora, se qualcuno dice al telefono “allora, come va il nostro complotto per uccidere il presidente?” e questo genera un allarme da qualche parte, potreste pensare che sia ‘piuttosto ragionevole’.

Ma la relazione al Parlamento Europeo scoprì che Echelon veniva anche usato per spiare le aziende commerciali rivali di aziende USA con interessi nella difesa. Quando il governo brasiliano commissionò un sistema radar di avvertimento precoce per individuare incendi incipienti nel vastissimo bacino amazzonico, l’azienda francese Thomson era la favorita nella gara per il contratto multimilionario (in dollari). Ma la sua rivale USA Raytheon risalì le posizioni fino a vincere, a quanto pare usando informazioni riservate da parte di Echelon.

L’autorevole analista John Pike, di globalsecurity.org, mi disse, in un’intervista per il mio programma, che la potenza e sofisticazione della rete spionistica globale USA la rendevano sua risorsa strategica primaria, superiore perfino all’impareggiabile arsenale militare del Pentagono, per il mantenimento del dominio globale.

Per non nutrire ancora dubbi sull’effettiva agenda, si consulti nuovamente il documento di National Security Strategy in cui si dice: “Le nostre forze saranno abbastanza forti da dissuadere potenziali avversari dal perseguire una crescita del loro apparato militare che possa essere uguale o superiore al potere degli Stati Uniti”. Questa frase riecheggia un documento ben precedente, Defense Planning Guidance (Guida alla programmazione di difesa), redatto nel 1992, per l’allora ministro della Difesa Dick Cheney, da una squadra guidata da Paul Wolfowitz di cui facevano parte Zalmay Khalilzad e Lewis Libbey; che ovviamente continuarono tutti e quattro, fino a diventare personaggi chiave nel governo Bush.

Vi si diceva che gli USA avevano conseguito vittorie strategiche sia nella guerra fredda sia nella campagna dell’anno prima per scacciare le truppe di Saddam Hussein dal Kuwait, ma un terzo trionfo, meno strombazzato, era d’importanza anche maggiore: il periodo post-bellico aveva recato successi nel relegare potenziali rivali in un sistema di sicurezza a guida USA, cioè gli avversari sconfitti nel 1945, Giappone e Germania. Il compito era ora, vi si diceva, di escogitare modi per prolungare tale situazione, impedendo l’emergere di egemoni alternativi nelle tre aree chiave del pianeta – Europa, Asia orientale e Medio Oriente.

Senza l’effetto ovviamente disciplinante di un’entità nemica oltre la Cortina di Ferro, c’era ora la necessità di un’altra narrativa per tenere insieme gli amici degli USA, tanto più in quanto la caduta del comunismo aveva recato discorsi pericolosi sui “dividendi di pace”. C’era ora una piena crisi di legittimità militare – la prima dalla metà degli anni 1970, allora indotta dalla sconfitta in Vietnam – che rischiava di rendere superfluo il vantaggio comparativo USA faticosamente messo assieme nella potenza delle armi.

L’Operazione Desert Storm offrì l’occasione giusta, mediante il Nuovo Ordine Mondiale, in cui si presumeva che il Pentagono fosse il braccio armato della  comunità internazionale. Come dice il politologo Alex Callinicos, “la Guerra del Golfo fornì l’occasione per rammentare a Germania e Giappone che la sicurezza delle proprie forniture di petrolio dipendeva in ultima analisi dall’armamento USA.”

L’effetto, sui calcoli e le reazioni dei protagonisti di conflitti nel mondo, fu profondamente destabilizzante. Per limitarci a un solo esempio, il capo di Stato maggiore dell’esercito indiano, generale K. Sundarji, disse a un intervistatore: “La lezione di Desert Storm è: non fare i furbi con gli USA senza armi nucleari”. E infatti, il programma missilistico nucleare del suo paese, latente da quasi 20 anni, fu prontamente ravvivato, finché l’India acquistò proprie capacità militari nucleari nel 1998.

Poiché l’India le aveva, anche il Pakistan doveva acquisirle; si suppone che lo scienziato canaglia pakistano Abdul Qadeer Khan abbia fornito componenti all’Iran, presunto rivale egemone nel Medio Oriente; la ‘minaccia’ iraniana viene invocata per giustificare l’azione israeliana contro le sue presunte forze armate ‘prestanome’ Hezbollah e Hamas, e così il ciclo continua.

Propaganda e nonviolenza

Individuare questi nessi ora è, se non scontato, ampiamente allineato alle deduzioni fatte da molti sulla base degli avvenimenti degli ultimi anni, su come funziona il mondo. Questi ‘schemi di pensiero’ fra i comuni osservatori sono stati rafforzati da ‘schemi mediatici’. La NSA agiva un tempo così segretamente che anche le persone inserite nel giro di Washington vi si riferivano come alla “No Such Agency” (Nessuna Agenzia del Genere), ma sono adesso dieci anni dacché si sono visti Will Smith e Gene Hackman inseguiti da agenti NSA in Enemy of the State, un rifacimento del film di Coppola del 1974, The Conversation. Che attualmente si proietta di routine su piccoli e grandi schermi.

Il rapido e notevole squagliarsi della propaganda sull’invasione in Iraq, in particolare la notevole finta sulle armi di distruzione di massa, hanno forse portato a un’altra crisi di legittimità militare. Quando siamo indotti ad analizzare la logica che sottende la National Security Strategy USA, ce ne ritraiamo – la nozione che l’Australia, per esempio, abbia ancora “responsibilità” in Afghanistan, è ora caduta in discredito. Il sondaggio annuale condotto dall’Istituto Lowy di Sydney ha scoperto che la maggioranza, 54%, degli australiani è favorevole al ritiro delle proprie truppe dal paese.

Il punto è che abbiamo raramente l’effettiva opportunità di considerare le nostre opinioni su tali tematiche, tanto meno esprimerle e praticarle. La classe politica qui è unita nell’opinione opposta, e ci sono regolarmente borbottii minacciosi  circa l’ipotesi di rafforzare il contingente australiano e spostarlo in una parte del paese a più alto rischio. In altri termini, c’è uno stacco fra l’opinione pubblica e quella politica, e ciò rappresenta un caso classico d’intervento nonché un’occasione per la nonviolenza strategica, uno dei cui fini è concentrare le menti, spostandone la compiacenza, in continue ingiustizie, dallo sfondo al proscenio.

Pine Gap, ‘stazione sorella’ di Menwith Hill nell’Australia centrale, è stata al centro di un notevole atto di nonviolenza nel dicembre 2005, quando sei membri dell’associazione Cristiani Contro Ogni Terrorismo inscenarono una protesta fuori della base. Quattro di loro successivamente vi penetrarono, e furono arrestati.

Al loro processo, si invocò per la prima volta in tribunale la Legge di Difesa dell’Australia (imprese speciali) del 1952. I quattro furono multati di 3.250 $ con la possibilità di sette anni di carcere. Il procuratore federale si appellò contro la decisione dicendo che la sentenza era “manifestamente inadeguata”, ma i quattro si contro-appellarono per farsi annullare le condanne. Dodici mesi fa, hanno ottenuto il loro proscioglimento. Alcuni giudici coinvolti nel caso hanno affermato che si era verificato un “errore giudiziario” perché non si era permesso ai quattro di sostenere davanti a una giuria che Pine Gap non era un’”installazione di difesa” per l’Australia.

Pine Gap ha giocato un ruolo chiave nel coordinare l’azione militare USA in Afghanistan e Iraq, contro i desideri dichiarati di una maggioranza del pubblico australiano. Secondo Hannah Middleton, della Coalizione australiana delle Campagne Anti-Basi: “Lo spionaggio effettuato a Pine Gap ha reso un contributo molto più sostanzioso alla Guerra al terrore USA che gli sforzi delle forze di difesa australiane. Quindi, Pine Gap rende l’Australia un complice chiave nell’attacco USA e nelle morti, distruzioni e miserie conseguenti”.

I suoi commenti giungono come risposta a un proposto irrigidimento retrospettivo della legge australiana teso a trattare ben diversamente eventuali ripetizioni del caso di Pine Gap. Il Prospetto 3 del Progetto di Legge 2008 sulla Legislazione Difensiva (Emendamenti Vari) emenda la Legge di Difesa (imprese speciali) del 1952 stabilendo che l’ “Installazione di Difesa Congiunta” a Pine Gap sia un’impresa speciale e zona proibita. Una nuova sezione dichiara che la legge è finalizzata alla “protezione di impianti, imprese e zone richieste per la difesa dell’Australia” e a “permettere all’Australia di adempiere ai propri obblighi internazionali”.
Obblighi internazionali in questo caso è un eufemismo per ordini da Washington, e la legislazione proposta mostra fino a che punto i suoi alleati siano (ancora) disposti ad arrivare nel ridurre i diritti dei propri cittadini e nel confondere la volontà dei propri tribunali per compiacere gli USA. Una sfida per tutti noi, rendere impossibili da ignorare tali atti di depredazione.

09.02.09
Traduzione italiana a cura di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis
Titolo originale:  HOW THE ‘SPECIAL RELATIONSHIP’ WORKS
http://www.transcend.org/tms/article_detail.php?article_id=781