Un Consiglio di Sicurezza economico ONU

Johan Galtung

Il mondo ha bisogno di un Consiglio di Sicurezza Economico ONU per intervenire nei confronti dei massicci crimini economici contro l’umanità. Perché? Come?

Per produrre, ci viene detto, c’è bisogno di natura (“terra”), lavoratori (“lavoro”) e capitale (aggiungendovi tecnologia e capacità gestionale). Qualunque sano sistema economico basato su questi fattori farà in modo che quantità e qualità delle risorse disponibili di natura, lavoratori e capitale siano non solo preservate ma anzi rafforzate. Il capitalismo, ce lo dice il nome, sembra privilegiare il capitale. Allora, che cosa accade?

Come il capitalismo tratti la natura lo sappiamo. Torturando animali, sprecando e dilapidando, inquinando, anche termicamente e tossicamente, preservando un po’ di natura per il turismo redditizio.

Come tratti i lavoratori, pure lo sappiamo: come manodopera “flessibile”superflua, da assumere e licenziare a piacere. Marx aveva torto. Egli credeva che ci fosse un livello minimo, verso il quale i salari si sarebbero assestati per garantire i costi essenziali di riproduzione delle famiglie della classe lavoratrice. Agli ipercapitalisti di oggi non potrebbe importarne di meno: l’automazione s’incarica di tale aspetto, e se i lavoratori si estinguono tanto meglio, visto che nascono come agitatori, probabilmente anche terroristi. Marx era troppo misericordioso.

Come il capitalismo tratti il capitale, lo sappiamo: trasportando la ricchezza verso l’alto. Ci sono molti metodi. Uno è quello di intascarsi il valore aggiunto nel processo produttivo dell’economia reale, anziché condividerlo con i lavoratori e con la natura. Un altro è rendere coloro che sono privi di capitale, produttori e/o consumatori che siano, dipendenti dal “credito” (termine connotante fiducia) con l’interesse che affluisce verso chi è più in alto nella scala sociale, e che dispone di questa risorsa. Il credito viene poi investito nell’economia reale per la produzione o per l’acquisto di beni o servizi da consumare. E una terza modalità è la compravendita di prodotti finanziari basati sui due metodi precedenti, nella pura economia finanziaria.

Alla base di tale crescente divario la gente muore. In cima si specula. Il divario s’allarga, e s’approfondisce.

O quanto meno pensavamo che fosse così. Ciò che il mondo ha ora imparato dal risveglio dato dal Titanic Lehman Brothers sprofondato il 15 settembre 2008, è che l’ipercapitalismo è capacissimo anche di maltrattare pesantemente il capitale. I “prodotti” brillano come supernovae e crollano lasciandosi dietro buchi neri nell’universo economico. Se questo fosse solo un gioco finanziario giocato da qualche inguaribile soggetto, non sarebbe tanto problematico. Ma sono invece gravissime per l’economia reale le implicazioni di un’economia finanziaria maltrattata al punto di essere in coma, morente, nutrita artificialmente con 700 miliardi di $ stampati di tutta fretta, con spin doctors (esperti di raggiri, ndt) che emettono un flusso di responsi per lo più fuorvianti a proposito di “stretta creditizia” (simili al responso: “problemi respiratori” per un paziente colpito da ictus o infarto).

Di solito, i problemi dell’economia reale –come i Big 3 (o Big Three, sono le tre principali industrie automobilistiche USA, ndt)–vengono trattati con molto più giudizio che i problemi ben maggiori di economia finanziaria responsabili della gran parte di quelli dell’economia reale. Con un’eccezione: Madoff. Sarà lui il capro espiatorio per gli altri? Perché si sceglie lui, responsabile di soli 50 miliardi di $? Perché si trattava di una frode ancora più ovvia? E per quanto riguarda la pura e semplice incompetenza, incapace anche di far funzionare il sistema alla Madoff e predecessori in varie banche del mondo per qualche tempo? Ce ne sono altri più su, ben protetti, e in tal caso, da chi?

L’uso del termine ipercapitalismo indica che ci può essere un capitalismo addomesticato, disciplinato, che lavora per il meglio degli esseri umani e della natura ovunque, che è accettabile. Pensiamo al danno che un elefante può infliggere alla natura e alle persone, pensiamo alle meravigliose capacità di sollevamento, trasporto e compagnia di un elefante fidato e ben trattato.

Chiaramente, il sistema non è capace di curarsi e si spera che passerà del tempo prima che ci venga di nuovo ammannita la “disciplina del mercato”, sistema immunitario di un organismo economico sano, la cui deficienza immunitaria è invece anche troppo ovvia. Interviene il governo, non per prendere ai ricchi per dare ai poveri, ma – nello stile “socialista” USA – per prendere ai poveri (che prima o poi dovranno patire le conseguenze di tutto quel denaro stampato) per mantenere in vita i ricchi. E nel frattempo i fondi pensione sono dimezzati o azzerati con il sostentamento in regresso ovunque, senza contare che la litania delle obbligazioni più affidabili delle azioni può dimostrarsi erronea.

L’ipercapitalismo si auto-elimina. Warren Buffet parla di “armi di distruzione finanziaria di massa”; dopo le A, B, C (atomiche, biologiche, chimiche), le A’ (ambientali. E nell’originale, per environment, ndt)) e le F (finanziarie)? Ci stiamo abituando a misure globali restrittive per le A-B-C-A’, è ormai l’ora anche per le F. Le istituzioni pseudo-ONU a Washington non sono all’altezza del compito: la dichiarazione del FMI sulle invidiabili prospettive dell’economia islandese giusto prima del suo collasso indica chiaramente la mancanza di capacità intellettuale degli economisti contemporanei.

Abbiamo bisogno di un genuino Consiglio di Sicurezza Economico ONU che trasmetta ammonimenti in tempo, senza lasciarne il compito ai manipolatori di un “libero” mercato autoregolato dalle proprie norme, né da atti d’intenzionale omissione, né da quelli su deciso mandato.

E abbiamo bisogno di un Consiglio di Sicurezza Economico che intervenga nei confronti dei mega-delitti economici contro l’umanità, non solo come il Consiglio di Sicurezza contro atti di violenza diretta, ossia di aggressione, ma contro la violenza strutturale, nonché contro la violenza diretta del mercato.

Abbiamo bisogno di un Consiglio di Sicurezza Economico capace d’intervenire sul mercato finanziario mondiale contro la speculazione inaccettabile.


EDITORIAL, 22 Dec 2008 | #41 | Johan Galtung

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis